I giocattoli di latta erano una vaga approssimazione della realtà, ma avevano una qualità impagabile, raccontavano storie.
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⇒ di Umberto Scopa ≈ Piccolo Inventario Sentimentale Degli Oggetti
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La mia ricerca di argomenti “periferici” sui quali liberare i pensieri dall’angustia dei luoghi obbligati dai tempi che corrono ha scelto in questa stagione di bradipodiario gli oggetti. Me lo sono imposto, senza nessuna ispirazione, come una forma di resistenza da opporre a quel centro di gravità permanente che sembra risucchiare tutto.
In questo nuovo capitolo ho dato ascolto ad un grappolo di pensieri sui giocattoli di latta. Così ecco un nuovo capitolo, una nuova passeggiata spero gradevole, nella periferia del presente.
La latta è una sostanza che oggi conosciamo soprattutto nelle lattine, ma un tempo questa sostanza di ferro ricoperta di stagno era il compagno di gioco dell’infanzia.
Qualcuno ricorda certamente il soldatino di stagno della fiaba di H.C. Andersen. Aveva una gamba sola perché non c’era abbastanza stagno nel cucchiaio fuso per fabbricarlo. Nella stanza dei giochi il soldatino poteva intravedere a malapena una ballerina di carta che poggiava su una gamba sola. “Quella sarebbe la donna adatta per me” pensò il soldatino nella fiaba.
I due ancora non lo sapevano, ma sarebbero diventati gli antenati dei giocattoli di oggi, benché intravedere una discendenza sia improbo.
Il soldatino di stagno era ricavato da un cucchiaio. Questi giocattoli erano riciclati, difettosi, approssimativi, ma avevano una dote impagabile: raccontavano storie; un po’ come facevano i nonni. Lo stagno e la carta (uniti indissolubilmente nel finale della fiaba) ancora non sapevano che si sarebbero fatti da parte e sarebbe venuta la plastica a invadere il campo; e poi i giochi digitali, inafferrabili nella loro incorporea sostanza, ma capacissimi loro di afferrare saldamente la nostra incorporea volontà.
Mi rallegra l’idea che prima o poi invecchieranno anche loro e faranno largo ad altri, perché questo è il destino di tutti; quali storie racconteranno non lo so certo io che possiedo ancora giocattoli di latta. Sapranno raccontarle come il soldatino di stagno e la ballerina di carta? Magari sì, ed è un limite mio pensare di no.
Quello che posso fare è cercare nella mia mente delle foto istantanee delle loro forme nel baule della memoria. Ho ricordi narrativi, storie appunto come dicevo. L’uomo di latta del romanzo “il Meraviglioso mago di Oz” è indelebile. Soffre per non avere un cuore! Alla fine avrà anche lui il suo cuore, ma dove sia quello dei giochi di oggi è diventato un falso problema. Lo è?
E poi un altro ricordo è “il tamburo di latta” dell’omonimo romanzo di Gunter Grass. Oskar Matzerath -con il suo tamburo di latta- è un bambino che disprezza il mondo degli adulti e decide di non crescere.
Ma veniamo ai giochi. Ho memorie lontane di figure ritagliate su lamine sottili di latta che avevano la forma di soldati dell’era napoleonica. La parte inferiore si piegava e diventava piedistallo. Non ci potevi giocare, o forse sì, potevi farci tutto quello che volevi, perché il maniacale bisogno di aderenza alla realtà non affliggeva la nostra idea di gioco.
Queste figure di soldati, come quella della mia foto, potevano essere distribuite con giornali o riviste, non ricordo bene. Ricordo anche quadretti di latta sottile che raffiguravano in altorilievo il corpo umano con i suoi organi. Il corpo umano appariva come fonte di meraviglia prima ancora che di malattia, perchè questa ancora non infestava i nostri pensieri in modo permanente. Su quelle figure di latta in altorilievo potevi adagiarci sopra un foglio di carta, esercitare una pressione e strofinare una matita su tutta la superficie del foglio per vedere apparire magicamente disegnata la figura. Ancora una volta la carta e la latta nel loro abbraccio regalavano emozioni.
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⇒ Foto: Umberto Scopa ≈ Prossimo Appuntamento: Venerdì 18 dicembre
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