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Cosa faccio durante le mie giornate? Un dolce fare che mi permette d’incontrare…
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Come già ampiamente raccontato su queste pagine virtuali, sono in pensione o se preferite in pre-pensionamento, da oltre quattro mesi, e come più volte sottolineato non vado a vedere i cantieri. Cosa faccio durante il giorno? Oltre che dedicarmi agli affetti e passando momenti di dolce far niente, sono impegnato in diverse attività.
In primis a bradipodiario, cercando di far crescere nei migliori dei modi questo progetto, partecipo alle attività della Portineria di comunità di Borgo San Paolo – con una abitante (così si chiamano gli iscritti) sono andato a volantinare davanti ad un scuola, cosa che non facevo da trent’anni – dedico alcune ore alla settimana all’onlus Compassion, sto cercando di terminare un romanzo, faccio parte del gruppo che si occupa al sabato pomeriggio di far visitare il Tempio Valdese di corso Vittorio Emanuele a Torino, sto lavorando ad una nuova trasmissione radiofonica, e forse dimentico qualcosa…
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Troppe cose? Non sembrerebbe ad un primo momento una vita da bradipo! É invece sì, perché essere lenti non significa far nulla, non far nulla porta all’apatia, all’indifferenza, alla noia.
Un buon bradipo si occupa oltre che di se stesso, degli altri, di quello che lo circonda, con ritmi che consentano di conoscere, approfondire, osservare.
Non intendo rubarvi altro tempo, però il mio convinto e deciso invito, e non solo per chi vive la mia attuale condizione, e di aprire la finestra – mente – di casa propria, metaforicamente s’intende visti le continue giornate piovose che caratterizzano questo mese di giugno almeno qui nella città della Mole… cercando di scoprire quali sono le proprie passioni, interessi, e trasformarle in qualcosa di concreto che riempiano la vostra anima, non scegliete cose che riempiano le vostre giornate – faccio qualsiasi cosa pur di non annoiarmi – perché in quel caso rischiate di entrare in un circolo vizioso, molto simile a quello che molti pre e adolescenti sono costretti a vivere: corsi e lezioni tipo in una sorta di parcheggio inutile e vuoto.
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E dopo tante righe arrivo a raccontarvi la piccola storia quotidiana di questo mese, non facile da descrivere in forma scritta, servirebbe un bravo comico che sappia mettere gli accenti giusti alle varie parti, ma visto che non ho conoscenze in questo campo vi dovete accontentare del mio racconto.
Per introdurvi vi chiedo se conoscete la serie della BBC George e Mildred, andata in onda in Italia tra la fine degli anni ’70 e i primi anni ’80, che ancora oggi viene replicata su diverse emittenti locali, avrei potuto associare la mia storia anche a Sandra e Raimondo, ma credo che i personaggi da me incontrati siano molto più simili ai protagonisti del telefilm inglese, con una lei che domina la scena, e un lui che subisce reagendo con qualche verso e nulla più.
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La scena si svolge su una delle tante linee del servizio pubblico torinese, esattamente al suo capolinea – aggiungo che ero reduce dalla bella camminata organizzata dal nostro collettivo con il nostro amico e cantautore Fabio Caucino e di conseguenza soddisfatto e allegro per le ore appena trascorse – trovo facilmente posto a sedere e dopo pochi istanti sale una coppia, diciamo sulla sessantina, e qui inizia una pantomima degna dei protagonisti televisivi.
Lei si siede nel posto vicino all’uscita anteriore, Lui sul lato opposto, e dopo pochi secondi cambia posto, cosa che farà decine di volte, senza un preciso motivo, sino a quando il mezzo si riempie – dopo diverse fermate – costretto così a non potersi più spostare. É qui entra in scena Lei, appena si accorge che il marito non è più sotto la sua vista, lo rimprovera e sottolinea il motivo con queste parole: non ti devi spostare, se non ti vedo mi preoccupo, e cerca di capire che devi stare seduto lì, lo capisci o non lo capisci che devi rimanere seduto li. Lui incurante delle parole della moglie prosegue imperterrito nel suo giochetto, senza proferire parole, emettendo solo qualche piccolo brontolio.
Questa scenetta si è sviluppata sotto i miei occhi per oltre 30 minuti, tra la pausa al capolinea e il tempo di percorrenza, con l’aggiunta che i rimproveri ad alta voce di Lei erano in dialetto – non importa quale – cosa che ha ulteriormente trasformato il tutto in una situazione comica. Non so se sono riuscito a farvi immaginare la scena, vi posso garantire che per non ridere in faccia ai protagonisti ho iniziato a guardare il cellulare senza un perché e in seguito ho iniziato a messaggiare con mia figlia raccontandogli la divertente situazione.
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Alle volte, almeno ai miei occhi, le situazioni quotidiane possono diventare assurde, comiche, surreali, e muovendomi esclusivamente a piedi e con mezzi pubblici, di avvenimenti divertenti ne ho vissute diversi, come quella volta che una signora disse alla sua interlocutrice al telefono che aveva spedita una busta di fotografie con la posta proletaria anziché con la posta prioritaria, oppure un’altra signora che rivolgendosi all’autista chiese dove doveva scendere per andare alla fattoria per pagare una cartella esattoriale, naturalmente si riferiva all’esattoria e non in un luogo dove si allevano animali o si coltivano generi alimentari.
Potrei quasi farne una rubrica dove racconto queste situazioni, che hanno un pregio, quello di far strappare un sorriso e qualche volta una risata convinta, inconsapevolmente da parte dei protagonisti, ma forse per questo più vera e sincera.
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Permettetemi di concludere con un ricordo di chi con la sua fossetta sul mento ci ha divertito e fatto ridere purtroppo per pochi anni, ciao Francesco, e invitandovi ad ascoltare questa canzone.
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Foto: piaxabay.com
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Piccole Storie Quotidiane ritorna mercoledì 12 luglio
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