Scuola

di Enea Solinas

____

Una formazione per incentivare la solidarietà e la corresponsabilità

 ____________________________________________________________________________

___

A inizio luglio si sono svolti i due eventi che vi avevo preannunciato nella scorsa puntata di questa rubrica.

Mi concentro qui nel tentativo di darvi un approssimativo riassunto della summer school per attivatori di comunità.

Intanto comincio con la constatazione che la scuola attiva i partecipanti. È stata una bella condivisione di nozioni, strumenti, saperi e curiosità (molte domande) relativamente alla reinvenzione progettuale di gruppi sociali che convivono una prossimità. Con questa accezione ci si è smarcati dal rischio di una concezione identitaria fondata su aspetti di facciata o di appartenenza particolare. Ma anche sul rischio di intendere questi interventi come paternalistici e passivizzanti rispetto ai soggetti e alle persone che se mai vengono coinvolte nel processo come portatrici di vissuti, competenze, conoscenze e capacità oltre che di bisogni.

La ricerca-azione delinea questo tipo di mutualismo e di coinvolgimento reciproco. Non un agire per bensì con… dunque la comunità come risorsa latente, rizomatica, di partecipazione e impegno del proprio tempo, delle capacità relazionali, della possibilità di porre richieste e proposte.

La comunità intesa antropologicamente come fondata su riti e modalità di riconoscimento (tra i quali vi è anche il conflitto) e come idea progettuale politica come soggetto costantemente in fieri e apportatore di una trasformazione o cambiamento sociale, concreto e valutabile.

Un’idea che si discosta dalla cultura di derivazione accademica top-down, che è intrinsecamente sociale e che si differenzia dai ritmi e dalle trappole di distrazione di massa dell’intrattenimento.

Che sa fare i compromessi col mondo e i linguaggi tecnici predominanti, ma costituisce verosimilmente azioni generative che originano dalle storie delle persone. Intrecciano le loro identità (molteplici) e sviluppano possibilità di emancipazione e conoscenza. O collaborazione tra enti che adottano modelli differenti d’intervento, ma che possono trovare fertili convergenze almeno nel merito di alcune questioni di rilevanza sociale.

A mio avviso anche un essere partecipi più consapevoli di questa fase storica, che ha visto il depauperarsi delle politiche attive tese alla giustizia sociale, ma che offre opportunità di partecipazione e concretizzazione a partire dalla responsabilità e dall’attivismo civico delle singole persone e dei gruppi. I progetti di vita personale incrociano e incontrano la critica costruttiva e la partecipazione politica alla vita cittadina o territoriale (di una metropoli, di un piccolo comune o di una valle montana). Il disfacimento e lo spaesamento può essere trasformato dandosi reciprocamente opportunità di re-invienzione del proprio io sociale, nutrendo al contempo una generatività e una ricerca dell’io interiore, fluido e duttile ai cambiamenti. Le differenze coesistono e divergono, ma pure attraversando situazioni di condivisione e reciprocità.

Verosimilmente, sono azioni che tendono a non avere una vocazione proprietaria, ma ne difendono l’originale innovazione così peculiare da modelli altrettanto legittimi e validi, ma non sempre altrettanto efficaci nel raggiungimento di obiettivi concreti.

Occorre non contemplare ma constatare il regime contemporaneo di una ibrida commistione di economia sociale di mercato, a fronte di decenni di arretratezza e riduzionismo in molti settori delle istituzioni pubbliche. Quest’era post-pandemica rappresenta tuttavia un’eccezionale soglia di re-invenzione e attivazione. Occorre esserne consapevoli e non farsi false aspettative ed illusioni.

Non voglio idealizzare troppo – come tante volte è mia tendenza – ma con gratitudine faccio atto di testimonianza di questa collaborazione e di questa impostazione.

___

So bene che alla mia inquietudine si accompagna una grande curiosità e nelle mie prospettive e intenzioni c’è la volontà di continuare a coltivare questa esplorazione di differenze e diversificare gli ambiti e luoghi di partecipazione e collaborazione. Dosando energie, e dando tempo alla comprensione delle differenze e delle possibili convergenze. Qualcosa di inospitale e selvaggio abitano la mia presenza nel mondo e forse è la latenza di un sostrato preistorico. La cultura come elemento acquisito e formato dovrebbe avere la possibilità di contemplarne gli scarti, le divergenze, e le improvvise svolte. E questo ho sentito vieppiù possibile in un intreccio tra le due dimensioni sociale, collettiva e individuale e solitaria. Non credo sia una condizione anomala, ma può generare (per fortuna!) anche delle curiose anomalie. Talvolta imbarazzanti, come certi pensieri che non hanno nulla di “urbano”.

Questa attitudine a comprendere con lentezza è un lavoro di mente cuore e corpo. È anche un esercizio di accettazione indiretto su ciò che in passato mi ha illuso e travolto, talvolta per fragilità personale, altre volte per eccesso di entusiasmo.

Entusiasmo… una parola pericolosa. Il poeta preromantico Novalis lo annoverava tra le passioni violente. Che bruciano e affrettano. Talvolta è un contravveleno alle passioni tristi di un’epoca particolarmente nichilista. Ma come ogni contravveleno può essere altrettanto tossico, e va dosato con cura.

Preferisco indugiare ed essere concentrato tanto nel sentire del qui e ora che nel seguire senza fretta molteplici prospettive, diversi orizzonti desideranti. Di carattere esistenziale e civile. Se poi mi attraverseranno pensieri osceni sullo stato dell’arte di questa epoca storica, cercherò di essere sobrio e pacato.

James Graham Ballard sosteneva che più invecchiava più diventava comunista. È stato un narratore profetico e avanti sui tempi, per stile (asciutto, clinico) e per immaginazione e tematiche. Distopico ma con raziocinio e intuizioni preveggenti. Oggi forse si sentirebbe un esiliato che avrebbe molta materia da utilizzare per la sua scrittura.

Parafrasandolo confesso che più invecchio più divento bradipo. E un po’ esiliato o esule o navigatore solitario, mi ci sento anch’io. La lentezza fa bene tanto all’attenzione, che alla memoria e alla capacità di prendere delle decisioni.

So di non sapere cosa mi attende il futuro. Qualche indicazione e direzione l’ho intrapresa. So che tra le mie identità molteplici che la mia storia mi consegna c’è anche quella di attivatore di comunità.

Non mi cristallizzo su questa identificazione, ma sono contento che la ricerca continui con delle conoscenze e competenze in più e una più consapevole considerazione della contemporaneità.

Questo è l’ultimo piccolo diario di portineria e il mio ultimo articolo per bradipodiario, prima di una pausa indeterminata.

La mia collaborazione continua, le mie riflessioni su questi e altri temi trasmigreranno altrove.

Mi prendo una sospensione dalla pubblicazione sul sito di bradipodiario. Ma ugualmente continuerò a far parte del collettivo. Grazie per l’attenzione e buona continuazione.

___

Foto: Enea Solinas

___

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *