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Patologia che colpisce gran parte della popolazione mondiale, con notevoli costi per assistenza sanitaria e assenze lavorative.
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In questo appuntamento, pongo alla vostra attenzione il problema legato alle lombalgie, grazie come sempre alla relazione di Ernesto Bonini – giornalista, che da oltre sei lustri svolge attività nei settori medico-scientifico, socio-sanitario e socio-assistenziale – e tratta dalle Conferenze organizzate dall’Associazione Più Vita In Salute. Quello che segue è l’intervento del dott. Giorgio Bertini, specialista in Ortopedia, Traumatologia e Fisiokinesiterapia. Buona salute a tutti.
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Uno degli argomenti trattati nelle Conferenze ha avuto per titolo “Attuali orientamenti nella prevenzione e terapia delle lombalgie”, a cura del dottor Giorgio Bertini specialista in Ortopedia, Traumatologia e Fisiokinesiterapia. Patologie che colpiscono gran parte della popolazione mondiale, con notevoli ripercussioni di costi per assistenza sanitaria e assenze lavorative. «Quando si parla di lombalgie – ha precisato il relatore – bisogna tener presente che essendo intese come sindrome dolorosa colpisce la parte inferiore della schiena, e può essere isolata ma anche associata agli arti inferiori anteriormente o posteriormente: rispettivamente lombocruralgia e lombosciatalgia. In realtà non sono patologie ma solo sintomi più o meno diffusi provocati da diverse cause, sia vertebrali che extravertebrali». L’importanza di questo argomento è data da alcune statistiche, le quali, secondo uno studio riportato nel 1988 dal dott. Boccardi, evidenziano che sono state identificate ben 841 patologie (vertebrali e extravertebrali) che possono provocare lombalgia, lombocruralgia e lombosciatalgia. Altri dati sottolineano che 75 persone su 100 ogni anno lamentano una forma di lombalgia, 20 su 100 avranno un episodio lombalgico, 4 su 100 ne soffriranno periodicamente e il 50% tende a guarire spontaneamente. «Le lombalgie acute – ha spiegato – durano mediamente 4 settimane, quelle sub-acute alcuni mesi, e quelle croniche da tre a sei mesi con dolori persistenti; mentre la forma acuta ha notevole possibilità di regredire, quella cronica ne ha meno anche perché quest’ultima implica fattori bio-psico-sociali con il coinvolgimento totale del paziente».
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Ma quali i fattori di rischio? Secondo il clinico sono in parte individuali come un episodio di lombalgia pregressa e l’età avanzata che nel tempo possono favorire la cronicizzazione, e il sesso femminile pare essere più vulnerabile; mentre il sovrappeso incide maggiormente; come pure i fattori biomeccanici (sollevamento di pesi eccessivi, guida di veicoli pesanti, vibrazioni corporee, posture prolungate e scomposte; mentre al punto di vista delle cause bio-psico-sociali sono da considerarsi l’insoddisfazione dei trattamenti precedenti, scarsa attenzione al proprio corpo, etc.). Un primo “approccio” alla malattia è ovviamente un esame medico obiettivo, ed altrettanto utili sono gli esami strumentali in concomitanza con la diagnosi ipotizzata nel corso della vita; cui seguono, in caso di indicazioni terapeutiche, il trattamento farmacologico con la somministrazione di analgesici e/o antinfiammatori), fisioterapico-riabilitativo (ginnastica, nuoto, approccio cognitivo comportamentale, etc.), e intermedio (ozonoterapia, anestetici locali, etc.). «Ai fini della prevenzione – ha concluso il dott. Bertini – le alterazioni della postura rappresentano una delle cause più frequenti di lombalgia, che si possono affrontare con le appropriate terapie; ma è consigliabile, oltre che saggio, osservare semplici regole di comportamento per mantenere stabile la colonna vertebrale: meno peso da trasportare, intensificare l’attività fisica, evitare una prolungata esposizione al freddo e all’umidità; usare scarpe comode, sedie e materassi rigidi; scendere dal letto in modo graduale; ma non meno importanti sono l’avere un positivo tono dell’umore, e contestualmente meno ansia e meno stress”.
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Foto: pixabay.com
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Piú Vita In Salute ritorna giovedì 25 gennaio
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