Stragi Dimenticate

notizia scelta da Giuseppe Rissone

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Piazza Fontana, 12 dicembre 1969, una bomba esplode alla Banca Nazionale dell’Agricoltura a Milano: 17 morti – 88 feriti.

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Forse sono distratto, ma diversi Tg nazionali si sono “dimenticati” del 50° anniversario della strage di piazza Fontana, e in generale non credo sia stato ricordato dignitosamente, sembra – almeno per me – essere passato tutto quanto in sordina. Non vorrei passare per uno che “pensa male” ma credo di non essere troppo lontano dal motivo del perché di questo silenzio: “meglio non parlare – meglio non ricordare”. Così mi è sembrato doveroso proporvi una ripassata di quello che accadde a Milano nel 1968 – tratta da archivioluce.org – ma prima di addentrarvi nella lettura ascoltate Viva l’Italia di Francesco De Gregori

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Il 12 dicembre 1969 è una di quelle date che cambiano il corso della storia di una nazione: mai prima di allora l’omicidio era entrato a far parte della dinamica politica del paese. Quei morti, come sembra storicamente accertato, servivano a mettere fine a un biennio di grandi lotte e a imprimere una svolta autoritaria al governo. Fu la perdita dell’innocenza e l’inizio di quella che venne chiamata la strategia della tensione.

Seguirono altri attentati: il 28 maggio 1974 una bomba esplode in piazza Della Loggia a Brescia nel corso di una manifestazione antifascista causando 8 morti e 94 feriti; il 4 agosto dello stesso anno è la volta del treno Italicus, all’altezza di San Benedetto Val di Sambro: 12 morti e 105 feriti. E poi il 2 agosto 1980, la stazione di Bologna che con i suoi 85 morti e oltre 200 feriti, segna il punto più alto di crudeltà conosciuta dall’Italia repubblicana.

Le indagini prendono subito una direzione univoca: magistratura e polizia non hanno dubbi, i colpevoli sono gli anarchici. La sera stessa dell’attentato partono numerose retate negli ambienti della sinistra extra parlamentare. Vengono arrestate più di ottanta persone tra le quali Giuseppe Pinelli, un ferroviere anarchico. Trattenuto negli uffici della questura di Milano per tre giorni senza che gli fosse mossa nessuna accusa specifica e senza che il magistrato ne avesse convalidato il fermo, viene interrogato dal commissario Luigi Calabresi e dai suoi uomini. Il 15 dicembre l’uomo precipita dal quarto piano della stanza del commissario. Lascia una moglie e due figlie piccole che da alllora cercano una risposta credibile a ciò che avvenne quella notte nelle stanze del quarto piano di via Fatebenefratelli, sede della Questura centrale.

Il commissario Calabresi, probabilmente non presente nella stanza quando Pinelli cadde, fu ucciso anche lui nel maggio del 1972.

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A Catanzaro, nel 1977, il processo per la strage di piazza Fontana

Il 16 dicembre un giovanissimo Bruno Vespa, al TG della sera annuncia l’arresto del colpevole dell’orrendo crimine: si tratta di Pietro Valpreda, ballerino anarchico contro il quale grava la testimonianza di Cornelio Rolandi, un tassista che riconosce in lui l’uomo che ha accompagnato a piazza Fontana proprio intorno a l’ora in cui è scoppiata la bomba nella banca dell’agricoltura, per un tragitto di appena 112 metri.

Mai condannato per la strage, Valpreda resterà in carcere tre anni in attesa di giudizio e continuerà ad essere coinvolto in tutti i processi che si sono susseguiti nel corso degli anni, anche quando le indagini prenderanno una diversa direzione e si concentreranno sugli ambienti del neofascismo veneto.

Essendo trascorso più di mezzo di secolo dai fatti, molti dei protagonisti, volontari o meno, di questa vicenda sono scomparsi: da Pino Pinelli a Pietro Valpreda, da Luigi Calabresi a Marcello Guida, da Giovanni Ventura a Guido Giannettini.

La strage di Piazza Fontana, da un punto di vista processuale, resta senza colpevoli. L’ultimo processo a carico di Delfo Zorzi, neofascista di Ordine Nuovo, dopo una condanna in primo grado, si è concluso con l’assoluzione in appello, assoluzione confermata dalla Cassazione con la beffa del risarcimento delle spese processuali a carico dei parenti delle vittime.

