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Come aiutare il nostro cuore a svolgere il suo dovere.
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Il cuore è l’organo che maggiormente ci preoccupa, e ci auguriamo che faccia sempre il suo dovere. Molto dipende da noi, dal nostro stile di vita. Come sempre dalle relazioni di Ernesto Bonini – giornalista, che da oltre sei lustri svolge attività nei settori medico-scientifico, socio-sanitario e socio-assistenziale – tratte dalle Conferenze organizzate dall’Associazione Più Vita In Salute, pongo alla vostra attenzione l’intervento – suddiviso in due parti, la seconda giovedì 30 novembre – del prof. Franco Veglio, specialista in Medicina Interna e in Endocrinologia su“Ipertensione e Ipotensione: dai primi sintomi alle complicanze”. Vi ricordo che sono riprese le conferenze, periodo autunnale 2023, qui trovate il programma completo. Buona salute a tutti.
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Da sempre una delle nostre preoccupazioni in tema di salute è quella di avere un cuore che faccia bene il suo “dovere” e, per garantirci questa condizione, il più delle volte spetta a noi fare in modo che non perda… colpi. L’ipertensione, è ormai noto, non è una malattia ma un fattore di rischio, ossia una situazione che se non prevenuta porta danni agli organi più importanti (cuore , cervello, reni) e quindi ad una patologia con non poche complicanze. Quindi un vero e proprio “Killer” silenzioso che quando determina la morbilità è quasi sempre troppo tardi e, pur trattandola, a volte non è possibile ridurne totalmente gli effetti in quanto rimane sempre un rischio residuo. Ed è proprio per questo che l’ipertensione va diagnosticata e curata il più precocemente possibile. Ma cosa significa ipertensione? «È un aumento della pressione esercitata dal sangue sulle pareti dei grandi e piccoli vasi – ha spiegato il relatore – ed è la seconda causa di visita ambulatoriale nel mondo occidentale, ma oggi anche in quello orientale… Negli Stati Uniti determina circa 30 milioni di visite all’anno, mentre in Italia circa 12 milioni. Inoltre, secondo l’Oms, su 7 miliardi di persone circa il 25% è affetto da ipertensione. Con l’aumento dell’età aumentano parimenti i soggetti con questo problema». Ma perché l’ipertensione è causa di danni agli organi? «Anzitutto – ha specificato – incidono fattori esterni come ad esempio l’urbanizzazione, l’invecchiamento della popolazione, il livello sociale (più è elevato e più sono i soggetti che conducono uno stile di vita adeguato). Allo stato sociale basso corrispondono abitudini di vita come la sedentarietà e i vizi voluttuari, l’inattività fisica, etc. Tutti questi fattori, se associati all’obesità, al sovrappeso, al diabete, all’ipercolesterolemia e all’aumento dei trigliceridi, moltiplicano il rischio dell’ipertensione arteriosa (IA) che, non curata, diventa una malattia che determina ulteriori conseguenze quali l’ictus, lo scompenso cardiaco, la malattia coronarica e la malattia renale».
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Dal punto di vista meramente statistico il prof. Veglio ha evidenziato che su 10 pazienti candidati al trapianto cardiaco 5 risultano diabetici, 4 sono ipertesi non trattati e 1 rientra in più cause; inoltre, nel caso di 10 pazienti con ictus 7 risultano ipertesi non trattati, 3 affetti da altre cause; mentre su 10 soggetti infartuati normalmente 3-4 risultano ipertesi non trattati. Ma perché questa differenza tra soggetti con ictus e infarto? «L’ictus – ha spiegato – è legato soprattutto alla ipertensione non controllata, mentre l’infarto è pure legato all’ipertensione ma soprattutto all’elevato tasso di colesterolo (LDL), al fumo e al diabete». Nel mondo l’IA come fattore di rischio è la prima causa di morte; in Italia ogni anno si verificano 16 milioni di morti per tutte le cause cardiovascolari di cui 9 milioni a causa dell’IA, 4,5 milioni per l’ipercolesterolemia e circa 3 milioni per l’obesità e il sovrappeso, con un impatto in termini di costi notevole per le cure e l’assistenza ai “sopravvissuti”. E come misurare i valori della pressione arteriosa? È un’azione che solitamente compie il medico curante in due tempi diversi e se i valori sono 140/90 mmHg e oltre si è definiti ipertesi, mentre i valori normali corrispondono a 120/80 mmHg (a tutt’oggi valori standard in tutta Europa); tale misurazione può essere rilevata anche dal farmacista o dal soggetto stesso.
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«In caso di ipertensione conclamata solo 4 pazienti su 10 – ha precisato il cattedratico – seguono una adeguata terapia. Ma va anche detto che l’IA, soprattutto la massima, aumenta con l’aumento dell’età e si riduce la minima, quindi nel contempo aumenta la cosiddetta pressione differenziale, ossia la differenza tra pressione sistolica, o massima, e pressione diastolica, o minima. La pressione di pulsazione aumenta nei vasi periferici a causa di due importanti fattori: l’inferiore elasticità e le onde riflettorie». Per quanto riguarda la terapia il prof. Veglio ha precisato che dipende dal grado di severità e di resistenza: su 10 soggetti ipertesi 2 sono trattati con un farmaco, 5 con 2 farmaci e 3 con più farmaci. Mediamente la popolazione ipertesa necessita di 2 farmaci e tale terapia deve essere sempre personalizzata. È stato calcolato che nel 2000 in Italia si sono verificati 10 milioni di demenze vascolari, e che senza prevenzione saranno 37 milioni nel 2050. (1.continua)
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Immagine: pixabay.com
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Più Vita In Salute ritorna giovedì 30 novembre
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