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Modena City Ramblers, Firenze/Pat Metheny Group, Firenze/Roberto Gatto Quartet, Napoli, anni ‘90
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Iniziando a scrivere questi contributi per Bradipodiario, come ho già avuto modo di raccontare, ho deciso di provare a seguire un ordine cronologico: non solo per opportuna razionale organizzazione, ma soprattutto per dare un ordine mentale ai ricordi e per realizzare una sorta di memoria condivisa capace di raccontare l’evoluzione del mio personale percorso musicale, tramite le diverse anime e sensibilità che si sono susseguite e sovrapposte nel corso degli anni, posto che possa essere di qualche interesse…
Inevitabile, quindi, che nel cassetto e nella tastiera rimanessero tanti concerti, soprattutto quelli di cui si sono persi i biglietti e, in qualche caso, purtroppo anche la memoria.
A cui credo che il primo contributo del 2024 debba rendere, in qualche modo, dovuto omaggio.
Impossibile dare conto dei tanti concerti bolognesi dei primi anni ‘90 nei Jazz Club, i cui protagonisti erano i sassofonisti Piero Odorici e Carlo Atti, il batterista Ellade Bandini, il sempre più protagonista Guglielmo Pagnozzi (il mio primo sassofonista jazz, ne abbiamo già parlato in altri articoli), il chitarrista Jimmy Villotti (con cui ho avuto anche la fortuna di suonare a una festa sui colli bolognesi, evento di cui si è perso, purtroppo, ogni riferimento…).
Così come quelli fiorentini della seconda metà degli anni ‘90, dove al Pinocchio e negli altri Jazz Club cittadini potevamo ammirare spesso Stefano Bollani e tutti i maestri della Sound, la principale scuola di Jazz della città, su tutti i sassofonisti Franco Baggiani, Andrea Coppini, Giacomo Downie e tanti altri.
Con alcuni di loro ho anche avuto il privilegio di suonare, in qualche occasione, come in un fantastico settetto a Reggello nell’estate del ‘97.
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In tutto questo, ci sono anche stati numerosi concerti “ufficiali”: fra tutti, quelli dei Modena City Ramblers e del Pat Metheny Group, entrambi a Firenze.
I primi, sono venuti a Firenze fra il ‘94 e il ‘95, nel tour successivo alll’album che li ha fatti conoscere a livello nazionale e consacrati come gruppo antagonista e resistente: Riportando tutto a casa. In questo caso, sono abbastanza certo della data, visto che la formazione era quella originaria, con alla voce principale Alberto Morselli, che poco dopo lasciò il gruppo.
Quell’album conteneva alcuni dei brani che sono rimasti nella storia del gruppo, fra tutti In un giorno di pioggia – Canto di Natale – I funerali di Berlinguer, fino alle versioni ormai iconiche e riarrangiate sui ritmi irlandesi di Contessa e Bella Ciao per tanti anni ancora proposte ostinatamente, oltre che ad ogni live, in occasione dei concerti romani del Primo Maggio…
Innegabilmente, un grande disco e, per quanto posso ricordare, un grandissimo concerto: uno dei pochi casi di partecipazione collettiva sentita e militante, come forse avremmo bisogno ancora oggi, sempre di più!
Altro grande concerto, penso l’anno successivo, il 1996, quello del Pat Metheny Group!
Avevamo incontrato Pat, virtuoso e un po’ sanguigno chitarrista americano, proprio nel progetto in guppo, con il fondamentale supporto nella composizione e negli arrangiamenti del pianista e tastierista Lyle Mays.
Pat Metheny è sempre stato divisivo…. Fra chi ha amato la sua tecnica, i suoi suoni sperimentali e l’innata capacità di proporre melodie, tutto sommato, semplici… ma tremendamente coinvolgenti, e “vicine” alla sensibilità dell’ascoltatore, e chi gli ha sempre rimproverato una certa “leggerezza”, un atteggiamento spesso incongruente se paragonato al suo inestimabile spessore musicale…
Negli anni ‘80 il P.M. Goup ha prodotto album meravigliosi, che vi invito a cercare in rete.
Mi piace ricordare anche le esperienze nella composizione di colonne sonore, particolarmente nelle sue corde…, su tutte quelle per Fandango di Kevin Reynolds e Il gioco del Falco di John Schlesinger, entrambi del 1985.
Del primo, appunto, mi sento di segnalre il fandango del ballo finale, struggente e festoso (non posso spoilerare oltre…, ma solo invitare a vedere il film!); del secondo, la meravigliosa This Is Not America, con il contributo dell’immortale David Bowie.
Infine, lo sfumato ricordo di un concerto in un’arena all’aperto a Napoli nei primi anni ‘90, con protagonista assoluto uno dei più grandi batteristi jazz italiani, Roberto Gatto, per l’occasione in un quartetto, di cui ricordo solo la presenza del contrabbassista Enzo Pietropaoli.
Ricordo, purtroppo, molto sfumato…. Resta nitido e indelebile un passaggio di un solo di Pietropaoli, capace di inserire il tema tradizionale di Munasterio ‘e Santa Chiara in uno standard jazz, che (ovviamente) non ricordo….
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Questi sono sono alcuni frammenti, spesso per niente nitidi, ma tutti fondamentali tasselli di un costante e ostinato percorso di formazione continua, di costante ricerca di empatia con grandi artisti e con le loro proposte.
Avrei dovuto aggiungere il concerto bolognese del 1992 della Chick Corea Electric Band, anche questo rimasto nel cassetto…., ma credo proprio che meriti un contributo dedicato… che non mancherò di proporvi.
A margine di questi racconti, vi invito all’ascolto di alcuni altri, dedicati ai cantautori italiani, che ho avuto il privilegio di raccontare nell’intervista che andrà in onda proprio oggi, martedì 23 gennaio alle 19.00, su Radiostellapiemonte, nella trasmissione Contro/Versi di Giuseppe Rissone.
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Immagine: Andrea Sbaffi
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Io C’Ero ritorna martedì 20 febbraio
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