Vedo operai avviarsi verso casa su biciclette cigolanti, arrugginite… per loro la bicicletta dev’essere una macchina di lusso… sono scappati da guerre, da povertà profonde…
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Il pomeriggio a fine giornata di lavoro vedo operai avviarsi verso casa su biciclette cigolanti, arrugginite, che se fosse obbligatoria anche per loro la revisione come le auto, sarebbero sicuramente passate al rotamatt (tradotto dal milanese rottamaio, ferrivecchi). Ma per loro la bici dev’essere una macchina di lusso, una Ferrari, una Lamborghini o un potente fuoristrada.
Sono uomini scappati da guerre, da povertà profonde ma li vedi sempre o quasi più felici di tutti noi che invece facciamo salti mortali indebitandoci pur di avere un’auto magari anche di grossa cilindrata e costosa; la bici è segno di vergogna a meno che…
Escono da casa il sabato o la domenica mattina all’alba, liberi con la bicicletta, da corsa, superaccessoriata, cambi, super freni, in carbonio e sanno tutto di lei. Indossano divise firmate, piene di colori e marchi che li identificano, sembrano dei professionisti, le scarpette ad incastro con il pedale, tutto molto bello.
Mi son detto… Vedendo gli uni e gli altri ecco due diverse felicità sociali. Felice è il modesto operaio arrivato da chissà dove che sorride anche per una bicicletta da pochi denari, rugginosa, sgangherata, che lo porti nel tragitto casa lavoro e viceversa e magari è più felice del nostro che esce da casa con maglietta termica, piena di loghi e con bici di ultimissima generazione… Voi che ne pensate?
Tutto e’ ribaltato in questo mondo; quando ero piccolo io le biciclette sgangherate e rugginose che utilizzavano i nostri operai, che quando uscivano dal cantiere o dall’azienda erano un gruppo che neanche Giro d’Italia e Tour de France e Milano-Sanremo messi insieme riuscivano a pareggiare.
Quelle vecchie biciclette ora sono passate a quelli arrivati, che pero’ sono felici e magari lavorano per pochi euro l’ora se va bene.
Anch’io sono stato prima infelice e poi felice per una bicicletta, sì. Ero figlio di un impiegato, unico stipendio, cinque in famiglia, mamma papà la nonna materna Agnese e mia sorella, mia mamma non lavorava. Una famiglia come tante, con due figli da mandare a scuola con le scarpe ricordo ancora che usavo fino a sfondarle, giocandoci persino a calcio con gli amici in cortile, quanti ricordi mi tornano in mente.
E la bici era un miraggio, ricordo ancora la mia prima bicicletta passata di stecca da mia sorella più grande a me. E guardo ancora con invidia dopo tanti anni, le due biciclette nuove, fiammanti, marca Bianchi con il manubrio piccolo (detto manubrio condorino) e i cambi una rosso fiammante e l’altra celeste Bianchi, di Riccardo e Alberto, che i loro genitori poterono regalar loro e quando Riccardo mi concesse di fare un giro del quartiere dove abitavamo, mi parve di volare. Ero felicissimo per quei pochi minuti in sella a questo destriero meccanico; la Legnano era senza rumore, scivolava sulla strada con un sottile fruscio e se frenavi ti sentivi sicuro e il cambio faceva appena uno scatto era una… Campagnolo!
Quando scesi con i piedi per terra mi sembrava ancora di sfrecciare lungo le strade, con il rumore del vento che mi attraversava in corpo. Avevo sognato tre minuti che per me erano stati forse trenta minuti o trecento minuti boh! Chi lo sa. Ringraziai Riccardo e tornai alla realtà.
Così l’indomani mi aiutò a tirar giù quella bicicletta, una Legnano, che pesava come tre biciclette di Riccardo e Alberto, che era di ferro, nera, con poca ruggine, perché il nonno o meglio la nonna, in cantina copriva tutto con grandi lenzuoli, diceva sempre: “non si sa mai, potrebbe servirci qualcosa prima o poi”.
Dissi grazie I nonni che sorrisero, forse ricordando i loro anni giovanili con quella bicicletta; di scampagnate fuori città o forse chissà.
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Foto: Guido Bigotti – it.freeimages.com
Diario Della Bicicletta ritorna venerdì 8 maggio
Bravissimo Guido… Mi sono emozionato a leggere questo tuo articolo / racconto. ?♂️… Viva la Bicicletta!!!
