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Riflessioni pallonare durante una trasferta partenopea
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Il tassista mi porta da via Toledo a Marechiaro. Dall’adorabile caos dei vicoli dei Quartieri spagnoli al piccolo golfo dei pescatori, fuori città. Da una Napoli all’altra. In un viaggio di bellezza, passando attraverso Chiaia e Posillipo. Un viaggio lungo, caotico e allegro.
Parliamoci chiaro: i tassisti di Napoli sono i più simpatici del mondo. E per lavoro, di taxi, ne ho presi proprio tanti, da Londra a Dakar, da Tbilisi a Istanbul a Stoccolma.
Conoscono lo scibile umano. In trenta minuti di percorso vengo a conoscenza della vita del mio autista, quella delle sue figlie e, a seguire, della moglie, dell’amministrazione comunale, degli Angioini, del rapporto tra Re Umberto e i partenopei, del rapporto tra i napoletani e il ragù, del perché al mare ci si va solo in Vespa, delle scelte che tu fai da bambino (!) che ti fanno diventare tassista o camorrista, dei palazzi più belli della città e di chi ci vive.
“Adesso, se permettete, vi faccio vedere dove vive Ciro Mertens”. “Certo, volentieri”.
Davanti a noi emerge una villa sul mare che lascia senza fiato. “Dovete sapere che Mertens, quando ha litigato con De Laurentis, ha lasciato il Napoli ma non Napoli. Gioca a Istanbul ma vive qua. E chiamalo fesso”.
La città è tutta azzurra, più del solito. Oltre al mare azzurro, in continuità con il cielo, da palazzi e sulle strade tutto era azzurro: automobili, panni stesi. Tutto.
I napoletani sfidano pure la sorte: già ragionano su come festeggiare lo scudetto.
Provo a parlarne con il mio tassista. “E’ vero, qui è tutto è bello e complicato. Ma il calcio è a parte. Quella è proprio ‘na pazzia”.
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Mentre guardo fuori dal finestrino, bloccati nel traffico, penso a questa pazzia. E provo a ricordarmi cosa è stato il Napoli nell’intervallo tra Maradona e questa squadra, che verosimilmente vincerà lo scudetto e ha discrete possibilità di arrivare in finale di Champions League.
Mi torna in mente un episodio della fine degli anni ’90. Credo fosse l’estate del ’98. I miei genitori mi avevano accompagnato a un campeggio che si teneva in Irpinia. Il 99%, o giù di lì, degli altri partecipanti venivano da Napoli. Si giocava il torneo di calcio del campeggio. Avevo una paura matta di sfigurare. Poi però ho pensato: “Il Napoli fa schifo, è retrocesso, ormai è una squadre debole. Magari anche i napoletani sono diventati scarsi a calcio”.
Tutt’altro. Erano dei veri e propri brasiliani del pallone. Giocavano tutti nei cortili dei palazzi, tra i vicoli del centro, ovunque. Erano visceralmente legati al calcio. La mia squadra perse. Da difensore non riuscii a far niente di buono.
Perché è vero che quel Napoli calcio stava per fallire, che era finita l’epoca di Maradona. Che la politica, del pallone e non solo, stava abbandonando a se stesso tutto il sud. Ma per quei ragazzi il calcio era n’atra cosa.
Il taxi si muove a passo d’uomo. C’è davvero tanto traffico. Mi chiedo che fine abbiano fatto i bambini-calciatori del mio campeggio. Chissà chi ha proseguito con la pazzia del pallone e chi invece si è fatto consigliare male e ha scelto altre pazzie.
Guardo di nuovo fuori dal finestrino. Ai lati del taxi ci sono tante auto e motorini con targhe polacche. “Tutti tifosi del vostro Zielinski?”, chiedo scherzando. “No”, mi risponde il tassista. Solo napoletani esasperati che si fanno immatricolare le auto in Polonia per non pagare i premi più alti d’Italia. “Secondo voi è ‘na pazzia?”
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Foto: Joshua Evangelista
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Marcatura A Uomo ritorna sabato 3 giugno
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Che bel viaggio nella lettura ci hai fatto fare. Sta volta il taxista eri te! Grazie Joshua