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“Cos’altro è una donna se non una rivale dell’amicizia […] un male della natura, imbellettato con colori attraenti!” dal Malleus Maleficarum (“Il martello delle malefiche” cioè “delle streghe”) Germania1487
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Nel crepuscolo tra il sesto giorno e lo “shabbath”, il giorno santificato dal riposo del Signore e quindi poi dagli Ebrei, Dio, ancora estenuato dalla controversia con Adamo ed Eva, per distrarsi si tolse qualche capriccio e inventò l’arcobaleno che rimase però invisibile fino al tempo di Noè e del “diluvio universale”, la manna e le sorgenti scaturite dalle rocce, con le quali il suo popolo si sarebbe sfamato e dissetato durante gli anni di peregrinazione nel deserto, ma non inventò la bussola per non render loro troppo facile la vita durante l’Esodo; inventò con largo anticipo le parole dei suoi dieci comandamenti, le tavole su cui erano incisi e lo scalpello per eseguire l’opera “best seller” dei catechismi di la a venire; non pago creò il mulo e la bocca parlante dell’asina di Balaam, il povero capro che salvò la vita a Isacco un attimo prima che Abramo ubbidiente lo sacrificasse, la verga fiorita di Aronne, intesa come bastone da passeggio e non altro!, la grotta in cui vissero Mosè ed Elia, e infine, la tomba stessa di Mosè che procurò al profeta pruriti intimi per tutta la vita…
Ad Adamo creò e regalò il fuoco consegnando a lui due pietre focaie, le tenaglie e il martello, strumenti che in modo subliminale gli fecero capire che ora gli toccava lavorare! E mise un angelo a insegnargli come accendere il fuoco, la fucinatura, l’addomesticamento del bue davanti all’aratro e la semina della terra.
Il Trattato “Avot”, “I padri”, di rabbi Natan afferma che egli ebbe l’ordine di lavorare affinché i suoi discendenti, cioè noi, conoscessero il valore del lavoro, ma noi avremmo anche potuto farne volentieri a meno…
Dal canto suo Adamo si portò via dal paradiso terrestre una scorta di erbe aromatiche pensando così di poter migliorare il pessimo cibo a cui era destinato per il futuro, ma la cosa non funzionò perché quelle erbe erano state dedicate dal Principale a essere bruciate durante i riti religiosi come offerta alla sua grandezza.
Ad Eva non andò meglio in quanto ebbe in regalo il ”Partorirai con dolore!”, ma Dio non considerò che contemporaneamente aveva inventato con il corpo umano anche gli ormoni della dopamina e della serotonina che trasformarono in “dolore scordarello”, come dicevano le nonne, il dolore del parto.
Peggio, ma molto peggio, andò con la malattia dell’isteria femminile.
Come la conosciamo noi oggi è una psiconevrosi caratterizzata da stati emozionali molto intensi e da attacchi parossistici particolarmente teatrali, una malattia psicosomatica, uno stato di eccitazione, aggressività e impulsività che si trasferisce dalla mente al corpo causando disturbi organici, e questo vale sia per la donna che per l’uomo; purtroppo il termine deriva dalla parola greca “hysteron” che significa utero perché, nella notte dei tempi, si credeva riguardasse solo le donne colpite dallo spostamento insensato all’interno del corpo del suo organo sessuale, e questa falsa interpretazione di una malattia ha portato per secoli a utilizzarla per ostacolare, imprigionare (anche fisicamente nei manicomi), e patologizzare le donne.
Già nell’Antico Egitto era conosciuta e si curava; sono stati diversi i papiri ritrovati che trattano di scienza medica egizia: fra questi, il papiro Kahun, risalente al XX secolo a.C., che ha come oggetto specifico l’isteria. L’idea dominante era che ogni tipo di alterazione psichica e fisica nella donna derivasse dallo spostamento dell’utero nel corpo. Compito del medico, quasi sempre appartenente alla casta sacerdotale, era quello di far tornare l’utero nella sua posizione originaria attraverso manipolazioni e suffumigi, ovviamente non per inalazione nelle vie aeree, realizzati con ampolle a forma di ibis.
