di Andrea Sbaffi Andrea Sbaffi
Siouxie & The Banshees + The Fall + The Wire + Psicho TV, Finsbury Park, London (25 luglio 1987)
Bologna – Market Harborough – Sheffield – Newcastle – Londra – Amsterdam – Parigi. Questo l’itinerario del mio Interrail dell’estate 1987.
Terminata la quarta liceo e appena maggiorenne, si presenta l’occasione per questo viaggio: la FGEI (Federazione Giovanile Evangelica in Italia) mi chiede di rappresentarla ad un campo dei giovani metodisti inglesi (MAYC, Methodist Association of Youth Clubs) a Market Harborough, cittadina nel centro dell’Inghilterra non lontano da Leicester, con tema What a Way to Live.
E’ la prima volta che vado all’estero da solo, proiettato in un campo giovanile con la prospettiva di dover testare il mio inglese e cavarmela… Non è stato facilissimo, ma poteva andare anche peggio!
La cosa più bella che ricordo di quella settimana è la colonna sonora costante, persistente e monotematica, costituita dal nuovo album degli U2: The Joshua Tree! L’album era uscito in primavera, ma dalle nostre parti, pur avendo sentito alcuni brani alla radio e nonostante i tre concerti italiani di maggio, non ci era ancora entrato sottopelle, non avevamo ancora avuto la percezione di quanto fosse importante questa svolta del gruppo irlandese.
L’ho capito in quei giorni: grazie al fondamentale apporto dato da Brian Eno, come produttore e co-arrangiatore, è stato il primo album della maturità della band, superando la già notevole trilogia d’esordio (Boy, October e War, fra il 1980 e il 1983) e dopo la prima collaborazione con lo stesso Eno già nelle vesti di produttore di The Unforgettable Fire del 1984.
In The Joshua Tree, la mano di Eno si sente molto più che nell’album precedente e consente agli U2 di superare lo stereotipo di gruppo militante, figlio del conflitto irlandese, esplorando una dimensione più intima e concettuale.
Da quel momento, a partire dal doppio live Rattle & Hum dell’anno successivo e, soprattutto, i due album dei primi anni novanta (Achtung Baby del 1991 e Zooropa del 1993) gli U2 si collocheranno fra le star del rock mondiale, con lunghissimi tour in giro per il globo ed unanime consenso di critica e pubblico.
Ma torniamo al mio Interrail…
Dopo la settimana del campo MAYC, riesco a trovare un passaggio verso Nord, arrivando fino a Sheffield e da lì, in treno, fino a Newcastle Upon Tyne, ultima città inglese prima del confine con la Scozia, per passare qualche giorno da Graeme Bradley, amico di mio fratello (con cui aveva partecipato anni prima ad un altro campo metodista…), conosciuto l’estate precedente, durante un suo viaggio in Italia.
L’arrivo a Newcastle, città natale di Sting(!), è piuttosto shockante…: dopo un viaggio eterno, raggiungo questa tipica casetta inglese su due piani, con cortile sul retro, che affaccia su una strada interna di servizio (avete presente la casa di Billy Elliot? Uguale…!). Entrato in casa, devo schivare l’enorme canoa del fratello Nigel, abbandonata nel corridoio, a lato della scala per il primo piano.
Neanche il tempo di fare conoscenza con gli altri membri della famiglia e Graeme mi porta al pub “The Blak Horse”, dove ci attendono alcuni amici: lui offre a tutti il primo giro; sto sorseggiando la mia prima pinta di Bitter, quando un amico fa un altro giro; neanche il tempo di finire la prima pinta, che mi arriva la terza… Non ricordo quanti amici si fossero uniti alla brigata, né se sia arrivato a fare un giro per tutti anch’io: so solo che mi sono svegliato la mattina dopo, molto tardi (!), faticando a riconoscere la stanza dove mi trovavo… Perfetto primo approccio con un pub inglese, direi…
I giorni seguenti sono meno traumatici e, in partenza per Londra, mi chiedo se riuscirò a trovare i miei amici italiani, coi quali (in mancanza di cellulari) ci siamo dati da tempo appuntamento il tal giorno alla tal ora in Trafalgar Square, sotto ai leoni alla base del monumento a Horatio Nelson!
Sorprendentemente, riusciamo a trovarci con Matteo e Luca (detto Il Mistico) da Bologna e l’inossidabile Lele, giunto direttamente da Napoli. Trovata sistemazione in un’improbabile ostello, inizia il nostro girovagare da turisti diciottenni nella Londra di metà anni ’80, una vera Mecca per noi figli del post-punk e desiderosi di toccare con mano quella cultura di strada, di contaminazioni e di sperimentazione, che tanto avevamo sognato negli anni precedenti.
