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Noè sposò Naama a 498 anni, dopo un lungo fidanzamento, nel frattempo gli uomini conducevano un’esistenza spensierata…
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Noè si sposò con Naama all’età di quattrocentonovantotto anni, su ordine del Padreterno, dopo un fidanzamento altrettanto lungo, ma utile a capire se la futura moglie sarebbe stata quella giusta; e Naama gli diede tre figli dei quali non si è mai saputo nulla.
Nel frattempo la generazioni degli uomini conduceva un’esistenza spensierata, prodiga di nefandezze e infamie, commettendo ogni genere di azione scellerata, ma, quando gli uomini cedettero con più ardore ai piaceri del sesso, il Signore si dimostrò sessuofobo e bacchettone e li rimproverò dicendo: “Dio sopporta tutto pazientemente, all’infuori della lussuria”, e, detto fatto, decise di sterminare tutti! “Sesso si, ma alle mie condizioni e a quelle che in futuro vi imporrà la chiesa, che ancora non esiste, ma sarà bene che Io ci pensi per tempo.”.
Ci mise centovent’anni a decidere, durante i quali inviò Noè a tentare di ravvederli paventando loro la minaccia del diluvio, ma quelli niente! Si prendevano gioco di lui… e Giuseppe Flavio in “Antichità” scrive che quando il patriarca si avvide di prodigarsi invano emigrò altrove e con questo spiega perché l’Arca approdò sulla cresta del monte Ararat in Armenia, sebbene Noè vivesse in Palestina come tutti i patriarchi antidiluviani.
Causa del diluvio tre peccati: la fornicazione, l’idolatria e la violenza! Anche l’inverecondia fu causa del diluvio perché alcuni passi del Talmud sono relativi al divieto assoluto di mostrare il corpo nudo.
E così Noè iniziò a costruire l’Arca, anche se il “Libro di Enoc” sostiene fosse stata costruita dagli angeli.
La costruzione durò cinquantadue anni secondo la narrazione ebraica, cento anni per alcuni Padri della Chiesa come Origene, per Tertulliano e Giulio l’Africano ben duecento anni, e da allora in poi Giuseppe Flavio e Lattanzio, nelle loro opere, ritengono che venne stabilita l’età massima di vita dell’uomo in centovent’anni.
L’opera richiese molta sapienza e perizia ma, fortunatamente, a Noè fu dato un manuale di istruzioni Ikea che l’angelo Razi’el già aveva consegnato ad Adamo contenente tutte le scienze celesti e terrene e l’angelo Uriele lo aiutò manualmente, anche se poteva fare miracoli preferì che il nostro antenato sporcasse le sue mani e le cronache del tempo raccontano come già allora una folla di pensionati bighellonasse intorno al cantiere, curiosa e scettica sulla qualità del lavoro, ma, ad opera conclusa, quando già gli animali erano in fila per entrare, i peccatori, perché tali erano, tentarono di irrompere e furono fermati dalle bestie feroci a guardia dell’opera. Molti furono uccisi e chi salvò dalle fiere morì annegato.
Altri morirono perché Dio ordinò a ogni goccia di pioggia di passare per il Gehinnam (la regione degli inferi) prima di cadere a terra diventando così bollente da scottare i malvagi, colpendoli in modo confacente alle loro brame carnali: vi siete accesi d’immoralità vi punisco con acqua bollente! Oggi una secchiata di acqua fredda è sufficiente per spegnere gli ardori bollenti!
Quando l’Arca fu completata Noè radunò gli animali che a coppie entrarono nella barca e lui li lasciò entrare solo se il maschio inseguiva la femmina, in caso contrario non li lasciava entrare.
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L’unico animale che Noè non riuscì a imbarcare sull’arca durante il diluvio universale fu il Re’em, animale di mole così smisurata che fu legato all’imbarcazione e la seguì a nuoto; questo animale è caratterizzato dalla sua incredibile rarità, da corna enormi e da un folto manto dorato. Il suo sangue permette a chi se ne nutre di acquisire una forza immensa, purtroppo, nonostante la richiesta, non è facile trovarlo sui banchi del mercato, soprattutto di quelli legali e non è neppure facile avvicinarlo con l’intenzione di cibarsene.
È un animale menzionato nove volte nella Bibbia ebraica ed è stato tradotto nella versione cristiana di Re Giacomo come orice, bue selvatico, toro selvaggio, bufalo o rinoceronte.