Ma in quella stessa occasione la suprema Corte stabilì quella che, molti, da subito avevano capito fosse la verità: responsabili della strage erano Giovanni Ventura e Franco Freda e con loro il mondo che ruotava attorno ai gruppi neofascisti veneti. Già assolti in un precedente dibattimento per lo stesso reato i due non potevano essere condannati.

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Pietro Valpreda e gli anarchici

Se non conosciamo i colpevoli sappiamo chi sono gli innocenti di questa tragica storia: innocenti sono le 17 vittime, innocenti erano gli anarchici e specificatamente Pietro Valpreda e Pino Pinelli, alle cui figlie, proprio in occasione dei cinquant’anni della strage, il sindaco Giuseppe Sala ha chiesto scusa a nome della città di Milano.

Paolo Emilio Taviani, uno dei più eminenti esponenti della Democrazia Cristiana, più volte ministro degli interni, durante un’audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul terrorismo, dichiarò: “Santillo [vice questore] mi disse di essersi convinto che la matrice della bomba di Milano sarebbe stata un gruppo di estrema destra, emarginato dal Movimento sociale e proveniente dal Veneto. Questo gruppo sarebbe stato protetto da uomini del Sid. Aggiunse che tali notizie erano già note alla magistratura: qualcosa del resto era già filtrato sui giornali. Il giorno successivo convocai il capo della polizia Zanda Loy e gli chiesi se confermava il giudizio di Santillo e se concordava con lui che eventuali operazioni di depistaggio fossero state compiute da uomini del Sid“.

Foto: wikipedia.org

La Bradipo Notizia ritorna domenica prossima

 

