di Giuseppe Rissone Umberto Scopa
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La magia del cinema, anche quando quello che vedi è brutto, ti permette di sognare.
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Candido, il protagonista delle storie che ho iniziato a narrarvi nelle scorse settimane, ha da poco compiuto quarant’anni, occhiali da vecchio intellettuale, che non è, naso pronunciato, porta una capigliatura biondo slavato con una appariscente riga che separa nettamente la chioma in parti simmetriche, un paio di baffetti e pizzetto anch’essi biondo slavati, completano il suo viso. Non si separa mai – in nessuna delle stagioni – da un camiciotto a quadretti bianco e celesti, a cui a volte accompagna una cravatta color granata, corta e stropicciata. Nessun amico che si possa chiamare con questo sostantivo, qualche conoscente che spesso approfitta della sua ingenuità e indifferenza per qualsiasi aspetto di profitto. Perennemente senza soldi, di cui non si fa nessun problema, vive in un minuscolo appartamento composto da una cucina e una camera da letto, e un bagno collocato su un ballatoio, in quartiere periferico di una grande città, così periferico da non avere nemmeno un nome, viene indicato come il “posto”. Nulla nella vita di Candido è stabile, prevale la precarietà. Ogni settimana è un’incognita, Candido vive strane avventure, senza mai esternare un velo di rabbia o delusione, solo un po’ di malinconia e tanta ironia. Poi arriva la domenica, giornata in cui Candido può riposare – gli piace molto dormire – e riflettere sulla sua situazione. Tutta la settimana è in funzione della domenica, giornata attesa, sospirata, antidoto a tutti i mali, foriera di libertà, di cui Candido non ci racconta nulla, quello che vuole che sappiamo della sua vita, riguarda solo quello che gli accade e che in qualche modo crea, dal lunedì al sabato. E poi venne domenica…
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Ho pensato più volte di diventare una stella del cinema, un giorno ho chiesto consiglio a mio nonno Cosimo: “Nonno, voglio lavorare nel cinema, che ne pensi?” Ah bene, mi sembra un ottima idea. Quando sei pronto vieni a casa, abbiamo un videoregistratore che non funziona.” Ho rinunciato subito, ho capito che la mia arte non sarebbe stata compresa dalla maggioranza della popolazione.
Oggi ho proprio voglia di sedermi in una comoda poltrona di un cinema, per gustarmi un film, sono indeciso se vedere l’ultimo capolavoro di Pieraccioni – forse un tantino impegnativo – oppure andare al cine club sotto casa che propone una retrospettiva nell’arco di tutta la giornata dei film di Adriano Celentano – il livello si abbassa leggermente ma non troppo – come ultima scelta potrei andare al Cinema Pornotte – non fatevi ingannare – il nome si riferisce al fatto che la sala rimane aperta anche di notte, dove oggi è proposta una serie di film brutti, o almeno giudicati tali.
La locandina è accattivante… I film in programma faranno sembrare in confronto W la Foca un capolavoro surrealista girato da Buñuel. Eleveranno a Premi Oscar figure del panorama nostrano spesso bistrattate quali Mario Merola, Gabriel Garko e Alvaro Vitali. Non scherziamo quando vi diciamo che quelli che andrete a vedere sono i 20 titoli più brutti di tutti i tempi. Certo, è difficile scegliere solo due decine di pellicole scartabellando qua e là fra oltre cento anni di produzioni. Ma quelli scelti sono davvero film terrificanti. Costituiscono l’apoteosi del trash, il nonplusultra della boiata, opere che giustificano un liberatorio “cagata pazzesca!” da parte vostra.
Il messaggio mi ha convinto, oggi è in programma L’invasione degli ultratopi, pellicola diretta dall’americano Andy Milligan, giustamente definito uno dei peggiori registi di sempre, è la soporifera e dialogatissima vicenda in costume di una famiglia inglese del XIX secolo alle prese con la licantropia che ne affligge diversi componenti. Tra ritmi da soap opera e una fotografia decisamente pessima, ciò che incuriosisce è la scelta di aver inserito qualche minuto riguardante un allevatore di ratti in seguito al successo riscosso da Willard e i topi di Daniel Mann, con conseguente cambiamento del titolo originale da The curse of the full moon al delirante The rats are coming! The werewolves are here! Quando cambiare mestiere è l’unica scelta sensata…
La sala che contiene oltre duecento posti, è praticamente vuota, non più di dieci testoline sono sedute davanti a me, e meno di cinque dietro. E’ triste pensare che solo una quindicina di persone si sia sentita attratta da tale bruttezza, una bruttezza dichiarata e non nascosta, quando poi altre bruttezze attraggono davanti al grande schermo migliaia di persone festanti, con barattoli colmi di popcorn e bicchieroni di una bevanda color marrone. Un’utilità è contenuta in queste due meraviglie alimentari, quella che permettono a – distinti impiegati di banca, a donne in carriera, a signore con la pelliccia con sotto un paio di jeans per dare un’idea non troppo pomposa, a signori con collana d’oro in evidenza, meglio se un crocefisso per far capire che si amano i valori cristiani, a bambini obesi con lo sguardo di chi non ha ancora capito cosa vuol dire alimentarsi ma aprono solo la bocca – di emettere sonori rutti che coprono le battute degli attori sullo schermo.
Un film dichiaratamente brutto può diventare interessante, un film orrendo rimane orrendo nonostante dosi elefantiache di vaselina che in troppi accettano di assumere senza battere ciglio, contenti loro!
Le prime scene del L’invasione degli ultratopi si palesano davanti ai miei occhi, dopo pochi minuti, sento il sibilo del russare pervenire alle mie spalle, come birilli anche chi mi siede davanti inclinano la testa, io resisto per circa venti minuti, poi gli occhi si chiudono, e sogno Stanlio e Olio, Charlie Chaplin, Gian Maria Volontè, Michelle Pfeiffer… e altri ancora, questa è la magia del cinema, anche quando quello che ti si para davanti è brutto ti permette di sognare. E poi venne domenica…
E Poi Venne Domenica ritorna sabato 13 novembre
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