Un altro personaggio stravagante ospitato nell’Arca fu il gigante Og, re di Basan, che non trovando posto a bordo fece il viaggio seduto al disopra della stessa, e Noè lo nutriva passandogli un po’ di cibo attraverso un buco del tetto.
I giganti dalla mole smisurata non travolti dalle acque perirono per colpa del caldo, solo Re’em e Og, dotati di forza straordinaria, non morirono; tutti gli altri uomini, alti quindici cubiti, tentarono di mettersi in salvo salendo sulle cime dei monti, ma Dio, previdente come era, fece si che l’altezza dell’acqua superasse quella misura.
Noè sull’Arca si prese cura degli animali selvatici, dei suoi tre figli Sem curò quelli domestici, Cam gli uccelli e Iafet i rettili; quanto al cibo occorrente per nutrirli sant’Agostino sostiene nel suo “La città di Dio” che tutti, uomini e animali, si cibarono di soli fichi secchi.
Quali e quante preoccupazioni mistiche e religiose doveva avere Agostino se si preoccupava della dieta a bordo dell’Arca!
Tutti gli animali diventarono mansueti per poter convivere sull’imbarcazione, tanto che Noè camminava su serpenti e scorpioni senza esserne morso, solo il leone, indispettito per il ritardo nella distribuzione del cibo, gli diede una zampata e lo azzoppò per il resto della vita.
E i pesci?!? vi chiederete voi: non subirono nessun castigo? che cosa avevano fatto di meglio da tutti gli altri esseri viventi? Non abbiate preoccupazioni di sorta perché, se secondo un autore essi non ricevettero nessuna punizione, secondo altri lo zelante Noè si prese la briga di caricarli sull’Arca (anche se stavano già bene dove stavano…) per liberarli poi a diluvio concluso, alcuni di loro dotati di più spirito d’iniziativa si gettarono nel mare saltando dall’imbarcazione alla faccia del solerte patriarca.
Altri due personaggi trovarono asilo sull’imbarcazione: l’Inganno e la Sventura.
Quando Inganno chiese ospitalità a Noè venne respinto perché sul’Arca potevano entrare solo le coppie di consimili, così egli si mise alla ricerca di una consorte e incontrò Sventura che accettò il patto matrimoniale a condizione che lui le cedesse, da allora in poi, tutto quanto avrebbe guadagnato. Solo allora i due furono accolti sull’Arca, ma quando giunse il momento di lasciarla, Inganno si avvide che tutto quanto aveva guadagnato o racimolato ( non si capisce bene come si potessero fare affari e traffici in quel luogo) era sparito e chiese spiegazioni a Sventura, che da brava consorte gli ricordò che il loro accordo prevedeva che ogni suo guadagno finisse a lei e così Inganno rimase a mani vuote, nudo e crudo: “Dio ha creato ogni cosa tranne la falsità e l’inganno, che sono invenzioni degli uomini” così in Tertulliano nel suo “Del bandire gli eretici”.
Da allora in poi gli esseri umani, generalmente i benestanti, inventarono i “patti matrimoniali”!(2.continua…)
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Foto: pixabay.com
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Apostata Per Vocazione ritorna a settembre
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L’arca di Noè: cronaca di un naufragio.
Noè era esausto, l’arca era quasi colma, mancavano solo poche coppie all’appello ma egli, ligio ai regolamenti, non voleva delegare a nessuno l’ingrato compito dei controlli, per paura di eventuali errori. Pignolo nel verificare che le femmine entrassero per prime seguite dai rispettivi partner e intransigente nello scartare coppie che non fossero convenientemente assortite si vide costretto a lasciare al loro triste destino diverse coppie omosessuali. L’idea di famiglia tradizionale non era in lui particolarmente radicata, ma le regole sono regole e, per disposizioni superiori, non gli era consentito venire patti; nell’arca dovevano entrare solo coppie recanti sessi opposti: un maschio e una femmina, punto! Agli animali in ingresso si limitava a chiedere nome e genere.
All’approssimarsi di due tranquille lumachine chiese:
“Nome?”
“Chiocciol@” rispose la prima.
“E tu?”
“At” rispose l’altro.
“Ma come si scrive?” chiese Noè che, controllando sul registro d’imbarco non riusciva a trovarlo.
“Si scrive con la a commerciale, altrimenti detta chiocciola, ma si pronuncia et… provi un po’ a vedere sotto la E.”
“Ah, eccolo! bene bene… sesso?”
“Ermafroditi.” fu la risposta unanime.
