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Un combattente per la libertà con la passione per il ciclismo
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Da dove è nata l’idea per questo articolo? Da una serata – quella dello scorso 11 novembre – organizzata dall’Istituto Pedagogico della Resistenza di Milano con “Gnocco & Autofinanziamento Partigiano!” il tutto con contorno di un’esposizione dedicata a Luigi Franci, gappista – partigiano appartenente a uno dei Gruppi di Azione Patriottica – in bicicletta.
Sinceramente non potevo mancare, mi ha subito incuriosito scoprire la storia di Gino. Soprattutto per il risvolto mangereccio! Naturalmente sto scherzando, queste sono storie che non vanno dimenticate, Luigi come tanti altri hanno lottato per la loro e per la nostra libertà. Chi era Luigi Franci?
Viene ricordato sicuramente come un partigiano ed un combattente per la libertà, forse è meno conosciuto il suo lato sportivo. Egli praticava molte discipline, la caccia, la pesca, ma per una di queste aveva un’enorme passione… Il ciclismo.
In quegli anni l’ombra doping non avvolgeva ancora questa pratica e, come in molti altri sport, la sfida tra gli atleti si basava su tanta preparazione, duri allenamenti e biciclette decisamente pesanti e con pochi rapporti rispetto a quelle attuali. C’erano quindi alla base di questa passione la fatica e il sudore.
Luigi Franci, Gino per gli amici, o il biondo milanese, per la stampa, disputava e spesso vinceva gare regionali e provinciali, soprattutto in Brianza. La sua specialità erano le volate. Era l’uomo da battere e anche il metro di paragone sul quale si valutavano gli altri concorrenti.
Il ciclismo viveva un periodo d’oro in quegli anni, anni in cui miti dell’Italia del dopoguerra come Coppi e Bartali muovevano le prime pedalate, anni in cui il buon Luigi continuava a vincere facendo decollare la sua carriera da ciclista professionista.
Un attestato del suo ottimo livello con la bicicletta era dato dal fatto che la Questura di Milano, durante il periodo della guerra gli avesse rilasciato un permesso speciale per girare con la bicicletta da corsa durante il giorno, una sorta di “porto d bici”, arma che ci rivelerà poi fondamentale per la sua attività nei Gap come staffetta portalettere e combattente attivo; la sua bicicletta era diventata infatti uno strumento con il quale Gino portata messaggi e documenti di propaganda nascosti nel telaio, evitando quindi i controlli delle forze dell’ordine.
Si può dunque capire che per Luigi Franci la bici fosse decisamente qualcosa di più di una semplice passione. Il 4 febbraio 1945, nel tragico evento della sua morte, non se ne andò soltanto il Luigi Franci partigiano ma anche lo sportivo e il ciclista. In quella brutta giornata, i partigiani decisero di rispondere all’ennesimo massacro avvenuto all’impianto sportivo Giuriati.
Sono in cinque quella sera: Gino, Maria Selvetti nome di battaglia “Lina”. Albino Rossi “Erminio”, Albino Trecchi “Bimbo” e Luigi Arcalini “Lince”. Il gruppo è affiatato, sono riusciti a portare a termine a buon fine diverse operazioni con successo. In corso Garibaldi, angolo via Pontaccio, c’è un covo da colpire. Qualcosa purtroppo non va secondo i piani. La bomba preparata minuziosamente da Gino e compagni esplode anticipatamente. Luigi e gli altri non faranno ritorno a casa. Prima di partire per l’azione Gino si era raccomandato all’amico partigiano “Nan” Edoardo Clerici: “Se non mi vedrai tornare avvisa la mia mamma”.
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Foto: Guido Bigotti
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Diario Della Bicicletta ritorna martedì 27 dicembre
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La tua passione per il ciclismo e i valori della Resistenza hanno portato ad un bell’articolo. Complimenti.
È vero la tua passione per il ciclismo ci fai conoscere delle storie incredibili.Grazie Guido
Epilogo tragico. Ma quando si crede fermamente in qualcosa (la libertà) si arriva anche a questo punto!
Bella storia commovente. Grazie
Storie di vita vera e uomini veri da ricordare e tramandare. Grazie Guido