di Angela Melis
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Una fiaba animata racconta il dramma dei bambini migranti
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Un quaderno dalla copertina blu cielo, due mani che sfogliano lentamente le pagine contenenti dei disegni che si animano mentre la voce over, quella della protagonista ormai adulta, inizia a raccontare la sua storia.
Si apre così il film d’animazione La traversee di Florence Miahile, uscito nelle sale nel 2021, scritto a quattro mani con Marie Desplechin.
La vicenda vede protagonista Kyona, una tredicenne spensierata con la passione per il disegno, che conduce una vita piuttosto tranquilla nel suo paese, Novi Varna. L’incantesimo però si interrompe quando i miliziani irrompono nel villaggio, saccheggiando e usando violenza contro gli abitanti inermi. Kyona e suo fratello Adriel osservano tutto da lontano: è la fine della loro infanzia.
Il luogo dove è nata e cresciuta improvvisamente non è più sicuro, è necessario andare via e raggiungere Arcata, il paese della libertà situato oltre la frontiera, e così l’intera famiglia decide di partire il giorno dopo.
Dopo essere riusciti a raggiungere la stazione e salire sul treno, i genitori saranno arrestati durante un controllo. Kyona e Adriel vengono nascosti dal padre e invitati a proseguire il viaggio da soli, con l’accordo di ritrovarsi nella tappa successiva. Ma le speranze di un ricongiungimento si affievoliscono quando, giunti nella città di Stemetsvar, i genitori non arrivano: Kyona e Adriel prendono consapevolezza di essere diventati due ragazzi di strada, soli e in balia del destino. In questa città conosceranno ragazzi della loro età, completamente allo sbando che per sopravvivere rubano. E mentre Adriel sembra adattarsi fin da subito a quel tipo di vita, Kyona si aggrappa alla memoria per tenere viva l’immagine dei genitori e sparare di ricongiungersi con loro.
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E’ per questo che desidera raggiungere Arcata, tenendo fede alla promessa fatta al padre. Il tragitto è lungo, colmo di insidie e di incontri destinati a cambiare per sempre la vita dei due ragazzi: saranno venduti “come cani”, sfruttati e separati diverse volte ma in quell’inferno, che è la guerra, incroceranno anche persone in cui sopravvivono barlumi di umanità, capaci di tendere loro una mano e offrirgli rifugio e protezione.
Per la realizzazione del film, Florence Miahile si è ispirata alle vicende della sua famiglia, in particolare a quella della sua bisnonna, partita da Odessa insieme ai suoi dieci figli per sfuggire i pogrom; e di sua madre, la pittrice Mireille Miailhe, militante del Partito comunista francese che si unì alla resistenza.
Tuttavia Miahile non mette in scena le vicende che hanno coinvolto la sua famiglia, opta invece per una diversa soluzione. Nova Varna, Stemetsvar e Arcata non esistono; nessun luogo citato è geograficamente reale, nonostante i quadri che compongono il film sembrano rimandare a scenari dei paesi dell’est.
Il racconto è una mescolanza di storie e leggende provenienti da diversi luoghi e immaginari senza alcun riferimento temporale, in quanto l’intento era quello di narrare una storia capace di includere tutte le storie di quei bambini che, da sempre, vivono il dramma della guerra, strappati crudelmente dalla loro infanzia e costretti a scontrarsi, troppo presto, con la violenza del mondo degli adulti.
La poesia del film di Miahile non risiede esclusivamente nel racconto, ma nella scelta di realizzare un film d’animazione con disegni ispirati alle pitture di sua madre che, stilisticamente, sembrano richiamare quelli di Paul Cezanne e Marc Chagal.
Attraverso l’alternanza di colori dai toni vivaci con scene che appaiono quasi completamente nere, il film mette in scena la vicenda, commovente e struggente, di ogni crisi migratoria e insegna come, anche negli scenari più oscuri e terribili, la fiamma della speranza e della libertà continua.
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A coloro che, un giorno, lasciano il paese sperando in un futuro migliore altrove.
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Qui potete vedere il trailer del film. Il film è disponibile su www.mubi.com Per sette giorni è possibile usufruire della prova gratuita senza dover sottoscrivere alcun abbonamento.
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Foto: pexels.com
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I Lentometraggi ritorna martedì 14 marzo
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È bellissimo riuscire ad voce a chi la vita parrebbe averla tolta
Ciao Fedora in questo film, a mio parere, la regista è riuscita perfettamente nell’intento.
Ti invito a guardarlo, vale la pena non solo per il messaggio che trasmette ma anche per la bellezza delle immagini