È vero , la bicicletta è un’espressione di libertà. Lo dice una che non ci sa andare e che riusciva a stare su solo su quelle biciclettine da cross con il sellino ricurvo e le ruote larghe come copertoni. ……
Bravo Guido bel racconto.
L’emozione della prima bicicletta è qualcosa che non si dimentica. Grazie Guido per farci riassaporare queste sensazioni
Bravissimo Guido! Una ricostruzione suggestiva ed emozionante!
Ottimo. Mi hai fatto ricordare la mia prima bici regalata da un cugino con la pedivella legata col fil di ferro, felicissimo comunque.
Bravo Guido,è una verità inconfutabile che la felicità non dipende da quello che hai ma è uno stato dell’anima.
Guido caro ciao. Abbiamo lo stesso amore per la bici. Dalla prima bicicletta che , come qualcuno dice “non si scorda mai” a tutt’oggi. “Bici mia, non ti mollo”
Guido caro ciao. Abbiamo lo stesso amore per la bici. Dalla prima bicicletta che , come qualcuno dice “non si scorda mai” a tutt’oggi. “Bici mia, non ti mollo”
Il racconto è preso dal vissuto..c’e’ tutto il tuo cuore..mii piace anche lo stile
Grande Guido, mi hai fatto ricordare la mia gioventù, pochi soldi e molta felicità, 7 tra fratelli e sorelle ed io l’ultimo a godere dell’unica bici passata tra tutti
Ciao aspetto il prossimo articolo
Grazie a Tutti per i bellissimi commenti.
W LA BICI!!
Un abbraccio a Tutti.
In un periodo come questo, di isolamento sociale, e direi di resettaggio della psiche, è stato fantastico leggerti Guido. Hai dipinto l’animo di molti della nostra generazione con il cuore, suscitando emozione. Fa bene ogni tanto specchiarsi nel proprio passato per ricordarci le cose che contano veramente. Grazie Guido.
Complimenti Guido! Traspare tutto l’amore per la bicicletta, emozioni che ti seguono fin dall’infanzia. Grazie per averle condivise con noi.
Grande Guido, che bei ricordi, prima bastava una bicicletta per passare un intera giornata per divertirsi ora invece….Un Grande Abbraccio. Andrea
Anch’io voglio complimentarmi per come scrivi questi racconti Guido, sei proprio bravo.
Mi hai suscitato le stesse emozioni e la stessa tenerezza che provo quando la mattina presto, soprattutto d’inverno, lungo il tragitto per il lavoro incrocio questi operai sulle loro biciclette “rugginose”…sotto sole, pioggia e vento…e mi chiedo sempre che storia avrebbero da raccontarci loro…
Bravo guido..quello che mi piace nei tuoi racconti e quel non fo che di antico..dove esistevano i sentimenti…come la felicità di avere una bicicletta anche arrugginita e dove si apprezzava ciò che i propri genitori riuscivano a darti con i loro sacrifici..
E difficile oggi riscontrare tutto ciò in un uomo della tua età e ti dico grazie per tutto QUESTO.
GIOVANNA
Ottimo
Bravissimo Guido, scrivi proprio bene. È un racconto emozionante e sembra di essere lì con te che guidi la tua bicicletta ?
Grazie Guido, molto bello davvero. Le tue riflessioni sul desiderio, l’immaginazione, il sapersi accontentare, l’amare quello che abbiamo non per quello che vale in assoluto ma per il suo valore d’uso e per il sentimento che ci suscita, sono forti e chiare. Sicuramente sono anche più utili per il “dopo” che ci aspetta, di tante elucubrazioni che si leggono in questi giorni.
Anche a me i ricordi sono riaffiorati, fra quelli, quando ero ragazzino con la bici con il manubrio condorino! Essendo un ciclista li vedo anch’io i “fighetti” in bici da corsa da migliaia di euro e abbigliamento firmato. La passione? No, è solo una sfilata domenicale per farsi notare. Che tristezza! Ma più di tutto ringrazio l’amico Guido che ha ricordato un mezzo a due ruote che: portava le operaie e gli operai al lavoro per garantire un benessere sociale, e un mezzo che ha contribuito a sconfiggere l’orrore nazifascista grazie anche alle straordinarie STAFFETTE PARTIGIANE che con abilità e sicurezza pedalavano verso la conquista della libertà!
W la RESISTENZA e viva pedalare responsabili!
Silvano Brambilla