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La punteggiatura in LA MORE è il punto. è il ritmo della pedalata. nessuna gerarchia di maiuscole. a te la libertà dell’intonazione
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lau mi si è inceppata la carrucola. ti carico l’automobilina in macchina. ci troviamo a trezzo alla centrale. ci sono 23 km. eccola. non l’ho mai fatto mi aiuti? certo. guarda come sono brava a infilarla. alzala un po’. abbassala un po’. fatto.
sto seguendo una sedia elettrica. lei davanti io dietro. a trezzo verso nord sulla martesana. facciamo pochi km perché non so come va il mio corpo con le vibrazioni dello sterrato. magari mi scappa la pipì e devo fermarmi. ci sono i wc? sì ma forse hanno i gradini. la guardo mentre prende confidenza con la macchinina. accelera e il threesome prende le ali. che figata! inchioda di colpo. le mie ruote scivolano sul breccino. ho i copertoni nuovi. sono perfetti sull’asfalto ma sullo sterrato umido non hanno il greep giusto. devo dirlo ad umberto. avevo un negozietto stretto e lungo. non potevo accumulare le bici per le riparazioni. i clienti chiedevano in continuazione. mi irritavo ma nn andava bene. allora mi sono allenato ad accettare un cliente per volta. facevo subito la riparazione. niente attesa. niente magazzino. consegna immediata. è così mi sono salvato dal covid. niente costi di giacenza. poi ho preso questo negozio più grande. ma mi son tenuto l’abitudine di prima. uno per volta. poco e subito. e se serve vado col furgone a prendere la bici rotta dal cliente. la riparo. gliela ridò in giornata. così è più semplice. mi piace questo ciclista. intanto l’elettrica accelera e inchioda. la gente aumenta e aumenta. sembrano tutti per strada. tanti piedi tanti occhi che guardano il tripode alato su per la martesana. tanti sorrisi quante sono le ruote che ci vengono incontro. ci superano. passeggiare in bicicletta io e teee. pedalare senza frettaa la domenica mattinaaa e perchè?$! mentre mi sto innamorandoo. ci superano i ciclisti. la sagoma della donna elettrica è piccola in mezzo all’alzaia. lascio dei metri fra noi per vedere la figurina rimpicciolirsi nello scenario settecentesco. una cosa così l’ho vista solo nella stanza da letto di un conte. castello secco suardi. avevo sbagliato stanza. sono entrata. due quinte simmetriche di legno sagomato. dipinte a scena boschiva. da terra al soffitto. gli scenari orientano lo sguardo verso il fondo. l’occhio si ferma su un letto. a baldacchino. emerge dalla parete silvestre. dipinta. dormire. sognare nel bosco. l’artista conosceva la lombardia. l’adda è a 20 km da lì. un casco di capelli di castagne nell’autunno. va via che sembra veloce attraverso la galleria di alberi. in fondo c’è del verde gentile e assolato. l’umano che attraversiamo diventano tanti. domenica. la cornice verde è punteggiata di sorrisi che ci vengono addosso. nn succede così se vado da sola. la dinamica degli sguardi si ripete per decine e decine di occhi. l’eye-trak è ingegneristico. guarda in giù guarda in su dai un occhio a chi vuoi tu. e finiscono uno a me e tre a te. non sapevo che andare con una bella donna elettrica sull’alzaia aumentasse l’autostima. egocentrismo eccentrico a ciclo continuo. da fare e rifare in momenti di crisi. intanto la tripode ha migliorato l’uso delle ali e riesce a calibrare meglio forza velocità tempo. sai che mi sembra di tornare bambina? quando andavo in bici con le mie gambe. bellissimo. xò devo stare attenta ai sassi. vuoi andare avanti tu? no no è meglio che fai tu il passo. dovrei sempre girarmi x vedere dove sei. sto dietro. la osservo mentre andiamo. le ruote grandi con i copertoni da strada ruotano a lato sui sassi grossi. la piccola ruota motorizzata è davanti in mezzo. sul sentiero battuto. nn avevo mai notato che la parte più allisciata dello sterrato non è più larga di 20 cm. il threesome non ci sta tutta. andare così non credo sia la cosa migliore. tutte le sollecitazioni finiscono per essere assorbite dalla metà della sirena inerte. e lei non sente niente. potrebbe farsi male. sai che se non avessi il cuscino gel basterebbe un solo sassolino per crearmi ferite e lacerazioni? sai che se non avessi il fondello mi farebbe male il