Secondo il “Corpus Hippocraticum”, l’insieme dei testi medici attribuiti a Ippocrate: è L’utero la causa di tutte le malattie delle donne. Se una donna soffre di isteria starnutire è di beneficio.
Nel “Natura della donna”, Ippocrate consiglia il medico di capire la posizione dell’utero e dove fosse trasmigrato per poi applicare fumigazioni maleodoranti sul basso ventre, veniva data una purga (male non fa mai…), consigliati bagni caldi e le cure variavano a seconda che la donna fosse vergine nubile o vedova, ma il rimedio migliore in assoluto era il matrimonio!
Nel corpus sono anche comprese casistiche dettagliate come mutismo, paralisi artificiali, nevralgie e convulsioni tutte comunque incluse nella categoria “Soffocamento dell’utero”.
Areteo di Cappadocia, famoso per la sua divisione delle malattie fra croniche e acute, pone il “soffocamento isterico” fra le ultime; definisce inoltre l’utero “erratico”, più precisamente “un animale nell’animale” (secondo una definizione già presente nel Timeo di Platone).
Con l’affermarsi del Cristianesimo, e la sempre maggiore importanza data alla castità come virtù, l’isteria iniziò a essere trattata come manifestazione demoniaca, il risultato della nefasta alleanza della paziente con le forze maligne. Come evidenziato dall’ineffabile Agostino d’Ippona i piaceri carnali sono intrinsecamente legati al male e alla concupiscenza, proprio lui che scrisse: ”Signore dammi la castità e la continenza, ma non subito”!. Agostino realizzò e descrisse una serie di esorcismi, che probabilmente coinvolsero molti malati mentali: nei suoi scritti, tuttavia, l’isteria non viene mai nominata.
Con la bolla imperiale di Carlo Magno la “stregoneria e l’evocazione del maligno” vennero ufficialmente punite e le donne definite isteriche considerate streghe e ninfomani (gli uomini affetti da satiriasi non furono mai condannati): nei secoli stragi, torture e sevizie colpirono migliaia di donne innocenti.
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Alla fine del Quattrocento, nel 1487, fu promulgato il “Malleus Maleficarum”, “Il martello delle streghe”, da parte di due monaci domenicani, tali Kramer e Sprenger, incaricati da papa Innocenzo VII di estirpare il male portato dalle donne. Immediatamente fu adottato dall’Inquisizione e divenne causa di un’infinità di persecuzioni e ingiustizie, diffondendosi rapidamente in tutta Europa. Dalla descrizione delle vittime ricavate dai verbali (giovani donne, vedove, persino suore), emerge come gran parte delle vittime soffrisse di manifestazioni isteriche (cecità e paralisi artificiale, convulsioni). Secondo il “Malleus Maleficarum”, le donne sono molto più inclini a essere possedute per loro stessa natura, esse sono un “animale imperfetto che inganna sempre”.
Un passo decisivo per slegare il disagio psichico dalle superstizioni religiose e per lo sviluppo delle teorie sulle malattie nervose fu, nel 1656, l’apertura del Salpêtrière di Parigi, un grande ospedale spacciato come opera di carità nei confronti dei mendicanti ma presto trasformatosi in un manicomio per i reietti della società, nonché in un luogo per sperimentare nuove cure e terapie.
Il suo più famoso direttore, Philippe Pinel, nel 1793 per primo abolì catene ed esorcismi.
Proprio al Salpêtrière cominciò a lavorare Sigmund Freud, che nei suoi “Studi sull’isteria”, ricondusse l’isteria alla repressione del desiderio sessuale, eliminando definitivamente la teoria dell’utero errante. Freud condusse le sue ricerche su pazienti di entrambi i sessi, ma stabilì anche che si trattasse di una malattia prettamente femminile, perché la repressione del desiderio è connessa al ruolo che la donna assume nella società.
