di Guido Bigotti loudersound.com
Non è la mia storia, ma essendo epica vorrei raccontarvela come la “mia” o meglio, come me l’hanno raccontata.
Quattro amici in bicicletta, 850 k. in cinque giorni, da Bergamo a Pompei per un concerto entrato nella storia del rock. Un’avventura unica, un ricordo che cinquant’anni dopo ancora emoziona…
Oggi dall’armadio che non aprivo da anni mi è saltata fuori una fotografia; è in bianco e nero e mostra quattro ragazzi con i capelli lunghi. Sono rimasto immobile con la foto in mano e con la mente sono tornato a tanto tanto tempo fa, quando avevo 18 anni. Era metà settembre del 1971… mi chiamò il mio amico Ivan da Londra (dove si era fermato per studiare la lingua). Doveva fermarsi un mese, invece aveva trovato un lavoretto in un’agenzia di spettacolo ed era là da un anno. Mi disse che i Pink Floyd avrebbero fatto un concerto a Pompei, ai primi di ottobre. Caspita possibile? E perché Ciao 2001 e Per Voi Giovani non ne avevano mai parlato? Ma lui mi spiegò che era sicuro, che glielo aveva detto un amico che lavorava da Steve O’Rourke, il manager dei Pink Floyd.
Ai primi di ottobre… Un concerto… Il fatto è che mia mamma era proprio di Pompei e dalla nonna avevamo trascorso tutte le vacanze estive e quell’idea del concerto di uno dei miei gruppi preferiti, praticamente davanti alla casa della nonna non mi usciva dalla testa. Andai al negozio dei dischi a Celadina, erano sempre ben informati, ma nemmeno loro sapevano niente. Anzi erano scettici. Il mio amico non aveva il telefono a Londra e non sapevo come rintracciarlo, però avevo l’indirizzo e gli mandai un telegramma. Due giorni dopo era il 20 settembre, mi chiamò al mattino e confermò: il concerto si faceva. Due date addirittura: il 5 e il 6 ottobre. Ne parlai con i mie compagni di classe Stefano e Angelo e con il mio amico Fabrizio.
Cominciammo a sognare. Passavamo i pomeriggi ad ascoltare A Saucerful of secret, Ummagumma, The piper at the gates of down, ma soprattutto Atom heart mother. Il massimo! A casa di Stefano, c’era l’impianto stereo buono e quindi ci trovavamo tutti li per ascoltare la musica. Nel bel mezzo dell’ascolto dei pezzi dei Pink Floyd dissi: Ragazzi, chi viene a Pompei?. Quell’anno la scuola iniziava il primo ottobre, venerdì, ma tra scioperi, manifestazioni, problemi organizzativi, le lezioni sarebbero partite non prima del 10 o del 15. Mi guardarono come un matto, ma ci volle poco a convincerli.
Non avevamo soldi quindi saremo andati in bicicletta, con uno zaino pieno di provviste e il sacco a pelo sul portapacchi. Centosettanta chilometri al giorno, dieci ore di pedalate e quindici all’ora di media. Fattibile. Cinque giorni di viaggio. Prendemmo l’atlante automobilistico del papà di Stefano. Saremmo scesi lungo il mare, Passo della Cisa e poi Sarzana, Marina di Massa e giù. La via del mare. Ci eravamo persi il concerto di Brescia del 19 giugno. Non potevamo mancare anche questo. Quando mai sarebbero tornati? E poi, proprio a casa di mia nonna che stava di fronte all’anfiteatro! Ne parlammo in famiglia, tutti riuscirono ad ottenere l’approvazione dei genitori. Tranne io. C’era la scuola, c’era da aiutare in casa, c’era la sorellina di dieci anni. Non litigai. Ma decisi che me ne sarei sbattuto: non potevo non andare.
Partenza il 30 settembre. Preparai tutto di nascosto, portai a casa di Stefano un po’ di provviste per me e per gli altri. Avevo chiamato il mio amico Nello di Pompei, suo padre aveva il bar più importante del paese. Lui mi aveva confermato che i Pink Floyd sarebbero arrivati, ma dei biglietti non si sapeva ancora niente. Partimmo una bella mattina di venerdì con le nostre bici, puntavamo su Cremona, poi verso Parma e il passo della Cisa. Alla sera sfiniti e affamati arrivammo a Fornovo, ai piedi del passo. Pensammo che non ce l’avremo mai fatta ad arrivare a Pompei, avevamo i muscoli a pezzi e il sedere in fiamme. Come si poteva continuare? Fabrizio sparì e ritornò a breve con la pomata che ci avrebbe salvato. Io poi telefonai a casa, mio padre me ne disse di tutti i colori, ci restai male, ma me ne feci una ragione.
