di Enea Solinas
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L’impegno sociale comincia con un’intenzionalità, un approccio
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Alcuni scambiano l’empatia con l’immedesimazione, il mettersi nei panni dell’altro. È una visione parziale e a rischio di supponenza. Nell’empatia c’è certamente questo elemento, ma più essenziale ancora è l’attitudine all’ascolto. Intendendo non solo con le orecchie. Ma con tutto il corpo. L’empatia presuppone cioè un ascolto attivo del proprio sentire, un’accoglienza di ciò che risuona dal modo di esprimersi altrui (non solo verbale) e un altrettanto essenziale capacità di distacco da parte di questo sentire riecheggiante. Un atteggiamento comprensivo perché sollecita domande che non pretendono risposte nette e riflessioni per sé. Nondimeno, esiste anche l’agire ed entrare in una interazione, una dinamica fluida con l’altro. Accettando i limiti della comprensione umana, le talvolta inestricabili ambiguità.
Categoria prettamente moderna e ancor più evidente nell’era della iperconnessione e ipercomunicazione disintermediata dai dispositivi della realtà virtuale. Infosfera, social-network, etc.
Anche il proprio sentirsi e pensarsi liberi, implica atteggiamenti che all’impegno sociale di partecipazione affianchino o intercalino modalità più contemplative o discrezioni che ritaglino uno spazio e tempo per sé. Fuori dalla dimensione collettiva, in feconda solitudine.
Questa alternanza e risorsa è indispensabile. Potrei azzardare persino l’analogia coll’assunto evangelico del “ama il prossimo tuo come te stesso”. Che implica o addirittura presuppone l’amor proprio come elemento non individualista o egoista ma come componente di rispetto per l’altro.
Alcuni religiosi (per esempio Enzo Bianchi) hanno voluto estremizzare la massima cristiana come “ama il prossimo tuo più di te stesso”. In una concezione di dedizione o devozione compassionevole o per usare un termine ancora più rimarcante misericordioso.
Da laico che ha un diverso orientamento spirituale e religioso, non concordo con questa visione, pur rispettandola. Confido piuttosto in un atteggiamento consapevole e se mai benevolo ma con tutte le eccezioni e le contraddizioni o dissonanze che le relazioni umane contemplano.
Esistono incompatibilità o antipatie. L’esercizio dell’empatia si sforza di sospendere il giudizio su questo tipo di ascolto e lasciar fluire negatività.
Un editorialista come l’illustratore e vignettista Makkox una volta scrisse un intervento sulla comprensione dell’odio come qualcosa che ci aiuta a comprendere ciò che non ci piace e odiamo di noi stessi. Un sentimento molto profondo – come l’amore – che è così inteso quale esercizio di miglioramento di sé. Nulla di avvicinabile ai discorsi d’odio, fondati per l’appunto su ignoranza e aggressività. (non sono riuscito a recuperare la webpage, che avrei voluto linkare, scriverò a Makkox per avere lumi in merito…)
L’impegno sociale delle portinerie di comunità offre occasioni di aggregazione e ascolto. Esplicitamente ed intenzionalmente solidale. Ma anche propedeutici per questo lavoro su sé stessi che ci porta a confrontarsi e a praticare possibilmente forme di non violenza e collaborazione.
Per quanto superficialmente identificabile come riunione gestionale e pragmatica, gli stessi appuntamenti di co-progettazione sono indirettamente uno di questi luoghi per esercitare tale ascolto.
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Altri incontri del circolo portineria di borgo San Paolo sono orientati a questo scopo. Incontri di socializzazione semplici e a loro modo culturali, partendo dal piacere di prendere un caffè insieme o giocare a scacchi piuttosto che a burraco.
D’altronde “vale di più un caffè con un amico, che leggere i più dotti saggi” dice un film dalle forti risonanze religiose come Cento chiodi. (E capita spesso nei film di Ermanno Olmi).
In questo senso non nascondo la soddisfazione di aver fatto da tramite tra il gruppo di co-progettazione e Giuseppe Rissone, amico e animatore del collettivo di Bradipodiario.
Anche Rifioriture è un appuntamento di gruppo che si sta formando con una specifica predisposizione e intenzionalità a questo genere di esercizio. Quasi a darsi l’opportunità di farsi risorsa di sensibilità e attenzione.
Emblematico e d’altro canto la stessa funzione della portineria di porta palazzo, sempre più orientata ad essere luogo d’inciampo e sportello sociale di ascolto e servizi.
Sul territorio di Aurora invece è peculiare la connotazione di comunità educante e la commistione con un istituto scolastico per sussidi rivolti alla povertà educativa e humus di possibili progettualità come la realizzazione di podcast con il canale webradio di Tradiradio. Vi consiglio di esplorare nel catalogo dei podcast presenti per avere una panoramica delle iniziative culturali che la Rete Italiana di Cultura Popolare porta avanti su più territori.
Uno strumento la radio che con l’avvento delle tecnologie telematiche si è molto evoluto senza perdere alcune caratteristiche tipiche del medium. Anzi, esaltandone la duttilità. Una delle caratteristiche della radio nei suoi oltre 80 anni di vita è l’aspetto aggregativo e il suo essere iconoclasta. Se fatta in modo intelligente e non commerciale, la radio è un medium capace di veicolare maggior capacità di ascolto e comprensione e disintossicarci dalla superficialità che molti media (TV, Internet) adottano come linguaggio. L’uso coatto di immagini che rischia di appiattire il nostro immaginario e impegno a homo videns e spettatori inerti, passivi. Ma costruirsi e educarsi ad una consapevolezza ci rende per quanto “invasi” più responsabili. Alla prossima.
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Foto: Enea Solinas
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Il Piccolo Diario Di Portineria ritorna lunedì 19 giugno
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