Per tutto l’Ottocento i medici perseverarono nel praticare sulle pazienti che presentavano i sintomi ricondotti all’isteria la tecnica del “parossismo” , ovvero la masturbazione clitoridea o vaginale, al fine di condurle all’orgasmo, che ovviamente non veniva riconosciuto come tale, in quanto era opinione comune che la donna non provasse piacere.
Le pazienti tipo erano vedove o nubili, comunque donne che non avevano rapporti sessuali a cui veniva prescritta la cura del riposo segregate in casa a letto per mesi, le più sfortunate, che magari erano epilettiche o depresse, venivano confinate in manicomio, oppure sottoposte a trattamenti scellerati quali l’isterectomia o iniezioni di sostanze sperimentali nell’utero.
L’isteria, o più in generale il pregiudizio secondo cui le donne sarebbero unicamente guidate dal loro utero, ha avuto conseguenze più ampie oltre l’ambito psichiatrico. Ad esempio, un’argomentazione usata contro il suffragio femminile era che le donne fossero troppo instabili per partecipare alla vita politica , e quindi votare.
In Italia, fino al 1963, la donna non poteva accedere al concorso per la magistratura perché “è fatua, è leggera, è superficiale, emotiva, passionale, impulsiva, testardetta anzichenò, approssimativa sempre, negata quasi sempre alla logica, dominata dal pietismo, che non è la pietà; e quindi inadatta a valutare obbiettivamente”. In una parola: isterica, e questa era la Magistratura italiana a vent’anni dalla fine del Fascismo, ligia ora come all’ora al codice Rocco!
Nella seconda metà del’900 la comparsa della psicanalisi fece crollare i casi di isteria a favore di diagnosi di depressione o di disturbi mentali e finalmente ne1987 la nevrosi isterica scomparve nei manuali dal novero dei disturbi mentali.
Tornando a piè pari ad Adamo ed Eva li ritroviamo che era ormai buio quando uscirono dal paradiso terrestre e si scoprirono in un mondo sconosciuto e ostile.
Si costruirono una capanna per ripararsi e si riposarono per sette giorni vista la fatica occorsa alla quale non erano preparati, alla fine di quel giorno, attanagliati dalla fame uscirono alla ricerca di cibo con il pensiero rivolto al ben di dio che avevano mangiato in precedenza, e per altri sette giorni cercarono prelibatezze, ma ormai erano sulla Terra e, presa da sconforto, Eva chiese ad Adamo di ucciderla e sacrificarla a Dio in espiazione del suo peccato, sicura che Lui avrebbe perdonato almeno il suo uomo, il quale, inorridito dalla proposta e non disposto a rimanere da solo nella merda nella quale si erano cacciati, Adamo cercò per altri nove giorni delicatezze da mangiare, ma non trovò altro che cibo adatto alle belve e al bestiame, altro che il buon cibo mangiato in paradiso…
Come può sembrare i nostri progenitori non avevano altra preoccupazione che mangiar bene! Tutto il resto dei danni causati dal peccato originale era marginale: l’importante era il buon cibo e, d’altra parte, a stomaco pieno e soddisfatto la vita è migliore.
Da questi fatti e considerazioni si può ben capire perché il “peccato di gola” non sia una colpa da poco.
Così ad Adamo venne l’idea di fare penitenza per indurre il Signore a compassione e a far in modo che Lui pensasse almeno al loro sostentamento gastronomico e decise di fare buon viso a cattivo gioco optando per rendere il loro digiuno forzato almeno utile, adottò il sistema delle abluzioni: mandò Eva nel fiume Tigri e le ordinò di “stare a mollo” in piedi su di una pietra per trentasette giorni con l’acqua fino a coprirle la bocca, in modo che stesse zitta e non potesse più parlare, e lui si immerse in mezzo al fiume Giordano per quaranta giorni chiedendo ai pesci e a tutte le creature marine di percuoterlo su tutto il corpo, così tanto che essi morirono di stanchezza ed il fiume da allora si trasformò nel Mar Morto e le sue acque divennero immote.