I quartieri londinesi, i negozi di dischi e di abbigliamento (è lì che ho comprato i miei primi Dr.Martens – i primi apparsi nel mio liceo bolognese! – e le mie Creeper), ma anche i musei e i luoghi imprescindibili della sterminata Londra, oltre ai pub e ai locali, frequentati da gente improponibile per le nostre, tutto sommato provinciali, città italiane…
In quei giorni ho compreso fino in fondo la teoria della relatività di Einstein: a Bologna, visto il mio look un po’ eccentrico, mi capitava che alcune vecchiette cambiassero marciapiede quando mi incrociavano (chissà poi perché… mica ero cattivo….), mentre in alcune zone di Londra eravamo noi a cambiare marciapede, incrociano alcuni degli improbabili di cui sopra….
A un certo punto, scopriamo che il giorno prima della nostra partenza, ci sarà un concerto al teatro tenda di Finsbury Park, con capofila Siouxie & The Banshees, la regina del gotico inglese: per Lele e me è un richiamo troppo forte e investiamo volentieri le 8 sterline per i biglietti!
La band aveva esordito nel 1976, in piena nascita del movimento punk e, come molte in quel periodo, a fronte del grande fermento che animava musicisti spesso improvvisati, aveva risentito proprio delle difficoltà di reperirne di adeguati ad un progetto professionale in ambito musicale.
Specchio di tale difficoltà, agli esordi si esibirono con alla batteria Sid Vicious, poi noto come bassista dei Sex Pistols!
A supportare per brevi periodi la band, si prodigò anche Robert Smith, che come sappiamo era il fondatore e l’anima dei Cure, che accompagnarono come gruppo spalla i Banshees nel tour del 1979, sull’onda del successo del singolo Hong Kong Garden (che qualcuna/o ricorderà nella colonna sonora del film Marie Antoniette di Sofia Coppola, del 2006).
Nel 1987 avevano, però, già pubblicato i loro album migliori, Kaleidoscope nel 1980 e soprattutto Tinderbox nel 1985, che continua ad essere uno dei miei album preferiti, grazie anche agli arrangiamenti ed alle batterie di Budgie, con cui nel frattempo Siouxie aveva inziato una relazione, quantomai proficua anche sul versante musicale, come testimonia anche il duo The Creatures a partire dal 1983 e a maggior ragione dopo lo scioglimento dei Banshees e il loro matrimonio nel 1991.
Quel pomeriggio del 25 luglio, Lele ed io salutiamo i nostri compagni di viaggio, dandoci appuntamento a London Victoria Station, e ci infiliamo nella metropolitana per raggiungere Finsbury Park, ignari dell’esperienza inedita che ci attende.
In metro incontriamo due ragazze tedesche, emozionate come noi e cariche di aspettative: sarà, anche da questo punto di vista, una bella serata di incontri e di scambi interculturali…
Giunti alla meta, il campionario di varia umanità supera a livello esponenziale quanto abbiamo incontrato nei giorni precedenti: sembra che mezza Brixton (patria indiscussa dei punk londinesi) abbia raggiunto Finsbury Park e, a noi provinciali italiani, tutto ciò incute un misto di ammirazione, rispetto e timore… Ricordo perfettamente un giovane punk con una gamba rotta e le stampelle farsi largo fra la folla per raggiungere i posti più vicini al palco: le stesse stampelle che vedremo levarsi e volare sopra al pubblico accalcato a pogare nel clou dello show…. Non sappiamo che fine abbia fatto il punkettone ingessato!
I gruppi spalla fanno la loro parte e non entro nel merito, per esigenze di spazio (rimando in rete, per chi fosse interessata/o), poi finalmente arrivano i Banshees, guidati da una Siouxie Sioux forse al massimo del suo splendore: bellissima, eterea e capace di calamitare l’attenzione come forse poche/i in quegli anni.
I brani che attendiamo ci sono tutti – qui il link al setlist del concerto – e, finito il concerto, dobbiamo salutare le nostre nuove amiche e tornare veloci verso la metro, sperando di arrivare in tempo per prendere il treno che ci porterà ad Amsterdam e che, ovviamente, perdiamo! Ci predisponiamo così a trascorrere una notte a London Victoria Station, visto che i nostri bagagli sono chiusi al deposito: esperienza bizzarra, circondati da personaggi ancora più improbabili di quelli incontrati fino ad ora (su tutti, alcuni psicho-billy che girano per la stazione con spazzolino da denti costantemente in bocca…), culminata nel tentativo di dormire un po’ vicino alla biglietteria e svegliati dai manganelli dei Bobbys, terminando la nottata nei bagni pubblici della stazione, a scaldarci con il getto delle macchine per asciugarsi le mani.
Ripartiamo da Londra più stanchi che mai, ma fiduciosi che le prossime tappe (Amsterdam e Parigi) ci offriranno altri momenti di condivisione, conoscenza, esperienze e aneddoti da raccontare: ma questa, è un’altra storia!
Io C’Ero ritorna venerdì 22 aprile
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