culo? mi vien da ridere. sai che i ciclisti non portano le mutande? e perché? boh io le porto. quanta autonomia abbiamo? devo andare in bagno. ce la fai ad arrivare alla centrale? ci siamo quasi. la vediamo. c’è solo una minuscola salitina. aiutami. è ferma. di traverso. bloccata da una buca e da qualche bel sasso di fiume. una spintarella da dietro e siamo arrivate. donna elettrica in centrale elettrica. è tempo di fermarsi. uno scivolo enorme grandissimo verde. veli d’acqua vanno giù a ritmo lento. si accavallano leggeri. schiumosi. attraenti. gravità. gabbiani volano nello slargo del fiume. siamo su un ponte. la donna elettrica si sporge dal muretto per vedere il paesaggio sotto. vede un hibiscus di plastica. lo stelo di filo di ferro. è fiorito sulla cornice di un cancello arrugginito. sghembo. il vuoto al di là delle sbarre. tutto è in bilico. tenuto su da un gabbiano. le zampe salde sul ferroso. lo sguardo fisso verso di noi. pronto a volar via al primo movimento. dipende quindi da noi lasciare che questo castello per aria si frantumi? ci guardiamo. è inevitabile. l’acqua sotto bolle e ribolle in vortici di pizzo. la donna elettrica guarda per aria. il cielo azzurro. i canali di gronda della centrale sono draghi che allungano il collo. si sporgono sopra di noi. guardano i 20 gabbiani che si sono allineati sul muretto. in un attimo le 20 teste sono in fila indiana. distanziamento sociale. rigurgito il sogno che ho fatto stanotte. milano è militarizzata. sul portone di casa guardo la strada. un militare cammina con cadenza marziale e lo seguono kilometri di ratti in fila per quattro. come avrà fatto ad addestrarli così? topi tutti uguali. tutti ordinati. anche le code stanno a posto. aspetto con orrore il gesto. so cosa succederà. i ratti invaderanno le case. tutte. noi. passa un ciclista. si ferma e sorride: è meglio che ti sposti da lì. allineati alla strada perché qualcuno potrebbe urtarti e farti del male. grazie. riparte. si gira un paio di volte per guardare la sirena sulle ruote. sorride. e se buco? mi sono dimenticata di prendere le ruote da mbt. le avevo preparate in garage ma non le ho prese. se buchi è un gran casino perchè non posso aiutarti. nn sono capace. e se mi scappa tanto? nn voglio farmi vedere seduta con le gambe larghe sull’erba mentre me la faccio addosso. quanti km abbiamo fatto? la macchinina dice 8.7 la donna elettrica ci prende gusto accelera e va. quella automobilina così performante mi esalta. la vedo che prende il volo e spingo. se ti alleni diventa una giostra bellissima. è come essere al luna park. devo stare attenta però. non sono ancora pronta. àncora ancòra. rido. ritorno. al primo ristorante c’è lo scivolo in salita. il wc è proprio lì vicino. hai bisogno di aiuto? no faccio da sola. come al solito mille occhi guardano. aspetto ad ordinare da bere. fai con comodo. lau vieni un attimo. guarda. la sacca delle urine è rossa. c’è del sangue. sorride. ci penso dopo dai. due rossi per piacere. brindiamo al rosso sangue. prosit
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Note: Benedikt Erlingsson, La donna elettrica (Kona fer í stríð), film 2018, paese di produzione: Islanda, Francia, Ucraina
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499 caratteri di Gio
Ti seguo… mi infilo scarpe, ruote, aggancio l’elettrico, parto. Paesaggio diverso, strada sterrata, sassi, buche, fango, profumo. Il fiume Adda ha gente in bicicletta che sorride, qualcuno mi osserva, sono elettrica. Ogni singola Anima suda Gioia! La ciclabile è impegnativa per me, non mi lascio intimorire, continuo a velocità e rido. Gli uccelli danzano sul filo dell’acqua, giocano, sono liberi. Voli imprevedibili e ascese velocissime – come canta Battiato – codici di geometrie esistenziali.
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Foto: Laura Morelli
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La More ritorna mercoledì 18 gennaio
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…. Un emozione leggere ….tutto in un fiato(ho dimenticato di respirare sino alla fine del racconto) … Emozione,per la Gioia di chi la sta vivendo,ed è compiacimento di tutti gli occhi ed i sorrisi che in quella bellissima giornata hanno avuto la fortuna di incontrarvi…