Smettere di scrivere: elogio alla consapevolezza. Insegnamenti da pandemia: lascia andare ciò che non ti appartiene più.
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⇒ di Ilaria Bortot ≈ A-Tipicamente Mamma
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Ho smesso di essere costante. Non so quando è successo ma è andata così. Una volta mi vantavo di essere una molto organizzata. Ora le giornate spesso mi scivolano via. L’unica abilità organizzativa che mi resta è quella di saper fare la valigia in 30’, per me e i nani, utilizzando un solo borsone. Fine. Che non è poco eh, sia chiaro. Ma non è che in questi tempi si facciano poi tante valige…
Credo che la mia mancata organizzazione dipenda dal fatto che quest’anno – anzi, questi ultimi due anni (io il 2020 sinceramente non me la sento di contarlo a sé) – me li sono presa davvero per me. Per riscoprirmi, per studiarmi, per amarmi e concedermi delle mancanze. Delle inabilità.
Ho delegato, lasciato correre, mi sono arrabbiata meno e ho ascoltato di più. Me ne sono fregata – sì, non ho paura di dirlo – di quello che c’era intorno e ho provato a cesellare il mio mondo.
Sono stata intransigente. Con me ma anche con chi non mi permetteva di prendermi quel tempo che meritavo.
Sono stata antipatica, forse. Egoista sicuro. Ma in “senso buono”, se ne esiste uno. Diciamo che mi sono preservata. E io so bene quanto ne avevo bisogno. Purtroppo, come in tutti i percorsi “tosti”, ho perso qualcuno per strada. Amici, colleghi, passioni. Queste, forse, sono state la perdita più dolorosa. E proprio tra queste, ho elaborato il mio grande “lutto”: credo che lo scrivere mi appartenga sempre meno.
Forse perché faceva parte di quella me che so che c’è ma che so anche esser radicata nel passato e non nel presente. E forse, come ho sempre sostenuto ma ora lo ammetto con maggior consapevolezza, non è mai stata questa la mia strada. Intrattenervi in questa rubrica è stato bello. Grazie per avermi letto. Ora faccio le valige e mi godo un weekend fuori porta, per quello, in fondo, non serve nemmeno una valigia.
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⇒ Foto: Ilaria Bortot
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