Esistono dittature dentro l’Unione europea? Non proprio, ma questo non vuol dire che possiamo dormire troppo tranquilli… secondo l’organizzazione Human Rights Watch (HRW) l’Ue avrebbe “cessato di essere un blocco di stati esclusivamente democratici”.
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Esistono dittature dentro l’Unione europea? Non proprio, ma questo non vuol dire che possiamo dormire troppo tranquilli. Anzi, secondo l’organizzazione Human Rights Watch (HRW) l’Ue avrebbe “cessato di essere un blocco di stati esclusivamente democratici”.
Il riferimento è al primo ministro ungherese Viktor Orbán, che ha conquistato un potere quasi assoluto all’inizio di aprile per contrastare la diffusione del Covid nel paese dei magiari. E’ il culmine di un decennio di mosse autoritarie che hanno portato Orban e il suo partito Fidesz a politicizzare i tribunali, decimare i media indipendenti, distruggere la libertà accademica, ostacolare la società civile e promuovere pratiche chiaramente xenofobe. A onor del vero, a metà giugno il parlamento di Budapest ha votato per porre fine a questo ordine giuridico straordinario ma ha lasciato a Orban la possibilità di dichiarare un nuovo “stato di pericolo” in caso di seconda ondata della pandemia. In questo caso il governo potrebbe legiferare anche per un periodo di tempo indeterminato e anche su questioni che con il virus non hanno niente a che fare.
In realtà svolte autoritarie connesse alla crisi pandemica hanno riguardato molti paesi, ma l’Ungheria colpisce particolarmente in quanto membro dell’Unione, un progetto politico nato dopo la Seconda guerra mondiale proprio per promuovere ideali democratici condivisi. Ma la cosa che lascia ulteriormente di stucco sono le reazioni tiepide da parte delle istituzioni europee.
In realtà svolte autoritarie connesse alla crisi pandemica hanno riguardato molti paesi, ma l’Ungheria colpisce particolarmente in quanto membro dell’Unione, un progetto politico nato dopo la Seconda guerra mondiale proprio per promuovere ideali democratici condivisi. Ma la cosa che lascia ulteriormente di stucco sono le reazioni tiepide da parte delle istituzioni europee.
Spiegano quelli di HRW che la Commissione europea presieduta da Ursula von der Leyen ha prodotto un testo di risposta così debole da non nominare nemmeno l’Ungheria. “Una risposta più forte sarebbe stata possibile”, affermano. “I leader europei avrebbero potuto annunciare che avrebbero accelerato il processo previsto dall’articolo 7”. Il trattato sull’Unione europea prevede infatti la sospensione di taluni diritti di uno Stato membro, se un utente (Stato) attua persistentemente violazioni circa i principi fondatori dell’UE (libertà, democrazia, diritti umani e così via). Insomma, secondo HRW si poteva fare pressione sospendendo i diritti di voto dell’Ungheria su questioni UE o rivedere le generose sovvenzioni europee, fondamentali nell’economia ungherese.
L’organizzazione chiude il suo appello in maniera forte “Dieci milioni di cittadini dell’UE vivono ora sotto regime autoritario. Quanti milioni in più dovranno subire la perdita delle loro libertà prima che i leader europei segnino il limite?”
Ecco, la questione da domandarsi è sempre la stessa: qual è il limite?
In maniera totalmente irriguardosa per la logica da cronista e per quella da analista geopolitico, che invitano a non mischiare questioni diverse per giungere a conclusioni universali, mi viene da paragonare la situazione ungherese con il nostro rapporto con l’Egitto.
Con le sevizie e l’uccisione di Giulio Regeni e le conseguenti bugie del regime di Al Sisi, abbiamo superato o meno quel limite che ci porta a considerare l’Egitto un partner commerciale e politico “normale”, con il quale fare affari come se nulla fosse, come se in Egitto non ci fossero più desaparecidos di quelli dell’Argentina dei generali?
Con le sevizie e l’uccisione di Giulio Regeni e le conseguenti bugie del regime di Al Sisi, abbiamo superato o meno quel limite che ci porta a considerare l’Egitto un partner commerciale e politico “normale”, con il quale fare affari come se nulla fosse, come se in Egitto non ci fossero più desaparecidos di quelli dell’Argentina dei generali?
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Foto: pixabay.com – ilriformista.it
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