di Umberto Scopa Umberto Scopa
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Il fenomeno bandistico, in una dimensione non solo locale, connaturato ai luoghi urbani e alla vita sociale
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Prendo spunto da una pubblicazione alla quale tengo in particolar modo. Il titolo è “La banda musicale nella tradizione italiana e ferrarese”, risultanza di contributi vari scritti da affiliati e sostenitori della Banda Filarmonica Ludovico Ariosto di Ferrara.
Il libro ripercorre le tappe storiche del fenomeno bandistico in una dimensione non solo locale. Questa attività così connaturata ai luoghi urbani, e alla vita sociale, mi preme particolarmente trattare in occasione di questo mio contributo.
Ovunque viviate vi sarà capitato di deambulare distrattamente per le strade di un centro storico e captare in lontananza – in tempi più lieti di quelli correnti – le note musicali di una banda che raggiunge le vostre orecchie prima che la vostra vista, aprendosi una breccia tra i rumori di fondo della città.
A dispetto dell’apparente invadenza sonora, la musica di strada, tra le opere d’arte urbana, è la più discreta. La musica non occupa spazi fisici, piuttosto prende forma incorporea nell’aria per l’effimera irripetibile durata di un istante e poi si dissolve per sempre. Se ripetuta non tornerà mai uguale, anche se proviene dalla stessa partitura e dallo stesso strumento. La musica come nasce sparisce, quello che dura nel tempo è il suo effetto.
Al tempo stesso, la capacità naturale di propagazione della musica, quando non rimbalza fra i muri di una stanza chiusa, raggiunge il suo apice, supera ogni ostacolo, corre liberamente per le strade, le piazze, lascia qualcosa anche a chi la percepisce come il soffuso sottofondo di altre incombenze alle quali è dedito al momento.
La banda chiama a raccolta, non solo un pubblico consuetudinario di affezionati, ma anche un pubblico improvvisato di passanti distratti che possono lasciarsi prendere dal piacere inatteso di quel richiamo e unirsi alla festa. La banda genera allegre adunanze, in larga parte anche casuali e non prevedibili, prima che le chiamassero orridamente “assembramenti” e questa è la vera ragione, anche nostalgica, che mi ha spinto a scegliere questo argomento da trattare.
L’attività bandistica esce da questo lungo periodo di restrizioni portandosi dietro una duplice sofferenza: una economica, che non c’è bisogno di spiegare, una più intima, che non si deve ignorare: intendo il rischio di vedere insidiato il senso profondo della propria esistenza nel momento in cui viene meno il contatto fisico con il pubblico, la spontaneità di tutte le espressioni di partecipazione che generava attorno a sé, insomma la sua linfa vitale.
La banda di Ferrara, come il libro racconta, si ispira alla figura di Ludovico Ariosto, il più insigne poeta locale, dal quale appunto prende il nome. Con questo libro la banda ha voluto imprimere su carta con caratteri duraturi una memoria volatile che rischiava di perdersi nel lungo tempo trascorso. Rievoca la sua storia, le radici antiche che legano il suo nome all’Ariosto, e trovano un senso in quel tratto di unione tra la musicalità comunemente intesa e quella felicemente ricercata dal poeta nella composizione dei suoi versi. Mi permetto di aggiungere, riguardo all’Ariosto, un particolare tratto dall’Orlando furioso: nel poema c’è spazio anche per la celebrazione dell’enorme potenza che il suono di uno strumento può avere in campo aperto e si materializza nella figura di quel corno che ha il nome di “olifante”, portato da Orlando e Astolfo e capace anche di respingere e disperdere gli eserciti nemici.
Dalle ricerche storiche degli autori del libro risulta che all’inizio del novecento era già attestata l’esistenza, fra varie bande private locali, di una che portava nel suo nome quello di Ludovico Ariosto. Nel dopoguerra questa banda, a seguito di una fusione, confluisce nella banda Musicale cittadina che non porta più il nome di Ariosto. In tempi recenti poi il nome del poeta è stato recuperato tornando a connotare l’attività bandistica cittadina. Ma naturalmente ho adesso condensato in poche parole un percorso più complesso e che il libro ripercorre in modo compiuto.
Aggiungo per concludere che la banda è luogo di felici contaminazioni, di barriere rimosse. La musica colta scende dal piedistallo e convive con quella popolare, il musicista professionista suona a fianco di quello dilettante, il dodicenne suona a fianco del settantenne.
La banda, a parte modeste sporadiche elargizioni volontarie, si sostiene prevalentemente con risorse proprie: fra queste ci sono i proventi della sua scuola di musica, organizzata per ogni tipo di strumento; la scuola permette anche il ricambio generazionale al suo interno, e così la sua perpetuazione nel tempo per un tempo che oltrepassa le singole generazioni e produce un percorso di vita secolare, come quello che libro citato ci permette di ripercorrere.
Da Battere Le Zampe ritorna lunedì 10 gennaio
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GRAZIE PER UN ARTICOLO CHE ENTRA NEL MERITO DELLA SPECIFICA FUNZIONE DELLE BANDE E RIPERCORRE, PER LA BANDA ARIOSTO, UN LAVORO STORICO DAL QUALE E’ SCATURITO UN LIBRO CHE NE HA FOCALIZZATO I SUOI PASSI PRINCIPALI.
MAURO MAZZA, BANDA ARIOSTO
Complimenti per l’articolo!
L’idea popolare della Banda è sempre più in declino, questo da decenni, il covid ha accentuato ulteriormente le difficoltà, credo che ai giorni nostri serva un Olifante ancora più grande, proprio per far sentire che esistono e Resistono ancora ……..le BANDE