di Giovanni Bresciani pixabay.com
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L’effetto del confinamento prolungato sulle persone cosiddette “anziane” che a volte presentano patologie meno gravi ed invalidanti dei cosiddetti “giovani”.
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Per concludere la prima stagione di questa rubrica, propongo alla vostra attenzione alcune considerazioni sull’effetto del confinamento prolungato sulle persone cosiddette “anziane”, del professore Guido Gasparri già Ordinario di Chirurgia Generale, Università di Torino
Incoraggiare gli adulti anziani ad adottare uno stile di vita sano può ridurre il rischio di sviluppare disabilità. In un gruppo di soggetti di età pari o superiore a 65 anni privi di disabilità e seguiti per 12 anni, il rischio di sviluppare disabilità da moderata a grave era maggiore per le persone che avevano livelli bassi o intermedi di attività fisica, mangiavano meno di una porzione di frutta o verdura al giorno oppure erano fumatori abituali. L’esercizio fisico giova alle persone di tutte le età e può ridurre la morbilità per qualsiasi causa e aumentare la durata della vita. Uno stile di vita sedentario è stato riconosciuto come un fattore di rischio indipendente per lo sviluppo prematuro della malattia coronarica.
Si stima che circa il 12% di tutta la mortalità negli Stati Uniti sia legato alla mancanza di regolare attività fisica e che l’inattività fisica è associata ad almeno un duplice aumento del rischio di eventi coronarici. L’esercizio fisico regolare ha dimostrato di avere grandi benefici per la salute. Esistono prove che suggeriscono che uno stile di vita sedentario possa essere un predittore di mortalità ancora più importante di fattori di rischio come fumo, ipertensione e diabete.
Numerosi studi epidemiologici mostrano che le persone inattive hanno una probabilità due o tre volte maggiore di morire durante il follow-up rispetto a chi attua un esercizio fisico regolare, indipendentemente dal profilo di rischio, dall’obesità o dalla presenza di malattie cardiovascolari. Poiché l’inattività fisica è un fattore di rischio modificabile, i medici dovrebbero valutare e prescrivere regolarmente esercizi strutturati e una maggiore attività fisica a tutti i pazienti.
Errore inoltre sarebbe considerare come fattore di rischio per il Covid-19 solo l’età e non le patologie poiché i broncopneumopatici cronici, i fumatori, gli ipertesi, gli obesi, gli immunodepressi, i non vaccinati, i diabetici, i pazienti affetti da malattie cardiovascolari, hanno una più elevata incidenza di mortalità.
Attività essenziali da svolgere nella vita quotidiana per mantenere una adeguata capacità cognitiva e che permetta di rimanere indipendenti sia in casa che fuori includono: l’uso del telefono, lo shopping, i lavori domestici, la preparazione dei pasti, la possibilità di guidare l’auto e di gestire le risorse economiche mantenendo contatti sociali ad ogni livello anche al di fuori della propria abitazione. Il rapporto personale che suscita empatia non può essere sostituito da un approccio esclusivamente a distanza seppur attraverso nuovi strumenti di videoconferenza.
Ultima valutazione ma non meno importante è il ruolo della vitamina D. È risaputo che una ipovitaminosi D porta ad una fragilità ossea con possibilità di fratture anche per traumi di lieve entità soprattutto nei soggetti anziani. La vitamina D viene introdotta con alcuni alimenti ma la sintesi a livello cutaneo in seguito all’esposizione alla luce solare ne rappresenta la maggior fonte naturale. Pertanto l’anziano deve vivere il più possibile all’aria aperta esponendosi alla luce solare.
Molti cosiddetti anziani >65 o >70 anni ancora oggi sono al lavoro in molti settori importanti e di interesse nazionale, vedi: politici, liberi professionisti, avvocati, ingegneri, architetti, medici, commercialisti, artigiani, commercianti – senza contare l’apporto che molti anziani “nonni” offrono come sostegno indispensabile alle famiglie che lavorano, accudendo e istruendo i nipoti.
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