_____
Pink Floyd, Stadio Braglia, Modena (9 luglio 1988)
____________________________________________________________________________
___
Luglio 1988, era arrivato il momento dell’esame di Maturità!
Avevo già fatto i due scritti e, quando con un certo anticipo avevamo acquistato i biglietti per la data di Modena del The Momentary Laps Of Reason Tour dei Pink Floyd, non immaginavo certo che l’orale sarebbe stato due giorni dopo e sarei stato ancora sotto pressione…
Il concerto era la sera di sabato 9 luglio e il mio orale lunedì 11 mattina: ma porca miseria…, neanche potermi godere in pace uno dei concerti che aspettavo da tanto tempo.
Così, mandai in avanscoperta gli altri, mio fratello Manuel in primis, a prendere posto e mi organizzai per raggiungere Modena con molta calma, in treno.
Non ero di buon umore… Sapevo che lo scritto di matematica era stata un’ecatombe per tutta la classe e mi consolava sapere che non mi avessero cambiato la seconda materia e potevo contare sull’orale di italiano e filosofia: in commissione, oltre al mio professore di italiano, l’adorato Andrea Grillini, c’era anche come membro interno, professore di italiano della sede distacca di Porretta Terme, il cantautore Claudio Lolli.
Quello che non sapevo era che l’interpretazione, da parte dei commissari esterni, dei programmi che avevamo svolto fosse piuttosto “libera” e che due giorni dopo mi sarebbe toccato dissertare degli scritti giovanili di Bergson, solo sfiorati senza alcun approfondimento durante l’anno.
Questi pensieri mi affollavano la mente e, forse inconsciamente, temevo che mi avrebbero rovinato il concerto, impedendomi di liberare il cervello e seguire, con un po’ di leggerezza, il percorso musicale proposto dagli artisti sul palco.
E che artisti!
D’accordo, i Pink Floyd erano pur sempre rimasti orfani anche di Richard Wright già dal 1981 (anche se al concerto ci sarà), per le tensioni derivanti dal ruolo sempre più predominante di Roger Waters, esploso prepotentemente con il doppio album The Wall del 1979, opera rock autobiografica talmente nota da non meritare qui un mio approfondimento, a cui seguì nel 1983 il cupo The Final Cut, incentrato sulla figura del padre, militare inglese scomparso durante lo sbarco degli alleati ad Anzio nel 1944.
Dopo quest’album, Waters lasciò definitivamente il gruppo, iniziando una battaglia legale per chi dovesse detenere il “marchio” fra lui e il duo Gilmour-Mason, ultimi superstiti della band originaria, che vinsero la causa, potendo così ripartire in continuità col progetto.
A dire il vero, la storia del gruppo è stata una delle più travagliate del Rock, caratterizzata da ripetuti e traumatici cambi di formazione: nata dall’incontro di tre studenti di architettura del Politecnico di Regent Street a Londra (Roger Waters, Richard Wright e Nick Mason), la formazione si completò con l’ingresso del geniale e visionario Syd Barrett, assumendo il nome da quello di battesimo di due bluesman americani, Pink Anderson e Floyd Council.
Come sappiamo, dopo solo tre anni e i primi due album, alla fine del 1968, i problemi psichiatrici di Barrett, amplificati se non causati dall’uso di alcool e droghe, in particolare LSD, ne comportarono l’uscita dal gruppo e il ritorno a casa della madre a Cambridge, dove morì nel 2006.
L’ingresso di David Gilmour diede vita al decennio della produzione forse più importante del gruppo, con album come Atom Hearth Mother, The Dark Side of The Moon, Wish You Were Here (dedicato proprio a Barrett), facendolo diventare un caposaldo del rock psichedelico e progressivo dei primi anni ‘70.
Dopo l’abbandono di Waters, i Pink Floyd tornano in studio per il primo album dell’era-Gilmour, che in Momentary Lapse Of Reason compone sostanzialmente tutti i brani, testi e musica, richiamando per il successivo tour (il nostro di Modena…) anche Richard Wright, per ora in veste di semplice tournista, prima di essere reintegrato completamente nella band.
