Storie di sete quotidiana, di sorgenti riemerse alla luce. Luoghi di ristoro del ”Campionissimo”.
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⇒ di Guido Bigotti ≈ Diario Della Bicicletta
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Una fontana diventa un miraggio, o un traguardo, per il ciclista, assetato, ma anche per il cicloamatore. Chi pedala ha bisogno di dissetarsi. Anche i grandi campioni. Anche Coppi, nel 2019 si è celebrato il centenario della sua nascita. Coppi aveva le sue fontane preferite. La leggenda dice che al margine di una di quelle fontane, un cartello ammonisca: “Ciclista, non sporcare. Coppi ci guarda!”. Ogni corridore, lungo le strade scelte per gli allenamenti, ha la sua fontana dov’è solito fare sosta.
Coppi ne ha più di una, anche lontano dalle sue terre del Basso Monferrato, oppure più vicina, come quella che stava dove adesso c’è lo svincolo oltre il casello di Ovada dell’autostrada che collega la pianura padana al mare della Liguria di ponente: “Chissà, se è stata risparmiata dai lavori per l’autostrada…”. Oggi però quella zona è diventata poco raccomandabile per i ciclisti e cicloamatori. Lo sarebbe anche per Coppi.
Si racconta anche di una fonte lungo la strada per Sanremo che sale verso il Turchino, fra Ovada e Rossiglione, nei pressi della località Gnochetto, che segna il confine tra Piemonte e Liguria. Ma forse soltanto i più vecchi ricordano questa storia. Pare che di questa fonte non ci sia più traccia. Fanno più effetto, comunque, le fontane lontane da casa Coppi.
Il quotidiano di Bologna “Stadio” dedicò un servizio alla giornata di allenamento di Coppi e della Bianchi nel 1953, sulle strade del Giro dell’Emilia. La fontana di Serramazzoni è una di queste, esiste ancora. La sua acqua sgorga poco distante da un ristorante, che prende il nome da essa, Fontanina, nota a tutti gli appassionati di ciclismo. Quella volta, Coppi con i suoi compagni vi fece sosta e il quotidiano emiliano (che usciva stampato su un verde pallido), diretto in quel periodo da Luigi Chierici, fece un bel regalo ai suoi lettori: tutta una pagine intitolata “Fausto Coppi riposa lavorando”. Gli autori del servizio in seguito dissero che sembrava di essere dietro a una vera corsa.
Ma c’è un’altra fontana legata a Coppi. Impensabile, perché frequentata da Fausto in una località che il grande ciclismo non aveva mai toccato: l’Elba, l’isola dell’arcipelago toscano, un tempo citata dai greci per le sue miniere di ferro, oggi citata un po’ da tutti per le vacanze estive. Vi chiederete: “Perché Coppi era finito all’Elba nell’estate del 1957? Il campione aveva ormai imboccato il viale del tramonto sportivo e stava vivendo una vita coniugale difficile. Cercava un rifugio, lontano da occhi curiosi e indiscreti, da pettegolezzi, da sospetti e da malignità. Trovò rifugio sull’isola.
Galeotto fu uno dei tanti incidenti e infortuni che caratterizzarono (oltre ai tanti trionfi) la sua carriera, interrompendo a tratti l’attività a dispetto dei traguardi prefissati. Fausto era caduto nel primo giorno di marzo a Sassari, impegnato in un circuito a una ventina di giorni dalla Milano – Sanremo. La diagnosi aveva lasciato intuire che la stagione sarebbe in pratica saltata. La diagnosi infatti fu la frattura del collo del femore sinistro. Il caso volle che sull’isola un medico (il dottor Ernesto Somigli), avesse aperto un laboratorio sperimentale con l’obbiettivo di monitorare e tastare la possibilità di far nascere nel golfo di Portoferrario, a San Giovanni, uno stabilimento termale.
Il buon rapporto fra il dottor Somigli e un suo collega amico di Coppi fece si che il campione scegliesse l’Elba quale rifugio per circa tre mesi in quella estate del 1957, la base era una casa di Procchio, a circa metà strada tra Portoferraio e Marciana Marina. Così fra un trattamento di fanghi e qualche bagno nel mare di Procchio, per riabituarsi alla bicicletta, Coppi si divertiva a pedalare a lungo le allora poche strade asfaltate dell’Elba. La sua meta preferita era Rio, il borgo più antico dell’isola.
In località Ginestra Fausto si dissetava ad una fontana di cui diceva: “Sgorgava un’acqua fresca da un beccuccio di ferro”. Da una decina d’anni, chi si ferma a bere in questo luogo, legge su una targa sopra il beccuccio “La fonte di Coppi”. Alla sua fontana, lui non ci arrivava quasi mai solo. Qualche volta, strada facendo, lo affiancava il bicicletta un ragazzino biondo. Lui lo chiamava teneramente Bambino, come chiamava Nino Defilippis (per la cronaca divenne ciclista professionista dal 1952 al 1964, ciclista su strada e pistard, vinse nove tappe al Giro d’Italia, sette al Tour de France e due alla Vuelta a España, un Giro di Lombardia, due titoli nazionali e la medaglia d’argento ai Campionati del mondo di Berna nel 1961), Cit, che in piemontese significa appunto bambino. Coppi gli era molto legato perché nel tragico 1951 era stato lui a soccorrere il fratello Serse caduto non lontano dal velodromo torinese. Fausto, si sa, amava tanto i bambini e la bicicletta.
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⇒ Foto: tuscanypeople.com ≈ Prossimo Appuntamento: giovedì 31 giugno
Riesci sempre a sorprendermi con i tuoi racconti Guido, grazie.
Molto intrigante e suggestivo!
È vero ,ogni racconto scopro delle storie fantastiche e meravigliose che altrimenti non conoscerei Bravo Guido
Ogni ciclista ha le sue fontane, il problema diventa serio quando si viaggia per il mondo in bicicletta e non si trovano fontane da utilizzare anche come luogo per lavarsi prima di mettersi a dormire in tenda
Interessantissimo
Bravo.
Sei riuscito ancora una volta a creare interesse per questo immenso sport pieno di aneddoti e di fatti che purtroppo nel quotidiano non riusciamo più a vivere e per potere un domani voler raccontare! A chi ama il ciclismo fa piacere che venga ricordata. Grazie anche a persone come te.
Leggo sempre con molto interesse i racconti del mio amico Guido…. un vero appassionato!
Bel racconto dell’Airone morto per una diagnosi sbagliata. Bravo Guido.
Complimenti Guido. Nella mia megalomania quasi quasi inizio a nominare le mie fontanelle…ne ho appena passata una che è chiusa…delusioneee. Bravo!!!
Storia doppiamente bella, sia perché ci racconta qualcosa di nuovo di Coppi, eroe sempre amato, sia perchè ci ricorda di quanto fossero vitali le fontanelle quando non avevamo ancora subito l’invasione delle bottigliette di plastica. Grazie Guido.
Ottimo, come sempre con te si scopre sempre qualcosa di nuovo sul mondo della bicicletta.
Grazie Guido dei tuoi racconti dove traspare la fatica di questo sport bellissimo che ci insegna la resilienza.
Alberto
Una piccola chicca! Molto curiosa. Grazie Guido
È bello conoscere episodi della vita quotidiana di grandi campioni come è stato Fausto Coppi,grazie Guido