di Andrea Musso
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Primo artista accademico che rivoluziona la tecnica dello strumento
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La singolare figura di Pietro Eugenio Luigi Hugues (Casale Monferrato 1836 – ivi 1913) rischia di cadere nell’oblio pur avendo contribuito ad istituire una vera e propria scuola del flauto quando ancora non esistevano programmi ufficiali che definissero il percorso didattico nei conservatori e negli istituti musicali. È significativo il fatto che ci troviamo di fronte ad una personalità poliedrica, in quanto l’artista piemontese svolge parallelamente per tutta la sua vita il ruolo di ingegnere e matematico, professore di geografia prima negli istituti tecnici ed in seguito all’Università di Torino, sua città di adozione pur soggiornando sempre a lungo nel luogo di origine. Il flauto rappresenta il suo strumento di elezione al quale consacra tutte le sue energie creative. Dopo una prima fase che lo vede attivo sulla scena concertistica sia con l’amato fratello Felice, anch’egli flautista sia pure in trio con noto Costantino Nigra, si dedica alacremente alla composizione ed alla diffusione della nuova didattica del flauto traverso che va direttamente a confluire nel programma ministeriale introdotto nei conservatori italiani.
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Il catalogo delle sue creazioni artistiche è assai copioso e la sua energia creativa si orienta perlopiù verso la realizzazione di sonate, fantasie, parafrasi e trascrizioni da opere liriche. I modelli di riferimento sono soprattutto Wagner, Verdi ed il grande opera francese di Meyerbeer. Attraverso le sue pagine in cui il flauto dialoga con il pianoforte ripercorriamo da un lato la tradizione operistica dell’Ottocento in piena linea con le trasformazioni del gusto della società borghese, dall’altro le forme di maggiore diffusione nella grande stagione romantica quali la sonata, la fantasia ed il notturno. La propensione maggiore per la musica strumentale non gli ha impedito di deviare la sua creatività anche al di là dei confini della musica da camera; infatti ha realizzato una cospicua quantità di composizioni di genere sacro quali messe, mottetti ed oratori. Si tratta del lato meno noto della sua produzione, in quanto ancora poco studiato e quindi raramente proposto nelle rassegne musicali. Pare non abbia invece scritto brani per voce e pianoforte in quanto non ne avvertiva probabilmente la necessità considerando il fatto che al suo tempo le romanze di Francesco Paolo Tosti costituiscono la colonna sonora dei salotti borghesi e rappresentano un modello ineguagliabile. Occorre poi soffermarci sul fatto che il flauto è universalmente considerato lo strumento più vicino alla voce umana. Il merito del nostro Hugues risiede soprattutto nella capacità di trasferire al nuovo modello di flauto francese in metallo e dotato di chiavi e tamponi tutte le qualità più nobili della voce, compresa l’agilità.
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Ipotizzando l’epoca in cui vive non possiamo che definire il nostro personaggio una persona di successo essendo il primo musicista accademico che riesce a conciliare mirabilmente la grande passione per la musica con l’impegno didattico istituzionale. Possiamo certamente asserire che assume notevole risonanza il suo metodo intitolato “La scuola del flauto” Op.51, un importante supporto alla didattica moderna articolato in un ampio ciclo di studi graduati in cui protagonisti sono spesso maestro ed allievo. Molti esercizi definiti “duetti” prevedono infatti una pratica di studio in cui a lezione l’allievo viene proiettato nella forma mentis dell’esecuzione dialogando strumentalmente con il proprio docente. Un modello di didattica inclusiva che sembra precorrere i tempi. Ancora oggi il metodo da lui introdotto costituisce una pietra miliare per l’insegnamento del flauto traverso in conservatorio. Lo strumento nella seconda metà dell’Ottocento vive una vera svolta epocale superando i limiti del traversiere in legno che non può acquisire pieno diritto di cittadinanza all’interno dell’orchestra romantica che vede una espansione dell’organico.