A Satana non passarono inosservate queste strane manovre dei due e, preoccupato che ottenessero il perdono, decise di tentare ancora una volta la donna, anello debole della coppia, e così al diciottesimo giorno dell’immersione, né uno di più né uno di meno, si presentò ad Eva travestito da angelo preoccupato della sua sorte e le disse:”Esci dunque dal fiume e non piangere più perché il Signore ha ascoltato il tuo lamento e ti ha perdonato, tanto che ha inviato me a darti il cibo succulento a cui eri tanto abituata.”
Cedette subito Eva, dicono gli antichi rabbini misogini, uscì dalle acque del Tigri in anticipo sui tempi dell’espiazione e portò Satana da Adamo sul Giordano quasi morto.
“Di nuovo!?!” sbottò lui più basito che arrabbiato “come hai potuto farti sedurre ancora una volta dal diavolo? Dove è finito il tuo pentimento se ancora non riconosci il nostro nemico anche se travestito?”, pentita e disperata lei maledisse nuovamente Satana e lui, ancora innamorato di lei, sentendosi ulteriormente respinto scomparve, e Adamo allungò di altri otto giorni il suo bagno nel Giordano pur di non vedere Eva.
Stufo di queste situazioni Adamo si prese il primo “periodo sabbatico” della storia e abbandonò Eva per un periodo di130 anni e, interpretano sempre i rabbini in un brano dello Zohar, “Libro dello Splendore”, andò a trovare la sua vecchia fiamma Lilith che continuava a vivere sul mar Rosso.
“Qabblah”, la “Cabala” afferma che durante questo periodo egli sprecò accidentalmente il proprio seme fecondando la terra la quale partorì ogni sorta di demoni ma, più che altro, ritrovare Lilith e copulare con lei generò delle conseguenze inimmaginabili: in un brano dello Talmud sembra chiara l’indicazione che l’unione tra Adamo e Lilith generò Caino, figlio dunque adulterino e non di Eva, a peccato si aggiungeva peccato e l’umanità che non esisteva ancora già correva verso il baratro…
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Foto: pixabay.com
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Apostata Per Vocazione ritorna lunedì 26 dicembre
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Tralascio di esprimere il mio pensiero sui trattamenti che le donne, a partire da Eva, hanno subito nei secoli: è già stato abbastanza chiaro Guido, in questo articolo. Volevo invece dire qualcosa sull’impressione che ho avuto su due figure maschili oggetto anch’esse della trattazione odierna: mi riferisco a Dio e Adamo, che dal mio punto di vista non ne escono tanto bene nemmeno oggi. Mi ha fatto sorridere il pensiero di un Creatore che per rilassarsi dopo le controversie con i suoi inquilini dell’Eden si dà al bricolage compulsivo. Evidentemente la mancanza di un amico che gli suggerisse di farsi una lunga dormita ristoratrice ha inciso parecchio sugli eventi successivi. È palese che a un certo punto Egli fosse stanco e necessitasse di fermarsi un pochino, ma invece di inventarsi, chessò, il rito della pausa caffè, ha voluto strafare istituendo “l’intervallo” (proprio come nelle scuole a metà mattinata) solo che senza riflettere bene sulla denominazione, lo chiamò “ricreazione” e mal glie ne incolse… si vide immediatamente costretto a far ripartire la produzione: un mulo, il capro espiatorio, il decalogo, delle tavole su cui inciderlo (inizialmente aveva pensato a un supporto cartaceo ma optò poi per la pietra, più duratura) poi fece una verga per Aronne, che a suo tempo sarebbe anche fiorita… insomma durante la ricreazione non è che potesse ri-creare le stesse cose e si mise a lavorare di fantasia perchè, anche se non aveva ancora dei “competitor” ci teneva che il suo “brand” non avesse eguali.