2 Comments

  1. Claudio Savergnini Reply

    Caro Giuseppe, posso confermarti che un po’ distratto lo sei stato veramente…
    Il titolo “Stragi Dimenticate” per un pezzo che usciva proprio il 17 dicembre mi aveva fatto immaginare ti riferissi alla strage avvenuta il 17 dicembre 1973 all’aeroporto di Fiumicino dove persero la vita 34 persone (di cui 6 italiani) per mano di cinque fedayn appartenenti a Settembre Nero. Ed è avvenuta esattamente cinquant’anni fa, mentre Piazza Fontana è antecedente di qualche anno. Nella memoria collettiva qualcosa di allora è rimasto nella “Ballata dell’anarchico Pinelli” dove sono citati, insieme all’anarchico, anche Pietro Valpreda e il commissario Calabresi (e mi piacerebbe sapere se tutti coloro che l’hanno cantata negli anni a seguire avevano chiaro chi fossero quei personaggi e a quali fatti erano collegati).
    A onor del vero la mattanza avvenuta all’aeroporto di Roma – Fiumicino è stata invece rievocata in questi giorni da diverse testate giornalistiche; io ho letto le due pagine pubblicate da La Repubblica a firma di Gianluca De Feo (giornalista) e di Miguel Gotor (storico). Non sto qui a riepilogare i fatti, sarebbe troppo lungo, basta che digiti “Attentato di Fiumicino del 1973″ e su Wikipedia si trovano tutti i dettagli. Voglio piuttosto riportare qui di seguito un brano dell’articolo di Gotor perchè riporta una serie di fatti correlati a quell’eccidio che non ho trovato sul web ma che mi pare impongano serie riflessioni; ecco le parole di uno storico:
    ” (…) Il lodo di non belligeranza prevedeva di salvaguardare l’Italia da attentati di matrice arabo-palestinese in anni in cui il Paese era già dilaniato dallo stragismo di matrice neofascista. In cambio di questa tutela, volta a garantire il più possibile il valore supremo della sicurezza degli italiani, vennero assicurate due condizioni: anzitutto, la concessione di salvacondotti giudiziari ai miliziani arabo-palestinesi catturati nell’atto di compiere attentati verso obiettivi italiani o israeliani e statunitensi; in secondo luogo, la tolleranza del traffico d’armi che dal Nord Europa raggiungeva il Medio Oriente e viceversa, usando l’Italia come una passerella, e che i palestinesi sfruttavano per combattere gli israeliani.” (…) “È interessante rilevare che il 7 luglio 1976, il quotidiano Lotta Continua sostenne che due miliziani palestinesi, coinvolti nel fallito attentato di gennaio (cercate: “Fallito attentato di Ostia”), erano stati facilitati nella fuga dal capo del Sid, il generale Vito Miceli, che li avrebbe presi in consegna facendoli ospitare in una casa in Sicilia. La notizia relativa al presunto ruolo del Sid non ha trovato finora riscontri certi, ma l’allora sottosegretario alla Difesa, Pietro Buffone, e il generale della Guardia di finanza Vittorio Emanuele Borsi testimoniarono che la strage di Fiumicino ebbe l’assenso di Miceli (come ritorsione alla perdita con quattro vittime militari dell’aereo Argo 16 del mese precedente, un atto che i nostri Servizi sospettavano fosse da imputare agli israeliani). Inoltre, già nel gennaio 1974, la circostanza fortuita che il fratello di una vittima dell’attentato di Fiumicino, Corrado Narciso, fosse un agente dei servizi del Sios Aeronautica, produsse una fuga di notizie in cui si denunciava che il Sid era stato informato dei piani della strage sin dal 12 ottobre 1973. Ancora oggi non si conoscono i responsabili della strage di Fiumicino che non è mai stata rivendicata, anche se si ritiene che gli autori vadano individuati in una fazione palestinese contraria alle trattative di pace e al protagonismo dell’Olp di Arafat. Costoro realizzarono l’attentato per impedire una soluzione moderata della questione israelo-palestinese, imperniata sul principio «due popoli due Stati» caro a Moro sin dal 1969. La strage di Fiumicino è rimasta a lungo dimenticata dalla memoria nazionale ed esclusa dai ricordi ufficiali vittimari in cui ci contraddistinguiamo e ora forse sappiamo il perché: si può celebrare il ricordo di un’infamia?”
    Finita la citazione da La Repubblica, io aggiungo solo questo: il problema israelo-palestinese ha radici molto lontane ed oggi se ne stanno vedendo i frutti a Gaza. Ma qualcosa di quei conflitti è passato anche per l’Italia, con la connivenza del governo di allora, che rese vita facile a non pochi terroristi arabo-palestinesi.
    E allora Giuseppe vuoi che cantiamo viva l’Italia insieme a De Gregori? Quello che nel quart’ultimo verso dice “viva l’Italia del 12 dicembre”?
    No, grazie, io passo. Preferisco ricordare l’Italia del 17 dicembre e fare un minuto di silenzio, per rispetto verso quei morti, più dimenticati di altri.

  2. Giuseppe Reply

    Caro Claudio,
    per la serie “la gatta frettolosa fa i gattini ciechi” e per un bradipo convinto come il sottoscritto la cosa non va bene. Sono stato frettoloso nel titolo e nel calcolare gli anni passati dalla strage. Era più giusto scrivere “strage” e gli anni sono 54 e non 50. Detto questo, sinceramente di quella di Fiumicino non ne avevo ricordo, e la scelta di inserire una notizia riguardante la strage di piazza Fontana deriva dal fatto che ben due Tg nazionali, da me seguiti, si sono guardati bene di parlarne, trovando il tempo per ben tre servizi sulle mode e pop star del momento, ho trovato questo irrispettoso e non casuale, di conseguenza ho voluto farlo presente riportando un ricordo quel infausto giorno, se avessi avuto ricordo di quella del 1972 e fosse passata inosservata, avrei fatto la stessa cosa. Credo che ogni strage vada condannata e ricordata per rispetto verso le vittime e per tenere un minimo di luce accesa, perché a tutti’oggi in molti casi non ne sono stati condannati i colpevoli. Per chiudere io continuo a cantare Viva l’Italia di De Gregori, brano che non ci invita ad essere patrioti o a difendere chissà quale virtù italica, ma ad essere resistenti alle troppe e tante ferite che questo paese ha subito, viva quell’Italia che non dimentica, strage di Fiumicino compresa. È per rimanere in tema musicale aggiungo che di questo strano paese, che invece di andare avanti torna indietro “non mi sento di appartenere ma per fortuna o purtroppo ci sono nato”.

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