“Hum, hum…” fece Noè dubbioso:
“Aspettate qui.”
Chiamò i figli e li interpellò: “Che facciamo? “Ne imbarchiamo solo uno? Se è ermafrodito basta e avanza…”
“No papà.” volle chiarire Cam, che dei sui figlioli era il più istruito: “Le chiocciole sono definite “ermafroditi insufficienti”, vale a dire che posseggono entrambi gli apparati, maschile e femminile, ma per riprodursi hanno comunque bisogno dell’accoppiamento, durante il quale un individuo feconda l’altro e viceversa…”
“Peggio ancora!” sbottò Noè preoccupato. “Allora li lascio a terra tutti e due! Dio sta mandando il diluvio proprio a causa della lussuria e noi non possiamo accogliere questi pervertiti.” (Alcuni studiosi sono inclini a credere che Noè, politicamente, fosse un po’ di destra)
“Se questi si accoppiano qui succede un casino. Vedere due ermafroditi in copula sarebbe come assistere a un’orgia; e io non voglio problemi sulla mia arca; vadano a fare gli sporcaccioni da un’altra parte!”
Considerate le tendenze sessuofobiche del Padreterno, sotto il profilo puramente tecnico-legale Noè non aveva tutti i torti, ma i figli lo rassicurarono e gli proposero uno stratagemma: “imbarca pure la coppia di chiocciole, le alloggeremo una a prua e l’altra a poppa e prima che abbiano percorso tutti i trecento cubiti che le separano, il diluvio sarà bell’e che finito”. Noè si lasciò convincere, a patto che fossero approntati numerosi secchi di acqua fredda, disposti lungo tutta l’arca (un po’ come si fa oggi con gli estintori.) “Non si sa mai…”
Già cominciavano a cadere i primi goccioloni, venne chiusa in tutta fretta l’arca e si posero tutti in attesa.
Furono mesi di navigazione in balia delle onde e dei venti. La vita a bordo scorreva monotona. i figli di Noè, Sem, Cam e Jafet cercarono di improvvisarsi animatori; con tutti quegli animali a disposizione vollero provare con uno spettacolo circense, ma già solo il fatto che le tigri e i leoni fossero mansueti rendeva il numero dei domatori di una noia mortale; il continuo rollio e beccheggio dell’arca impediva agli equilibristi di mostrare le loro abilità… insomma fu un fiasco totale; anche divertire il pubblico con i clown era assolutamente vietato, questo per una questione etica: al di fuori dell’arca il mondo era sconvolto da morte e distruzioni e sarebbe stato indecoroso abbandonarsi al riso e all’allegria in quei frangenti. Una gran tristezza serpeggiò tra tutti gli imbarcati per tutto il tempo della navigazione, perché, nonostante vi fossero presenti solo coppie adulte e consenzienti, per espresso ordine di Noè erano assolutamente vietati gli accoppiamenti carnali; anche quelli a scopo riproduttivo. Su questo il buon patriarca non transigeva: quelle cose si sarebbero fatte solo dopo, una volta sbarcati. Non mancarono problemi anche di altra natura. Dalle opere di Sant’Agostino sappiamo che il rancio era per tutti costituito unicamente da fichi secchi, cosa che a lungo andare rese stucchevole anche il recarsi alla mensa. La necessità aguzza però l’ingegno e quel farabutto di Inganno ordì un tranello che gli permise di fare affari d’oro all’insaputa di Noè e di integrare periodicamente la propria dieta. Con dei pretesti convinceva di tanto in tanto alcuni pesci ad appartarsi insieme a lui nell’angolo più buio della stiva (i pesci sono, per loro natura portati ad “abboccare”) e poi, si sa, Inganno era maestro nell’inventarsi delle scuse; sta di fatto che in breve cominciò a girare per l’arca dell’ottimo sushi che, alla borsa nera, fruttò lauti guadagni a quell’impostore. Questo fatto spiega anche il motivo per cui molti pesci si precipitarono in mare attraverso un sabordo che non era stato chiuso bene. E quando questi, scampati all’eccidio di Inganno, andavano raccontando che i loro sfortunati compagni erano stati colpiti dalla Sventura, si riferivano al fatto che era proprio lei, la ignobile complice di Inganno, a stordirli con una botta, prima di farli sfilettare.
A parte la fuga dei pesci, pochi altri eventi vennero a rompere il tedio della navigazione; fino quando si arrivò ad una notte buia e tempestosa, nel mezzo della quale si vide Jafet irrompere trafelato nel quadrato ufficiali esclamando:
“Dalla sala radar comunicano che abbiamo un ostacolo a proravia, circa due miglia a babordo…”
Noè si informò: “Chi c’è in sala radar?”