Quell’ansia di Dio, costretto a fare e fare continuamente, mi ha fatto pensare a quei pensionati che persistono nel lavorare anche dopo, perchè non sanno stare fermi un minuto; quelli che, in mancanza di una occupazione purchessìa, lasciano l’auto parcheggiata in strada per poter tenere nel garage il banco da lavoro con la morsa, la saldatrice, il flessibile, trapani, seghe, le chiavi a brugola e sfaccendano tutto il giorno pur di avere le mani occupate.
Guido ci racconta che, con divina lungimiranza, il Signore si tenne in serbo l’arcobaleno per un’occasione un po’ speciale (la fine del diluvio); in realtà non avrebbe mai potuto esibirlo prima, perchè avrebbe dovuto anzitutto creare la pioggia (non gli era ancora ben chiaro il nesso tra causa ed effetto ma ci azzeccò lo stesso)
Sulla bussola, invece oserei dire che Dio abbia glissato volutamente: siccome l’ago magnetico è stato un’invenzione dei Cinesi, il Signore si rese subito conto che, non sapendo precisamente chi tra loro l’avrebbe scoperta, doveva crearli tutti in una volta e sai che lavoraccio dover impastare tutto quel fango, senza avere nemmeno una betoniera, e poi cavare da ciascuno una costola per fornirgli un buon mezzo miliardo di mogli… fra sè e sè si sarà detto: “ma che… devo fare sempre tutto io?” e lasciò perdere; il risultato furono quarant’anni di peregrinazioni per gli ebrei nel deserto! In conseguenza di ciò Egli dovette però provvedere ancora con la manna, poi con l’acqua dalle rocce… sempre un mare di cose da fare e, poverino, un giorno, sconsolato, disse: chi è causa del suo mal pianga se stesso (frase giunta fino ai giorni nostri grazie a Dante Alighieri che adattò il concetto in un verso del canto XXIX dell’Inferno) Una fatica che il Padreterno poteva almeno risparmiarsi, però, è l’asina di Balaam, perchè anche questa è arrivata purtroppo fino a noi; sappiamo che il simpatico animale parlava per conto di Dio, mentre oggigiorno è pieno il mondo di asini che parlano per conto proprio o, ancora peggio, per conto di qualche segretario di partito che non sto qui a nominare perchè la lista sarebbe troppo lunga.
Sono certo che al Creatore rodesse parecchio la faccenda di Adamo; il suo primo tentativo con l’essere umano si rivelò più una macchia nel suo curricolo che non un capolavoro di cui andare fiero. Il primo uomo si rivelò infatti un inetto, scansafatiche e dotato anche di scarsa intelligenza. Non si spiega altrimenti il fatto che dovesse intervenire un angelo per insegnare ad Adamo come posizionare un bue rispetto all’aratro (lui sarebbe stato capace di metterglielo davanti al muso e attaccarlo alle corna) e a me, da vecchio boy scout fa inorridire apprendere che, pur avendo due pietre focaie, Adamo si sia dovuto far spiegare come accendere il fuoco! Ho anche un sospetto, che non è comprovato da citazioni nella letteratura, ma che spiegherebbe secondo me un altro fatto increscioso. Io penso che per comunicare ad Adamo un qualcosa del tipo: “guarda che Dio non manderà sempre me a tirarti su le braghe…” l’angelo gli abbia detto una frase sul genere di “è l’aratro che traccia il solco ma è la spada che lo difende” per far giungere il messaggio di aver cura del proprio lavoro e proteggerne i frutti. Ma Adamo avrà sicuramente equivocato sul concetto di “spada” (che, non dimentichiamolo, è un simbolo fallico) ed ecco spiegato perchè finì con l’inseminare la terra, generando orribili mostri (tra i più noti ci sono Hitler, Stalin, Bokassa, Pol Pot, Putin…) Solo dopo una terribile tirata d’orecchi da parte del solito angelo il nostro progenitore capì finalmente il meccanismo e corse subito da Lilith per fare esercizio. Inventò così l’adulterio, e riuscì a generare il primo figlio illegittimo di cui si abbia memoria.
