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Con l’Italia non qualificata ci sono due possibilità: boicottare o tifare le nazionali più simpatiche
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Uso questa rubrica come un gioco, del resto il calcio è un gioco e lo scrivere storie nasce come un gioco, seppur serissimo. E quindi giochiamo. Chi tifiamo al mondiale in Qatar con la nazionale italiana fuori dai giochi? Metto giù la mia lista che, repetita iuvant, va presa per quello che è: un gioco.
La prima questione è: dobbiamo boicottare i mondiali costruiti con i petrodollari macchiati di sangue? L’attivista per i diritti umani nella sua giusta coerenza direbbe di no, il tifoso di calcio – impegnato quanto vuoi – nella sua irrazionale coerenza guarda e tifa. Come ha già fatto nel ’78 nell’Argentina della dittatura militare o nel 2018 in Russia (che aveva già occupato la Crimea, bombardato la Siria, mandato i suoi mercenari in Libia, e l’elenco potrebbe proseguire all’infinito).
Io non ho risposte. La nazionale danese utilizzerà magliette rosse e nere per denunciare l’assenza di diritti umani nello stato del golfo persico. Lo sponsor spiega che non vuole essere visibile durante un torneo che è costata la vita a miglia di persone. Una soluzione “tiepida”, ma meglio di niente.
Ho vissuto in Scandinavia e i danesi mi stanno simpatici. Tutti ricordiamo cosa hanno fatto capitan Kjaer e il resto della squadra l’anno scorso per proteggere Eriksen quando questi si era accasciato sul manto erboso per un’aritmia cardiaca. Ora fanno anche questa campagna di denuncia. Quindi forza Danimarca.
Poi tifo Senegal, paese che ho visitato e amato. Ho pure giocato a calcio in Senegal, a Touba per la precisione, in un campo polveroso insieme a decine di ragazzini fortissimi che una grinta incredibile rincorrevano un pallone sgonfio. Mi hanno fatto pure tirare un rigore, che ho segnato (ma nessuno mi toglie dalla mente che il portiere si sia scansato volutamente per darmi un momento di gioia intenerito dai miei piedi storti). Inoltre adoro Koulibaly e Sanè, ragazzi dal cuore d’oro impegnati concretamente in attività sociali encomiabili. E i tifosi senegalesi riescono a far ballare anche i peggiori pali.
E poi c’è l’Iran. Altro paese che ho amato nelle sue contraddittorietà e che adesso si trova a vivere una stagione di proteste meravigliose, al fianco delle donne e contro la soppressione dei diritti civili, in un contesto molto complicato a causa di una crisi economica profonda. Sono in costante contatto con i miei amici iraniani e sono rimasto senza parole nel vedere alcuni giocatori che, durante l’ultima partita della nazionale, hanno protestato indossando giubbotti neri in solidarietà con Mahsa e le altre donne represse dalla polizia morale. Forse Quieroz, l’allenatore degli iraniani, sarà costretto a non convocare i calciatori che hanno dimostrato solidarietà. Vediamo che succede. Ad ogni modo forza iraniani, in primis quelli nelle piazze, in secondo luogo quelli che scendono in campo.
Mi piacerebbe che a vincere fosse una di queste tre squadre, ma è assai improbabili. E allora ci metto l’Argentina perché Messi meriterebbe di chiudere la carriera con un mondiale; la Croazia perché vale lo stesso per Modric (tra l’altro sto scrivendo questo pezzo proprio dalla Croazia, dove ho partecipato a un raduno ambientalista antifascista); il Belgio per il gran lavoro di inclusione fatto a livello di calcio giovanile con i figli degli immigrati; la Serbia degli juventini Kostic e Vlahovic. Ma tutto sommato se dovessero vincere Brasile, Spagna, Francia, Inghilterra o Germania non sarei così triste, perché sono certo che avranno mostrato un gran calcio. Solo una cosa chiedo: che il Qatar le perda tutte. La mia piccola resistenza sarà gufare.
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Marcatura A Uomo ritorna sabato 10 dicembre
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