Una storia da conoscere e di cui farsi testimoni, un’ingiustizia da sanare
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⇒ di Sara Migliorini ≈ Il Bradipo Legge
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Nella stragrande maggioranza dei casi sono le storie e gli autori a spingermi verso l’acquisto di un libro. Qualche volta mi faccio guidare dall’istinto per una copertina ai miei occhi affascinante. Non mi era, però, ancora capitato che fosse una causa il motore principale della mia scelta. Questo mese è accaduto con “Io posso” di Pif e Marco Lillo, edito da Feltrinelli. Sono andata in libreria consapevole che il mio acquisto, prima ancora che regalare una storia a me, avrebbe contribuito a sanare una macroscopica ingiustizia tipicamente italiana, o almeno questo è quello che mi auguro possa accadere.
Procediamo con ordine. Spartendosi equamente la scrittura del libro, un capitolo a testa, Pif e Marco Lillo ci raccontano l’odissea lunga trent’anni delle sorelle Pilliu, Maria Rosa e Savina. Comincia tutto a Palermo, negli anni 80, anni di speculazioni edilizie che vedono protagonisti costruttori senza scrupoli e collusi con la mafia. All’ingresso del parco della Favorita, in piazza Leoni, sorgono due palazzine, di proprietà del nonno e dello zio delle sorelle Pilliu e che queste ultime erediteranno. Un terreno edificabile in quella parte della città fa gola a molti, la parola d’ordine diventa impossessarsi ad ogni costo di quelle palazzine per poterle abbattere e tirare su nuovi, grandi, orrendi palazzi moderni. Laddove le buone non funzionano e le proposte di acquisto vengono rispedite al mittente, si passa alle cattive. Un rifiuto non può esser contemplato e accade così che un giorno le due sorelle Pilliu si sentono dire da Pietro Lo Sicco che non sono più proprietarie di casa loro.
Laddove altri si sarebbero arresi al sopruso, le sorelle Pilliu denunciano senza alcun esitazione l’abuso subito e qui comincia la loro personale via crucis. Si trovano a fronteggiare assessori corrotti, magistrati impauriti, banchieri che prestano soldi a chi non ne avrebbe diritto, avvocati al soldo della peggior criminalità. Perché qui ad esser coinvolti sono nomi grossi: Bagarella, Brusca, i fratelli Graviano. 44 denunce di fronte alle intimidazioni ricevute (sull’uscio del negozio di specialità sarde delle due sorelle vengono recapitate in continuazione corone funebri di fiori e fusti di calce ) non scalfiscono il desiderio di giustizia di Maria Rosa e Savina. Saranno necessari ben trent’anni di lotte prima che lo Stato dia ragione alle due sorelle e riconosca loro il pagamento dei danni materiali e morali subiti. Peccato che, nel frattempo, il costruttore sia stato condannato e lo Stato stesso gli abbia sequestrato tutti i beni, rendendo di fatto impossibile qualsiasi tipo di risarcimento. Se già fin qui la vicenda non ha nulla da invidiare a Kafka, il peggio deve ancora venire. L’assurdità e l’incomprensibilità raggiungono l’apice con l’agenzia delle entrate, che pretende ora da Maria Rosa e Savina il pagamento del 3% di tasse sulla somma di un risarcimento da loro mai incassato.
Pif e Marco Lillo non sono disposti ad accettare quest’epilogo e hanno deciso di raccontare le peripezie delle sorelle Pilliu proprio per tentare di scrivere un finale diverso per questa vicenda. Attraverso la vendita del libro e rinunciando ai loro diritti d’autore, si propongono di raggiungere tre obiettivi: raccogliere la cifra necessaria per pagare l’agenzia delle entrate, far ottenere alle sorelle Pilliu lo status di vittime di mafia (che incresciosamente non è mai stato loro riconosciuto) e ristrutturare le palazzine semidistrutte per concederne l’uso ad un’associazione antimafia.
Obiettivi ambiziosi che ci riportano al titolo del libro, a quell’“Io posso”, che ci dice Pif essere un mantra a Palermo e che sottintende sempre un “…e tu no”. Ecco, noi abbiamo la possibilità di trasformare il significato di quell’“Io posso”, possiamo insieme renderlo “Io posso e tu no, perché io sono lo Stato e tu no”. Perché, come il mare è formato da tante, piccole gocce d’acqua, lo Stato non è un’entità astratta, ma lo Stato siamo tutti noi con le nostre scelte quotidiane, quando decidiamo di non arrenderci all’ingiustizia e lottiamo per un mondo migliore. Alle volte lo si può fare anche con il semplice acquisto di un libro.
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⇒ Foto: Sara Migliorini ≈ Prossimo Appuntamento: venerdì 23 luglio
Bellissima storia di impegno civile!???
Davvero importante parlare di simili ingiustizie. Solo così è possibile sperare che non si ripetano. Marinella
Grazie Sara, non conoscevo proprio questa storia. Il fatto che ci siano persone in gamba disposte a stare al fianco di chi combatte e di fare luce su interessi sporchi, ma anche sulla cecità di cui spesso anche lo Stato si rende responsabile, dà speranza a tutti.
Grazie Sara, come sempre articolo scritto molto bene e con un contenuto veramente interessante. Brava, brava!!!
Grazie Sara, per questo racconto, un tema che sembra scomparso, ma purtroppo di attualità, anche se non se ne parla.
La tua passione per la giustizia e la verità è davvero coinvolgente Sara, bravissima