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Non possiamo prevedere il futuro ma possiamo crearlo. (George Eliot)
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In Etiopia si gioca con il tempo ed anche io mi sono prestato a questo gioco scrivendo dell’Etiopia. Non so se tutti lo sanno ma in questo Paese africano il quadrante dell’orologio ed il calendario hanno computi propri. La misurazione del tempo è sempre divisa in due quadranti di 12 ore ciascuno, ma anziché partire dalla mezza notte si parte dalle 6 del mattino. Quindi, in definitiva, la loro prima ora non è all’una di notte bensì alle sette del mattino. A questo si aggiunge, per chi viaggia da altre nazioni del mondo, il fuso orario. Immagino che qualcuno dei miei pazienti lettori si stia sbizzarrendo con i calcoli, altri invece non vorranno pensaci per la sua laboriosità.
Il calendario etiopico inizia l’11 Settembre, il 12 quando l’anno è bisestile ed i mesi non sono dodici, ma bensì tredici che si suddividono in dodici mesi da trenta giorni ed il tredicesimo mese ha cinque o sei giorni a seconda se l’anno è bisestile o meno. A dirla tutta, giusto per complicare ulteriormente il gioco del tempo, il computo degli anni in Etiopia è sette anni indietro rispetto al calendario occidentale. Il tragico evento delle Torri Gemelle di NY è avvenuto il giorno del Capodanno etiopico del 1994. Perdonate il paragone appena fatto, ma sappiamo che per noi il tempo è fatto di eventi paradigma e diciamo che spesso, da questi eventi, determiniamo il giogo perverso del tempo, in un prima ed un dopo. Il Capodanno segna un limite del tempo, che non può viaggiare all’infinito per la nostra finita mente, ma gli eventi nei 365 giorni che lo compongono, segnano sempre un pre ed un post.
Per chi mi legge mensilmente questa è l’ultima volta che “facciamo tappa” in Etiopia e non posso lasciare idealmente questo Paese, così particolare, se non raccontandovi qualcosa della sua capitale. Siamo abituati a datare le capitali delle nostre nazioni molto in là nel tempo, mentre Addis Abeba è una città di recente fondazione. Nel 1889 il Re Menelik II scelse questo altipiano (2.400 mt s.l.m.) per costruire una capitale che si rivolgesse al futuro, concepita in termini moderni, o meglio, secondo i canoni che a fine del XIX erano ritenuti moderni. Voleva proiettarla nel nuovo secolo rendendola città simbolo per l’Africa, che fino ad allora non aveva avuto un occupante coloniale in pianta stabile. Questo sogno è durato solo qualche decennio, fino a quando le truppe italiane entrarono in questo Paese libero rendendolo simbolo di un Impero italiano che ebbe di Impero solo il nome riecheggiante antichi fasti capitolini, anche qui, passato e futuro si dovevano tragicamente intrecciare.
Il nome della città, tradotto dall’amarico, è “nuovo fiore”. Un nome che non fa riferimento alcuno all’antichissima storia di questo Paese, nessun richiamo militare, nessuna ostentazione di prestigio storico od epico, ma solo un nome che potremmo definire poetico, ma che in sé ha la forza rievocativa di bellezza e delicatezza: una capitale del futuro che richiama una metonimia. Il Re piantò foreste di eucalipti, pianta originaria dell’Oceania, un sempreverde che è apprezzata per il suo legname e per gli olii che da essa sono prodotti sia a scopo farmaceutico che estetico, a memoria di un nome che da “nuovo fiore” diventa “nuova pianta”, pianta straniera ma che sa vivere entro confini non propri. Anche in questo forse, Menelik II, cercò di essere, a suo modo, profetico.
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La storia di questa città non è il passato, come spesso le capitali europee hanno in sé, ma il futuro. Il futuro che è proiezione naturale di ciò che siamo, vista l’esiguità del tempo presente, che al solo nominarlo è già passato e la irrimediabilità del passato che non può esser riportato indietro. Il futuro è quel che a mani vuote si presenta costantemente, quella frazione infinitesimale di tempo, frazionabile, atomizzabile, che si ripresenta e che in questo arco brevissimo materializza la realtà e cesella i sogni e le speranze. Questo era il sogno di un Re, materializzare la forza dell’indipendenza di un popolo, costruire la memoria del passato attraverso un “nuovo fiore”, in un intreccio temporale che solo chi sa essere ottimista può immaginare.