Una storia proprio edificante! Per fortuna è tutta una favola, ma non andate a raccontarla ai vostri nipotini, perchè potreste doverla concludere con la frase: e vivemmo tutti sfelici e scontenti…
Nota: in realtà il capro espiatorio non è quello che venne sacrificato al posto di Isacco; esso ha origine in altre circostanze della tradizione ebraica ed è connesso al rito del kippūr, ma nella mia libera interpretazione poteva rendere l’idea. Tuttavia, conoscendo la precisione di Guido circa i fatti storici, prima che mi corregga lui, preferisco rettificare da solo; al posto di “capro espiatorio” leggasi allora: “lo sfigato di turno”.
Il piacere di leggervi è pari al disagio di non potervi riabbracciare per la lontananza solo fisica. Cari Guido e Claudio, mi provocate scariche di adrenalina, di endorfina, di serotonina, quando leggo i vostri articoli. Tra le righe ci sono anni, anni ed anni di scarpinate sotto qualunque situazione metereologica. Di giorno, di notte, sotto il sole cocente, il freddo pungente, la notte in una valle Argentera percorsa sotto un cielo stellato, nel silenzio più assoluto sotto la neve, con le pelli di foca agli sci. Ci sono le calate in corda doppia giù per un canalone buio in grotta, a Crissolo. Ci sono le palestre di roccia a Vinadio, ad Avigliana, dove il nostro pseudo istruttore cadde per eccesso di sbadataggine ( della serie: vi dimostro che scendo in corda doppia, anche se non ho verificato la correttezza dell’imbragatura…) e noi che guardandolo steso a terra, continuavamo a mangiare i torcetti squisiti. Imparammo quel giorno a prendere con senso critico qualunque istruzione degli insegnanti. Tutti possono sbagliare. Proprio tutti.
I fogli bianchi delle proteste dei cinesi con le palle in giostra, contro il potere asfissiante delle cc.dd. autorità, sono la dimostrazione che le norme vanno rispettate, quando sono giuste, ma che, soprattutto le persone ed i loro diritti fondamentali, vanno rispettate. Questo lo sanno bene i regimi confessionali, o assolutistici, che sono spesso costretti ad eliminare fisicamente gli oppositori. Con l’omicidio, la deportazione, l’esilio. Anche Dante fu vittima di una tale pratica idiota. Le leggi sono scritte da uomini. I libri cc.dd. sacri, lo stesso.
Per le donne che pensavano, che avevano una coscienza critica, fu messa a punto una tecnica più originale, per modo di dire: chi aveva l’ardire di pensare, era ispirata dal maligno. Per farle confessare si faceva uso della tortura. Ogni confessione era estorta con la forza della violenza. Anche la pena di morte doveva, a volte, essere preceduta da sofferenze infinite. Si deve arrivare a Cesare Beccaria con: “Dei delitti e delle pene”, nel 1764, per porre un freno alla stupida, quanto inutile, pratica di torturare il, o la, sospettato. Tutto dietro le spalle? Solo un ricordo del passato? NO! Giulio Reggeni è stato torturato per giorni. Come lui ogni giorno gli aguzzini, i professionisti del dolore indotto, fanno pratica di torture che non portano velocemente alla morte, ma devono tenere in vita per giorni, il detenuto.
Al male non c’è fine. La luce contiene tutti i colori dell’iride. Le stelle ci guardano anche di giorno. I malvagi non hanno futuro. Saremo sempre pronti a combattere il tiranno. Per l’imbecillità ci stiamo attrezzando.