____
George Clooney, il Cristo della moneta di Tiziano, un anonimo funzionario ferrarese nel comando della Wermacht, un manipolo di soldati russi tra le macerie di una Dresda bombardata, e un libro che in Italia è stato dichiarato “non ricevibile, tutto in questo articolo…
____________________________________________________________________________
___
In questo articolo si agitano insieme George Clooney, il Cristo della moneta di Tiziano, un anonimo funzionario ferrarese nel comando della Wermacht, un manipolo di soldati russi tra le macerie di una Dresda bombardata, e un libro che in Italia è stato dichiarato “non ricevibile”. Se ci sia davvero un filo che li può legare è quello che vi invito ad esplorare in questa mia ricostruzione, che un po’ di pazienza, spero ben ripagata, richiede.
Se volete fare un viaggio nel tempo evitate di andare a Dresda il 13 febbraio 1945. Il cielo di Dresda quel giorno all’inizio è come tutti gli altri, ma all’improvviso si oscura e scarica una quantità di bombe che non ha eguali nella storia. Dresda è rasa al suolo dall’aviazione americana e i civili morti in quel bombardamento – qui forse stupirete – superano il numero di quelli di Hiroshima. Dresda possedeva anche un immenso patrimonio monumentale e artistico, ma non era il giorno più indicato per andarlo a visitare. Meglio andarci oggi. Già, lo possiede ancora oggi. Ma come ha fatto a salvarsi se la città è stata incenerita sotto una pioggia di fuoco come Sodoma e Gomorra?
Sui canali Rai ritorna più volte un film diretto e interpretato da George Clooney: “Monuments men”. Clooney è vestito da soldato, ma non è proprio un soldato. È in mezzo alle macerie dell’Europa occidentale nella seconda guerra mondiale. Il sorriso bonario e determinato di George ci rassicurano: “andrà tutto bene”. Con lui c’è un cast di attori da serata di gala alla notte degli oscar. L’azione attraversa le macerie di un Europa devastata dalle bombe. Ma la loro missione è nobile, nulla a che fare con le ciniche, logiche militari. Devono salvare le opere d’arte dell’Europa occidentale, salvarle dai predatori tedeschi in ritirata. I tedeschi vengono beffati dall’ingegno di questi pochi uomini in divisa che non uccidono come fanno i soldati in guerra, ma agiscono mossi da una causa moralmente ineccepibile. I russi intanto stanno schiantando i tedeschi dall’altro lato della morsa. Combattono dalla parte degli americani, ma i salvatori di opere d’arte non si fidano certo di loro. I russi sono alleati, ma non troppo. Occorre recuperare le opere e sottrarle alle loro grinfie. E i russi alla fine arrivano in ritardo rimanendo con un pugno di mosche.
Lo stesso anno 1945 è passato anche nella mia città, Ferrara. La guerra l’ha duramente provata, ma le piccole città, tra tante città martoriate, non sono ricordate nei libri di scuola. Pochi giorni prima della liberazione c’è una piccola missione salvatrice anche nella mia città. Non ne parlano neppure i testi di storia locale, ma solo sepolti documenti d’archivio. Eppure c’è. Il protagonista non è George Clooney, è un funzionario della cultura mio concittadino il cui nome non vi dirà nulla. Tutti sono in attesa degli americani liberatori, le sorti della guerra sono scritte. Ma Ferrara e Bologna sono ancora divise dal fronte, non si passa. A Bologna gli alleati, a Ferrara i tedeschi che stanno facendo le valigie, e in mezzo c’è il fronte. La Soprintendenza di Bologna riesce a recapitare una lettera a Ferrara a questo funzionario. La lettera l’ho vista in originale con i miei occhi. A questo funzionario ferrarese la soprintendenza chiede un compito enorme, difficile e rischioso. Trattare con il comando tedesco e operare affinché la ritirata tedesca avvenga senza ingiurie inutili per l’immenso patrimonio artistico cittadino. E i tedeschi non sono di buon umore. Storia intrigante. Ne parlo a studiosi di storia locale e scopro che non la conoscono. La cosa si fa ancora più intrigante. La riprenderò dopo, tutto a suo tempo.