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Con grande rammarico possiamo dichiarare che il poliedrico Hugues meriterebbe una maggiore attenzione sulla scena musicale, tuttavia occorre prendere atto delle probabili ragioni che hanno deposto a sfavore della sua popolarità. In primo luogo, il suo carattere introverso e la scarsa propensione a viaggiare non ne hanno sostenuto adeguatamente l’immagine. In un’epoca in cui non esistono ancora forme di ascolto alternative all’esecuzione dal vivo è quanto mai opportuno esporsi costantemente ad un pubblico diverso. Le sue composizioni assurgono comunque alla dignità della stampa prima attraverso le pubblicazioni dell’editore Lucca ed in seguito sono rilanciate dalla più famosa casa editrice milanese Ricordi che aveva curato la diffusione delle opere di Verdi e sosteneva la produzione pucciniana. Sicuramente si tratta di passaggi significativi, ma la sua notorietà resta ancora oggi quasi esclusivamente legata alla scuola del flauto ed agli addetti ai lavori. Purtroppo, non tutti i musicisti di formazione accademica ne conoscono adeguatamente il valore ed il grande pubblico sembra considerarlo un carneade, per chiamare in causa un termine di manzoniana memoria.
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Pensando ad alcune proposte di ascolto per cogliere la dimensione artistica del compositore in ambito cameristico possiamo citare brani dal forte impatto emotivo come la “Melodia romantica “Op.12, il “Notturno” Op.53 e soprattutto l’appassionante “Sonata romantica” Op.57. Fra le composizioni di carattere virtuosistico emerge decisamente lo Scherzo sinfonico Op.17 caratterizzato dall’altisonante titolo “I folletti”. Si tratta di pagine di ottima fattura pur non raggiungendo la statura creativa di Schumann, Brahms e Chopin. Fra i brani di impronta operistica incontra particolare favore tra i flautisti la fantasia romantica per flauto e pianoforte Op.54 sul Lohengrin di Wagner e la prima fantasia sopra i motivi dell’opera “Un ballo in maschera” di Verdi Op.44.
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Un aspetto curioso della sua produzione non consacrata al flauto è l’Album di pezzi ballabili per Pianoforte Op.33 dedicato all’amico avvocato Giuseppe Saracco. Hugues non possiede una grande padronanza della scrittura per pianoforte e spesso si avvale della collaborazione di persone più competenti Eugenio Testa, l’avvocato pianista Gaudenzio Caire, il pianista Edoardo Gillone. Si tratta di amici che diventano dedicatari dei brani. Alcuni di loro sono dilettanti di buon livello la cui presenza è di fondamentale importanza nel panorama artistico e culturale dell’epoca.
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Le ulteriori ragioni che giustificano una più ampia diffusione delle pagine del compositore piemontese non sono solo di carattere didattico, ma anche legate all’evoluzione di uno strumento che ha subito costanti trasformazioni attraverso le varie epoche. La “Scuola del flauto “del casalese ha contribuito a consolidare la posizione del suo strumento all’interno dell’orchestra romantica destinata a trasformarsi nel Novecento nell’orchestra sinfonica moderna sempre più ricca e protesa alla ricerca di nuove soluzioni espressive. Il repertorio cameristico evidenzia in modo mirabile l’evoluzione tecnica e del linguaggio attraverso brani di gradevolissimo ascolto e di immediata ricezione anche per un pubblico di ascoltatori occasionali.
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Nella quadro di Anonimo piemontese, XIX secolo, che accompagna questo articolo, il Trio Hugues, da sinistra Costantino Nigra (famoso politico), Felice Hugues e Luigi Hugues. Colgo l’occasione per ringraziare i lettori che hanno commentato l’articolo precedente. Buona musica a tutte e a tutti.
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Immagine: wikipedia
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A Suon Di Musica ritorna mercoledì 8 maggio
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