Uno dei difensori più forti, regala una doppietta alla sua nazionale, anticipando la vittoria mondiale.
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⇒ di Joshua Evangelista ≈ Marcatura A Uomo
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Fermo a terra, a riprendere fiato, con la mano sul volto a formare un punto interrogativo, quasi a dire: ma sono stato io davvero? Intorno a lui, i compagni lo strattonano con tutta l’energia che hanno; dietro di lui, il Saint Denis si unisce in un unico urlo liberatorio, com’era già successo una prima volta qualche decina di minuti fa, in questa sera dove tutto sembra possibile. È la sera in cui lui, uno dei difensori più forti della storia del calcio ma con pochissimi gol attivi, regala una doppietta alla sua nazionale che vuol dire anticamera per la vittoria mondiale. Ma fermiamoci su questo momento. È partito dalla difesa, nessuno lo ha fermato, allora ha pensato a una triangolazione con un compagno e si è trovato a 20 metri dalla porta, sulla destra. Potrebbe passare, come fa di solito, e invece tira a giro, di sinistro, non con il suo piede.
E quando la palla supera incredibilmente il portiere avversario Ladic anche dalla sua Guadalupa, che ha lasciato da ragazzino per trasferirsi in Europa, tutti si abbracceranno sentendosi meno soli. Il piccolo Lilian, che con i suoi fratelli e la mamma avevano abbandonato il villaggio per cercare un po’ di speranza in Francia, è cresciuto. È un campione mondiale ormai, un gigante ballerino, veloce come una saetta e scaltro come un grande predatore, capace di difendere per 90 minuti ma uscire due volte palla al piede dalle retrovie per colpire e regalare un sogno alla sua “nuova” incasinata e contraddittoria Francia. Già, perché quella del 1998 che vincerà la Coppa del mondo in casa, è sì la Francia di armeni (Djorkaeff e Boghossian), algerini (Zidane), ghanesi (Desailly), baschi (Lizarazu), argentini (Trezeguet), caledoniani (Karembeu), guyanesi (Lama), spagnoli (Pires) e per l’appunto guadalupensi (Diomede ed Henry oltre Thuram); ma è anche la Francia del Front Nationale, di Jean Marie Le Pen. Proprio Le Pen aveva definito intollerabile che una nazionale composta da giocatori “stranieri”, che non cantavano la Marsigliese, rappresentassero il Paese. Aveva risposto a tono Desailly, dicendo che le posizioni del vecchio capo fascista erano “comportamenti che mettono in pericolo la democrazia e la libertà”, “intollerabili ed indifendibili, soprattutto in una Francia multietnica e multiculturale”.
Una idea di Francia multietnica che quell’8 luglio 1998 era rappresentata da Desailly e soci ma, soprattutto, da Lilian Thuram. Alla fine le sue partite con i blues saranno 142 (un record), diventerà il loro capitano, una volta ritiratosi dal calcio si trasformerà in uno dei più grandi leader mondiali nella lotta contro il razzismo, calcando le moquette dei parlamenti più importanti al mondo così come i polverosi campi di periferia per ammonire contro la discriminazione e promuovere una società più inclusiva. Racconterà di come la sua Francia multietnica lo ha forgiato con la fratellanza e l’amicizia per poter rispondere al razzismo diffuso, di come il suo carattere è nato giocando a calcio nella banlieu con i figli dei muratori senegalesi e zairesi, dei maghrebini, degli italiani e dei portoghesi.
Racconterà anche di quella volta che a Parigi conobbe la libreria Presence Africaine, che cambiò per sempre la sua vita facendogli conoscere la storia del colonialismo e dello schiavismo grazie ai grandi libri di Frantz Fanon e il Discorso sulla Negritudine di Aimé Cesaire. Tutto questo è stato ed è Thuram. Ma è stato anche quei due, unici, gol nella sua carriera in nazionale, contro la bellissima Croazia che usciva dalla guerra e che anche avrebbe meritato la finale (ma questa è un’altra storia). Due gol, uno più bello dell’altro, per far sognare i tanti popoli intersecati da quella nazionale e per dare un calcio allegorico ai razzisti, francesi e non. E’ se volete rivedere le immagini di quella sera qui il video della doppietta di Thuram.
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⇒ Foto: tuttocalcio360.altervista.org ≈ Prossimo Appuntamento: Giovedì 5 novembre
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