La mattina seguente di buon ora partimmo alle sette e la salita del Berceto e alla Cisa fu quasi un incubo. Ci riprendemmo in discesa fino a Marina di Massa e a Viareggio e ci buttammo in acqua, poi per asciugarci e a riprendere le forze, ci sdraiammo sulla spiaggia deserta, le cabine ormai smontate, l’odore del mare. Quel bagno ci rigenerò, arrivammo a Livorno ancora in forze. Andò ancora in meglio il giorno dopo, ricordo che vedevamo l’isola d’Elba e quindi il Giglio, scendemmo giù fino a Orbetello. I viveri erano finiti, comprammo pane e mortadella, dormimmo alla stazione ferroviaria, nella sala d’aspetto. Il giorno dopo l’annuncio dei treni ci svegliò, il tempo era bello e l’aria tiepida; la prossima tappa era Ostia. Stefano forò per ben due volte ma avevamo per fortuna l’occorrente, pezze, mastice e camere d’aria. Arrivammo a Civitavecchia, vedemmo il porto, le navi che partivano per la Sardegna. Stefano disse: l’estate prossima ci andiamo. Il viaggio prosegui, Anzio, Ostia dove dormimmo sulla spiaggia. Terracina, Formia e Napoli.
L’ultima tappa fu la più bella ed intensa, il sedere non ci dava più fastidio. Sulla strada procedevamo in fila indiana perché passavano i camion. Finalmente dopo tanti chilometri ecco Pompei, superammo il cartello del paese ridendo felici. Erano le sei del pomeriggio, andammo al bar di via Roma. Nello era li, entrai, lui rimase di stucco. Non ci credeva che avevamo attraversato l’Italia in bici. Salimmo dalla nonna che sinceramente non ci aspettava, ma ci fece una gran festa. I letti erano soltanto due, ma con due materassi a terra ci arrangiammo. Dopo una bella spaghettata e il resoconto della giornata crollammo dal sonno.
Alla mattina la nonna ci preparò il caffè e ci fece trovare i bomboloni caldi. Ora dovevano procurarci i biglietti. Aspettammo Nello all’uscita da scuola. Andammo all’anfiteatro, due grandi tir stavano scaricando l’attrezzatura. Pompei si stava preparando per i Pink Floyd. Nello ci raggiunse e le notizie che ci riportò non erano per niente buone. Il concerto di c’e’ ma è a porte chiuse. Ci guardammo in faccia distrutti! All’improvviso sentimmo qualcosa, una chitarra, un accordo. Dissi agli altri: Andiamo ragazzi. L’anfiteatro era off limits ma noi conoscevamo il passaggio segreto di quando eravamo bambini! Camminammo tra le piantine di pomodori ed arrivammo alla scarpata sotto il grande edificio romano. Da li partiva il sentiero delle capre, ci inoltrammo tra i rovi e sbucammo tra le rovine antiche.
Ora la musica dei nostri beniamini arrivava netta alle nostre orecchie, la chitarra di Gilmour. Passammo sotto le arcate di pietra e salimmo sui gradini deserti, eravamo in cima, restammo incantati i Pink Floyd erano li solo per noi! Mi sembrava incredibile, li stavo guardando i carne ed ossa, davvero! Erano nel nostro anfiteatro dove giocavamo a nascondino. Gilmour, Wright, Mason e Waters erano li tutti per noi. Ci guardammo tutti e cinque, eravamo fieri della nostra impresa. Le prove finirono e i Pink Floyd andarono a riposarsi.
Presi coraggio e attraversai l’arena, arrivai da Waters tirai fuori la fotografia che mi ero portato da Bergamo e nel mio rudimentale inglese dissi: “I’m sorry, can you sign?”. Lui mi guardò serio, si fece dare una penna e firmò. Gilmour e gli altri si avvicinarono e firmarono anche loro. Quanti anni sono passati… E’ stato uno dei momenti più felici della mia vita. Stavo per rimettere la fotografia nel cassetto, ma mio figlio è arrivato in sala. Ha diciotto anni. Tutto bene Sebastiano?. Tutto bene papà. Ho guardato la foto, poi mio figlio, e ho detto: Adesso ti racconto una storia. La vedi questa foto?.
Diario Della Bicicletta ritorna martedì 21 dicembre
Sostieni le nostre attività, clicca sull’immagine
Che avventura !! Cosa non fa l’amore per i Pink Floyd !!
Bellissimo racconto !
Storia di altri tempi ma l’emozione che si prova nel leggerla è sempre attuale. Grazie Guido per regalarci questi momenti
Bellissima avventura,dove la passione fa fare cose impensabili ,trasformando la fatica in gioia pura.
Storia meravigliosa, eravamo tutti più eroici, più essenziali, più leggeri, più liberi ….. e così era anche la musica che riempiva le nostre orecchie e la nostra anima e ancora oggi ci fa vibrare il cuore. Grazie Guido!
Bella storia …potrebbe essere una opportunità per un film ..!!!???
Bella storia! Letta tutta di un fiato. Grazie! Chissà con quali bici hanno pedalato.
Non sono la mia musica ma bella la storia.
Bellissimo racconto.
Grande Guido!
… partire con lo zaino e il sacco a pelo… mangiare pane e mortadella… Sapori e profumi d’altri tempi… nostalgia…
Veramente una bella storia. Erano anni che non riascoltavo i Pink Floyd: grazie anche per questo. Voglio credere che ci siano ancora giovani disposti ad affrontare queste avventure per inseguire i sogni.