Il concerto di Modena, non a caso, si apre con Shine on You Crazy Diamond (Splendi ancora pazzo diamante), uno dei brani più iconici e toccanti dedicati al vecchio amico Syd, ormai ritiratosi nella campagna inglese e nel suo mondo interiore…
Il seguito, vede una prima parte incentrata sui brani del nuovo disco, cui è intitolato il tour, ma la seconda e i bis attingono dal repertorio storico della band, quello più atteso dai fan.
Trovate qui la scaletta, e qui, un video (anche se di qualità pessima…) con buona parte del live.
___
___
Per quanto mi riguarda, l’arrivo in tarda ora allo stadio, con il problema di trovare i miei amici in epoca pre-cellulare…., assorbì le mie energie mentali e, raggiunto sulle gradinate di sinistra rispetto al palco, il posto che mi avevano tenuto, ha coinciso con un’apparizione di Gilmour e Mason ai lati del palco, per salutare la folla: questo ha, forse, contribuito a calarmi nella situazione e predispormi all’ascolto, grazie alla sbandierata Quadrifonia (un sistema di altoparlanti ai quattro lati dello stadio e non solo frontali dal palco).
Ma è stato anche il primo concerto “da vedere”: questo è stato, infatti, il primo tour in cui i Pink Floyd hanno utilizzato l’avveniristico schermo rotondo sul retro del palco, antesignano di ogni tour successivo (!) e non hanno fatto mancare colpi di teatro, come il famigerato maiale volante, che ha attraversato tutto lo stadio sulle note di One Of These Days, uno dei brani più psichedelici dell’abum Meddle del ‘71.
Sull’esecuzione della band non si può dire nulla, se non che assistere a un concerto dei Pink Floyd coincide perfettamente con la conoscenza che si ha delle registrazioni in studio, tanto maniacale è l’attenzione a riprodurre perfettamente quelle sonorità, quelle dinamiche e quelle emozioni.
A qualcuna/o potrebbe sembrare tutto un po’ freddo…, ma credo che produzioni così meticolose in studio non possano che comportare un’esecuzione dal vivo di pari livello, con buona pace degli improvvisatori della prima ora.
Conclusione 1, la mia maturità:
il mio esame orale è andato, nonostante tutto, piuttosto bene e il mediocre 42/60 con cui mi sono diplomato va inquadrato in un contesto in cui è stato uno dei voti migliori della classe, caratterizzata da ben 9 bocciature (all’esame!), meritando titoli sul Resto del Carlino come la commissione di maturità più cattiva della provincia di Bologna!
Conclusione 2, i Pink Floyd a Venezia il 15 luglio 1989:
esattamente un anno dopo, ci fu il famoso concerto a Venezia, contestato da più parti per la follia di tenere un evento capace di attrarre centinaia di migliaia di persone in una città così problematica… Avevo previsto di andare, pur “alla ventura”…, ma fui trattenuto a Bologna per suonare jazz ad una festa privata “altolocata”, coinvolto da alcuni amici che avevano dato vita ad un progetto piuttosto raffinato, nel quale ho avuto il privilegio di condividere per qualche volta il palco con il sassofonista Guglielmo Pagnozzi (successivamente negli Aretuska di Roy Paci), il chitarrista Stefano Limoni, nonché allora AD e titolare dell’omonima catena di profumerie, Arturo Gazzoni, erede dell’impero dell’omonimo Cavaliere dell’Idrolitina, il contrabbassista Walter Monini e il pianista Alessandro Altarocca.
Tutti jazzisti di spicco dell’attuale panorama bolognese.
Il concerto dei Pink Floyd a Venezia, l’ho visto nelle pause del nostro concerto dalle TV presenti alla festa, grazie come sempre a Mamma RAI, quando ancora trasmetteva qualcosa di interessante nel panorama musicale…
Appuntamento al prossimo articolo: Human Rights Now! (Torino, 8 settembre 1988)
____
Immagine: scansione del biglietto originale (Andrea Sbaffi)
____
Io C’Ero ritorna martedì 8 novembre
____
Pingback: Jazz Oltre I Confini - Bradipodiario