“Il pipistrello e chi altri? È sul cassero di prua e dice di ricevere echi di ritorno sempre più ravvicinati… sembra la cima di una montagna.”
Noè ordinò: “Riducete la velocità a quattro nodi e mandate una vedetta sulla coffa!”
“Al massimo possiamo chiedere al gigante Og, che sta sul tetto.” intervenne Cam “Perchè su questa imbarcazione non c’è alcuna coffa>: e aggiunse: “Papà, ma non te lo ricordi? e dire che l’arca l’hai fatta tu con le tue mani!”
“Possibile?” Sbottò Noè infastidito. “Allora mancavano dei pezzi… portatemi il libretto dell’Ikea che controllo! E anche le carte nautiche! Voglio fare il punto nave immediatamente. Sem, il sestante! Subito!”
“Papà… sono mesi che piove a dirotto, come lo fai il punto?”
“Sem, Cam, vi metto agli arresti! questa è insubordinazione!”
“Oddio…” scappò detto a Jafet
“Jafet non nominare il nome di Dio invano!” lo apostrofò il patriarca
“Ma papà, Dio fa…”
“E non bestemmiare!” tuonò Noè al colmo dell’ira.
“Calma, Noè calma… se continui a interromperlo non vi capirete mai.” intervenne Sem con tono paziente: “Jafet stava solo dicendo che Dio fa in modo che tutto fili liscio… datti una calmata.”. “Vabbè vabbè, ma io non mi fido; sono il comandante ed ho la responsabilità di questo serraglio! Tutti ai posti di manovra! Ammaina trinchetto e pappafico, accosta a dritta, macchine indietro tutta!”
“Papà… ti ricordi che quando hai iniziato il cantiere hai voluto fare delle economie?”
“Questo è un modello base: non abbiamo alberatura, né vele e men che meno una sala macchine; sono mesi che siamo alla deriva, te ne accorgi solo ora?”
Noè, che in cuor suo si riteneva ormai un capitano di lungo corso, appreso di non poter impartire ordini ad un vascello che era poco più di un guscio di noce in balia degli elementi cominciò a sbroccare e prese a pestare i piedi, piagnucolando come un bambino capriccioso.
Fortuna volle che diversi altri scorpioni, si fossero imbarcati come clandestini, tenendosi quindi sempre alla larga da Noè per non farsi scoprire e questo fu un bene perché, quando il comandante iniziò a dar di matto pestando i piedi, schiattò involontariamente l’unica coppia di scorpioni regolarmente registrati e, non fosse stato per quegli altri “portoghesi”, l’umanità non avrebbe mai conosciuto questi particolarissimi aracnidi; tra la Bilancia e il Sagittario oggi avremmo forse il segno zodiacale del Ragno o quello dell’Acaro.
Ritrovata un po’ di calma, Noè provò un’ultima disperata manovra: “Orza alla banda! mettiamo la prua contro vento!”
I tre figli del povero Noè si guardarono sconsolati; ben sapendo che l’arca era priva anche del timone, realizzarono in quel momento che il loro vetusto padre cominciava a manifestare i segni di una precoce demenza senile.
“Non possiamo eseguire papà; con la convinzione che ci avrebbe guidati Iddio, avevi ipotizzato che il timone sarebbe stato inutile…”
“Ci schianteremo dunque…” disse mestamente il patriarca, ma poi con rinnovata foga: “Allora di corsa al ponte lance! Ammainare le scialuppe! Prima le donne e i bambini!”
“Comandante…” (era la prima volta che lo chiamavano così ma date le circostanze volevano dargli almeno quel contentino)
“Comandante, il bambino più giovane che abbiamo a bordo avrà almeno centoquaranta anni… e poi, con la scusa che saremmo stati nelle mani della Divina Provvidenza il progettista non aveva previsto le scialuppe di salvataggio: (dissero “il progettista” tanto per non troppo infierire sul povero vecchio.)
“E che cazz…” Noè non riuscì a finire la frase che uno schianto immane fece tremare l’intera chiglia.
‘Sapete che c’è?” disse in un parossismo di rabbia.
“Adesso mi avete proprio rotto! ci siamo arenati? Benissimo, date ordine di abbandonare la nave! Ora io me ne vado da qui e chissenefrega!”