Voi sapete che le opere d’arte sembrano ferme e invece no, camminano. Eccome se camminano. A volte è interessante seguirle. Frugando distrattamente fra libri d’arte mi aveva incuriosito il cammino di un complesso di dipinti della mia città. Il cammino era iniziato negli ultimi anni del sedicesimo secolo. Parlo di dipinti importantissimi che gli estensi, fuggiaschi, detronizzati, si portano con loro a Modena. Poi nel diciottesimo secolo a Modena gli estensi li vendono agli elettori di Sassonia. E tra questi c’è anche un Tiziano, “Il Cristo della moneta”, originario della mia città. Centomila fiorini d’oro è il prezzo per un lotto intero di cento capolavori. Nel 1746 queste opere arrivano a Dresda. Nel dipinto Cristo sta esaminando una moneta. Forse sta anche pensando, dentro quel dipinto, mentre stringe la moneta, di essere stato svenduto. E infatti gli acquirenti teutonici devono aver riso sotto i loro baffoni regali, sapendo di aver pagato per cento capolavori un prezzo inferiore al costo dell’abito usato nella loro famiglia per una cerimonia d’incoronazione! Dunque, ricapitolando, avevo seguito con la mia attenzione il cammino di queste opere che, partite da Ferrara alla fine del sedicesimo secolo, arrivano nel 1746 a Dresda. Qui si riposano per un bel po’, ma in buona compagnia, perché i regali acquirenti di Sassonia sono appassionati e indomabili collezionisti. Avevano accumulato un patrimonio d’arte immenso. Poi … passano i secoli … arriviamo a Hitler che decide di rimetterle ancora in movimento. Costruisce dei bunker segreti dove l’immenso patrimonio artistico di Dresda verrà nascosto per essere protetto dalle bombe. Poi arrivano davvero le bombe, il cielo si oscura, siamo giunti al 13 febbraio 1945. Due giorni e Dresda non c’è più, è un’unica maceria. Che destino sarà toccato a quelle opere? In che modo il Cristo della moneta è riuscito a salvarsi? Perché sappiamo che si è salvato e lo possiamo vedere ancora oggi a Dresda, tra tante nostre opere.
Il funzionario mio concittadino che dicevo prima, quello del tempo della guerra, tratta davvero con i tedeschi per salvare le nostre opere. A lavoro finito deve relazionare sull’esito della sua missione. I tedeschi se ne sono andati, lui ha ispezionato tutto, non hanno toccato nulla, nessun danno. Non sono diventati buoni i tedeschi, per carità, forse noi siamo stati fortunati, forse erano depressi e cercavano solo di tornare a casa, magari neanche pensavano a quelle opere che non avrebbero neppure saputo come portarsi dietro. Non sembrano i tedeschi che George Clooney deve affrontare nel film che vedremo un giorno sì e uno no in televisione. Il Clooney mio concittadino, funzionario solitario meno appariscente e meno avvenente di George, cerca anche lui di salvare opere d’arte. C’è una trattativa? Cosa si dicono non si sa, ma alla fine, almeno questa ritirata del nemico, è indolore, e senza danni. Dunque la missione ha avuto l’esito sperato. Ora però deve relazionare ai committenti del buon esito della sua impresa. Ma come fare se tutto intorno è ridotto a macerie e i danni sono ovunque? Come possono credergli? C’è un solo modo per farsi credere. Relazionare in modo dettagliato su chi ha provocato quei danni. È meticoloso come un monaco certosino e documenta tutti i danni di guerra della mia e sua città … sono tutti danni dei bombardamenti americani. Non è difficile l’accertamento. Sono bombe cadute dal cielo che gridano ovunque la loro paternità e non provocati dalla ritirata via terra del nemico. E ovviamente lo scrive. Non si tratta di sovvertire giudizi sulle colpe della guerra, si tratta della verità che occorre salvaguardare. Doveva proteggere le opere dalla furia tedesca, ma contro le bombe americane che piovevano dal cielo non poteva nulla. Ho esaminato con i miei occhi l’originale di questo documento d’archivio che il funzionario redige.
Però come dicevo, ci sono opere ferraresi anche a Dresda. Lì non arriva George Cloneey con i suoi soldati al seguito a salvarli, non ci arriva certo il funzionario della mia città, come potrebbe? Ma chi le ha salvate allora?
Frugando qua e là sul web viene fuori, non so come, il titolo di un volume: “Seven days”, sette giorni. Mi soffermo un po’ sulle scarne notizie del suo contenuto e trovo un’altra storia, che scopro anche questa essere dalle nostre parti del tutto sconosciuta. Un manipolo di soldati sovietici arriva Dresda dopo il bombardamento americano. Ha il compito di rintracciare gli edifici bunker dove Hitler aveva rifugiato un po’ qua e un po’ là, l’immenso patrimonio artistico di Dresda. Mi si accende una lampadina: lì c’è anche il nostro “Cristo della moneta” e tutte le altre opere ferraresi espatriate! Vogliono salvare tutto quello che possono da distruzione certa. Quando sono in macerie gli edifici – magari non ci si pensa – sono tutti uguali, trovarne uno in particolare è un’impresa e si rischia la vita. In sette giorni recuperano e mettono in salvo un’enorme quantità di opere. Le salvano dai predatori, dalle macerie, dalle ingiurie degli agenti atmosferici, da morte certa per farle arrivare fino a noi. Qui non c’è George Clooney, lui è dall’altra parte. Questi sono sovietici. Un manipolo di soldati sovietici che sembra incarnare una storia speculare a quella del film di Clooney. Ma non lo vedremo nelle nostre televisioni, questo è certo. A Dresda gli americani sono quelli che le opere le hanno seppellite e i sovietici sono quelli che si prodigano per salvarle dopo il bombardamento. Non faranno un film su questa storia.