Il “Nuovo Fiore” è la Capitale dell’Unione Africana, una istituzione che cerca di cancellare il passato coloniale, ripensare un futuro per il Continente e laboratorio di tutte le contraddizioni che gli ultimi due secoli hanno segnato la sua storia: sviluppo economico fragile, crescita demografica, guerre e microconflitti e povertà diffusamente presente.
E’ la capitale della religione, molto contemporanea, del Rastafarianesimo (Ras=capo Tafari=terribile), incarnata dal Re Etiopico Hailé Selassié I, alla cui incoronazione, i rastafariani, pensarono alla seconda venuta di Gesù Cristo, una sorta di teofania politico-religiosa che avrebbe unito idealmente, le vestigia del Re Salomone con la Regina di Saba del Primo Testamento, le profezie del Secondo Testamento circa il ritorno escatologico del Messia, in una veste futura di una nuova religione anch’essa liberatoria. Sono categorie lontanissime le une dalle altre ma frutto di una idea di un futuro, sempre idealizzato come liberatorio, affrancatorio e definitivo. Il futuro che congela lo scorrere del tempo in una proiezione redentrice, che l’uomo non saprà mai produrre ma che agogna da millenni.
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Foto: Rino Sciaraffa
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Il Mondo In Parole Povere ritorna a settembre
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Grazie Rino, questo articolo mi sarà utile nel breve, quando Kemi, ragazzo Etiope, verrà per qualche giorno in Italia.
Sempre eccellente ciò che fai.
Luca
Grazie caro Luca per il tuo commento. Sempre molto apprezzato
Grazie Rino per questo contenuto veramente interessante…
Un articolo arricchente e coinvolgente!!
Grazie cara Laura del tuo commento. Un forte abbraccio
Grazie Rino questo popolo e questa nazione fanno un po’ parte anche della nostra storia molti edifici sono stati costruiti da italiani e molti nostri avi hanno lavorato lì e dalle loro testimonianze ho compreso che quel popolo ha notevoli cose meravigliose come la loro religione ed il loro legame con il popolo ebraico.
Si Alessandro, una storia stratificata nel tempo con sovrapposizioni culturali e religiose. In effetti questo era un pò il senso delle mie narrazioni.
Grazie del tuo commento
Grazie, Rino, per questo ricco e istruttivo articolo sull’Etiopia tra passato, presente e futuro. A nessun popolo si deve negare il sogno di una rinascita o di un riscatto; l’Italia ha l’obbligo morale di aiutare quel popolo a realizzare il suo sogno per farsi perdonare le colpe colonialiste e per un principio di pura umanità.
Caro Aldo, si hai ragione. A nessun popolo si deve negare il sogno di rinascita o di riscatto… La Storia (con la S maiuscola) spesso è il viatico privilegiato dove i diritti fondamentali dei popoli vengono spesso negati.
Quanto è meticolosa la percezione dell’importanza della scansione temporale che scaturisce – attraverso le tue descrizioni estremamente esaustive – da questa popolazione che, proprio come il significato del nome della capitale, quasi perpetua il desiderio di una nuova costante fioritura. Grazie, carissimo Rino, per averci in qualche modo guidati alla conoscenza di persone e luoghi che attraversano il tempo rimanendo, come dire, perenni o sempreverdi.
Grazie a te Filippo che mensilmente, con un tempismo perfetto (parlando di tempo) leggi e commenti i miei brevi racconti. Un caro abbraccio.
Grazie Rino per questo stupendo articolo molto interessante.Leggendolo ho scoperto qualcosa di nuovo che non conoscevo, quindi grazie davvero.
Grazie Simone del tuo commento e sono contento di poter cogliere aspetti sconosciuti nei miei brevi racconti.
Grazie Rino, sempre bello relazionarsi con il tempo. Sorprendente come un popolo con un passato ricco e onorabile protenda verso un futuro che arrechi nuova speranza. Anche la nostra vita acquista di significato quando lavoriamo a cose che durano nel tempo e oltre. Immaginiamo…
Caro Marco, si il tempo è quell’oggetto “misterioso” che avvolge tutti noi… grazie anche della tua riflessione di vita.
Grazie Rino per avermi illustrato un mondo che non conoscevo e come porti a riflettere sulla realtà del tempo
Grazie a te Bruno del tuo commento.
Grazie Rino, pochi minuti per immergersi con leggerezza e sobrietà in un paese lontano da noi, eppure così vicino, visti i tanti legami che abbiamo. Uno spaccato fra storia e geografia, con tanti piccoli dettagli che ti fanno sentire lì.
Grazie caro Elvio per il tuo commento.