“Comandante, quell’ordine è di sua competenza e, con tutto il rispetto, le rammento che lei dovrebbe essere l’ultimo ad abbandonare la nave…”
E questa è l’ultima frase storicamente accertata che si sappia essere stata pronunciata da uno dei tre fratelli.
Gli antichi testi riportano a questo punto dei segni poco comprensibili: tra le raschiature del palinsesto e le infiorescenze di muffa, un po’ a causa dell’ingiallimento delle pergamene ma soprattutto l’inchiostro sbiadito e l’inevitabile usura del tempo, han fatto sì che la scrittura in questo punto non sia perfettamente intelligibile. A più di uno studioso è parso di intravedere sicuramente la lettera P, seguita però da un imprecisato numero di consonanti, tutte uguali tra loro, che somiglierebbero molto a delle erre… i più esperti paleografi sono tutt’ora discordi sull’interpretazione di quei simboli e la questione è ancora aperta. È un vero peccato non essere in grado di sapere quale sia stata l’ultima esclamazione rivolta da Noè al suo equipaggio prima di precipitarsi fuori dall’arca, anche se, secondo la mia modesta opinione di profano, noti i fatti e dato il contesto, penso che quei segni stiano a indicare semplicemente… una lunga pernacchia!
Comunque, in seguito all’urto dell’arca sul fianco della montagna, le due lumachine, Chiocciol@ e At vennero proiettati l’un contro l’altra e si avvilupparono immediatamente in un meraviglioso amplesso. Da quel preciso momento sulla Terra cominciò il lento processo di ripopolamento. Donne e Uomini giusti e probi ricominciarono a coltivare la terra, a pascolare greggi e armenti; si sparpagliarono nel mondo per diffondere sapienza e giustizia, si impegnarono nel rifuggire la lussuria ed esecrare la violenza, iniziarono a creare un mondo migliore di quello che era stato fino ad allora… ma qui mi fermo, perché questo è l’inizio di un’altra storia, anche se mi sa che non finirà tanto bene nemmeno stavolta…
L’epoca dell’edonismo reganiano degli anni ottanta si è dissolto per normale passaggio di consegne tra generazioni. “L’insostenibile leggerezza dell’essere “ di Milan Kundera ed il “ Pensiero debole “ di Gianni Vattimo erano i testi a cui qualche noto milanese ed un nutrito gruppo di belli per sempre si ispirarono, trascinandosi frotte di seguaci dell’effimero. Prove generali di vita truccata, di apparenza senza impegno, di scatole vuote. Circa gli animali che Noè avrebbe potuto lasciare fuori dall’Arca riporto un commento di un mio amico medico sulle zanzare.
– Una volta per tutte. Le zanzare NON vengono attirate dalla luce! Solo l’odore della pelle viene riconosciuto a distanza di decine di metri a seconda del gusto personale della zanzara. Il sangue dolce NON è responsabile altrimenti i diabetici sarebbero vittime designate. Per questo NON è giusto che un povero anziano debba ciondolare per casa sua al buio rischiando l’osso del collo, perché le sue figlie non capiscono nulla di entomologia! Piuttosto mi divertono certi post scientifici tipo quelli che avvertono che sono le zanzare femmine a pungere, mentre gli zanzari sono innocui. E che cavolo! Secondo voi, perversi divulgatori estivi, io come faccio a distinguere le zanzare femmine dai maschi? Guardo con la torcia tra le zampe posteriori prima di schiacciarle sul muro? Anni fa tentavo di schiacciare tra le mani una zanzara già responsabile di una puntura, ma un’amica buddhista inorridita mi fermò urlando:” Non si uccidono le creature! Non puoi sapere chi, o cosa fossero in una vita precedente!” “E secondo te io per non rischiare di schiacciare quella rompiscatole di tua nonna, trasmigrata in una zanzara, devo farmi pungere? Ma vai a cagare tu, il buddismo, il karma, l’Upanisad, gli orfici, i pitagorici, i neoplatonici, i catari e tutti i gli altri appresso!” Lei rise fino alle lacrime, poi mi chiese:” A proposito, io devo andare nel Delta del Mekong, secondo te devo fare la profilassi per la malaria? Ci saranno molte zanzare?” “ Noooo, ma che vai a pensare.”” Sai, non voglio fare la profilassi, perché se le zanzare mi pungono, poi muoiono per il farmaco che ho preso!”. Me l’hanno tolta dalle mani prima che la mia anima fosse costretta a trasmigrare in un coccodrillo antropofago.