I Clooney sovietici riescono a recuperare un ingente quantitativo di opere d’arte. Queste verranno portate in Russia e restituite dopo la guerra senza alcun prezzo alla Germania. Trovo una stringata notizia che nei luoghi dove furono ricollocate le opere recuperate dai russi fu messa inizialmente una targhetta in omaggio alla memoria di questi ritrovatori. Pochi anni e la targhetta è rimossa e mai più rimessa. Tutto cancellato. Così va il mondo. Sono tornate al loro posto da sole. Vi dicevo che le opere camminano, no?.
Anche la storia che George Clooney racconta nel suo film è vera, pare che davvero un manipolo di soldati americani abbiano cercato di salvare opere d’arte nell’Europa occidentale. È un film, è arricchito di enfasi ed eroismi, appunto perché è un film, ma ha una base di verità. Aggiungo anche che è un film onesto. È onesto perché in apertura dichiara di raccontare una storia che non vuole far dimenticare le immense distruzioni provocate dai bombardamenti americani su tutti i territori da liberare. Ogni città italiana conosce i danni dei bombardamenti subiti dagli alleati. Il film di Clooney però ci racconta che c’è stata anche una piccola storia di segno opposto. E nessuno la mette in discussione.
Quanto ai russi che si sono cimentati nella stessa impresa come si spiega che non sia conosciuta? Si potrebbe dire, c’è il libro che racconta questa avventura! “Seven days”, “sette giorni”, come la creazione! Basta procurarsi il libro e la scopriremo. Facile a dirsi.
L’Opac è un programma che permette di indagare le banche dati di tutte le biblioteche d’Italia. Rimango stupito, esterrefatto. Il libro non esiste in Italia. Nessuno lo ha mai tradotto in italiano e non esiste neppure in lingua originale in nessuna biblioteca italiana. Mi sembra incredibile. Si parla di un ingente numero di famosissime opere d’arte italiane, molte della mia città. del loro destino, la loro storia. Non frega davvero niente a nessuno come sono state salvate? Solo perché non poteva arrivarci George Clooney a salvarle? Chiedo aiuto ad una persona amica, esperta nel trattare con biblioteche straniere, capace di arrivare laddove io non saprei arrivare e mi procura da un’Università americana il pdf di “Seven days” in inglese. Piano piano me lo tradurrò da solo nel tempo libero. Ho appena iniziato e il lavoro, se arriverò mai alla fine, sarà lungo. Non è mia intenzione pubblicare una traduzione del libro che, fatta da me, non so quanto sia attendibile, voglio solo conoscere questa storia fino in fondo. Ci metterò certo più di quei sette giorni che i russi impiegarono per salvare quello che oggi Dresda può esibire ai turisti di tutto il mondo. Ma mi porto con me l’amarezza di considerare anche quanti altri casi ignorati come questo possano esistere, quanta ignoranza colpevole ci sia nascosta tra le certezze storiche di cui ci nutriamo.
__
A questo link potete ascoltare la versione audio dell’articolo
__
Disegno: Umberto Scopa
___
Bradipo Reporter ritorna giovedì 15 dicembre
___
Ciao Umberto, complimenti per il bell’articolo!
Concordo con te che purtroppo la lettura degli avvenimenti storici (e contemporanei) cui abbiamo più facile accesso è unilaterale… la conoscenza delle lingue straniere ed internet possono venirci in aiuto ma non sempre bastano.
Il tema specifico delle opere d’arte nei teatri di guerra è poi molto interessante: durante la seconda guerra mondiale Tedeschi e Russi furono molto attenti a questi tesori, su tutte cito le storie della Camera d’Ambra di Tsarskoye Selo (dintorni di S. Pietroburgo) e le opere del Museo Savitsky di Nukus (odierno Uzbekistan).
Non sono certo che le vittime del bombardamento di Dresda furono superiori a quelle di Hiroshima, peraltro il bombardamento della città tedesca è a volte paragonato con quello mai avvenuto in un’altra città giapponese, Kanazawa, in Giappone: c’è chi ritiene che questa città sia stata “graziata” dagli Americani per il suo valore artistico, anche se più probabilmente venne risparmiata dalle bombe per ragioni strategiche.
Nel ringraziare per il commento approfitto per fare una precisazione sui suoi dubbi, a mio parere legittimi, riguardo al raffronto tra il numero dei morti civili di Dresda e quelli di Hiroshima (anche se la questione non è determinante nel senso generale del mio discorso). Per abbreviare il mio articolo già troppo lungo non avevo detto di aver tratto l’informazione dallo scrittore Kurt Vonnegut che era prigioniero dei tedeschi in un mattatoio di Dresda mentre il bombardamento ebbe luogo. Tuttavia Vonnegut conta i morti di Hiroshima nell’immediatezza dell’esplosione, ma sappiano che si continuò a morire a Hiroshima per anni a causa delle radiazioni e questi non sono computati nel discorso dello scrittore. Quindi un raffronto corretto delle conseguenze dei due bombardamenti dovrebbe tenere conto di questi dati, ma non è forse molto utile, almeno non quanto considerare che entrambi si contendono un primato di orrore che possiamo assegnare in condominio senza fare un torto a nessuno. Grazie anche delle ulteriori informazioni portate dal suo commento.