di Angela Melis
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Una serie tv che fonde cibo, racconti e piccoli drammi della vita
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Nello sterminato catalogo di Netflix è possibile scovare dei piccoli tesori meritevoli di attenzione, e Midnight diner: Tokyo stories, una serie basata sui manga di Yaro Abe (in Italia pubblicati dalla Bao publishing col titolo La taverna di mezzanotte) lo è per almeno due motivi: le storie che gli avventori raccontano e il cibo come momento di confronto e condivisione.
Come si può evincere dal titolo, la serie è incentrata sulle vicende che si svolgono nella piccola tavola calda Meshiya, che apre a mezzanotte e chiude alle sette del mattino, situata in uno stretto vicolo di Tokyo. Il locale offre un menù alquanto semplice; tuttavia la particolarità di questa tavola calda è che i clienti possono ordinare qualsiasi piatto essi desiderino, a patto che lo chef, da tutti chiamato “maestro”, possieda gli ingredienti necessari per realizzarlo o che il cliente glieli fornisca.
Ogni puntata è caratterizzata, pressapoco, dal seguente schema narrativo: circondati dai clienti abituali, che rendono familiare e caloroso l’ambiente, i clienti occasionali che giungono alla locanda, per caso, dietro consiglio di un conoscente oppure accompagnati da amici, ordinano un piatto della tradizione nipponica legato a un particolare avvenimento della loro vita, e che diventa il pretesto per raccontare il proprio passato o un episodio per loro significativo.
I personaggi che si presentano al locale appartengono a diversi ceti sociali e sono figure eccentriche, solitarie o isolate, in preda ai loro drammi quotidiani.
Le storie narrate possono essere drammatiche, inquietanti, divertenti o esagerate e tutte, alla fine, presentano una piccola morale che porta lo spettatore a interrogarsi.
Il personaggio, a mio avviso, più interessante della serie è lo chef (Kaoru Kobayashi), un uomo di mezza età con una vistosa cicatrice sul lato sinistro del volto che è solito preparare i piatti da solo, facendosi aiutare solamente se non conosce la ricetta del piatto richiesto. E’ una figura piuttosto enigmatica e quasi nulla si conosce del suo passato. Proprio perché non è un uomo di molte parole, dimostra di essere un abile ascoltatore e, tra i fornelli, presta attenzione a ciò che i clienti raccontano: essi lo considerano uomo saggio, comprensivo e su cui fare affidamento, e non di rado a lui confidano segreti. I suoi consigli spesso sono determinanti per la risoluzione della vicenda: come una sorta di deus ex machina, grazie a una cucina amorevole e un’attenta partecipazione alle storie, indirizza il cliente verso una nuova visione e consapevolezza.
I ritmi che caratterizzano le narrazioni di Midnight Diner sono lenti e riflessivi. La durata di ogni puntata è di circa venti minuti e può essere considerata come una piccola meditazione, dove ogni episodio rappresenta una finestra sulla vita quotidiana, e su quei piccoli drammi reali che possono accadere a chiunque.
E insieme alle narrazioni è il cibo ad essere il vero protagonista. Come scritto in precedenza, ogni puntata è dedicata a una storia a cui è legata una pietanza specifica. Il piatto che il maestro si accinge a preparare desta sempre una vivace curiosità, appetito tra i commensali e il desiderio di conoscenza; il cibo diventa argomento di conversazione, di scambio di opinioni. Al termine di ogni episodio lo chef e i clienti spiegano la scelta degli ingredienti e le fasi per realizzare quel piatto, con un dolce saluto finale.
Midnight diner ha il merito di farci riflettere su tematiche ricorrenti nella vita di ciascuno di noi come l’amicizia, i rapporti familiari, il lavoro, la solitudine e così via, con estrema delicatezza e con la lentezza necessaria per soffermarci a pensare.
Le due stagioni sono disponibili sottotitolate, cosa apprezzabile da chi come me è amante dei film e serie tv in lingua originale.
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Foto: pexels.com
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I Lentometraggi ritorna martedì 20 dicembre
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Grazie per questa segnalazione e grazie per il tuo articolo
Ciao Rino, grazie per il commento. Se deciderai di guardare la serie fammi sapere cosa ne pensi.
Io la trovo un piccolo gioiello, molto riflessiva e meditativa.
Un abbraccio