di Angela Melis
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Qui il linguaggio della natura si unisce all’uomo con un accordo
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A bolu, letteralmente “in volo, veloce” è un documentario del regista Davide Melis del 2019 e prodotto dalla società Karèl di Cagliari, interamente realizzato in lingua sarda. Il docufilm è incentrato principalmente sul canto “a tenore”, un’espressione corale etnico-musicale, che si caratterizza per l’impiego di quattro voci: un solista o boghe, che canta il testo di una poesia dando una personale interpretazione, e il “tenore”, formato dalle voci contra, bassu e mesa boghe, che risponde al canto principale con un accordo, dando spesso ritmo ballabile per i gruppi in costume. Durante il canto, le voci si dispongono in cerchio, riprendendo così la forma architettonica della civiltà nuragica, la più adatta per creare il migliore accordo tra le voci. Entrato a far parte del patrimonio immateriale Unesco nel 2005, il canto a tenore ha origine nel mondo pastorale e si è sviluppato principalmente nel centro Sardegna.
Il paesaggio sardo, che ci viene mostrato attraverso delle spettacolari riprese aeree, si alterna al racconto dei cantadores su questa antica tradizione che si tramanda di generazione in generazione.
I cori che ci vengono presentati sono dodici, ognuno con la propria tradizione, peculiarità e stile. I cantadores sono uomini provenienti da diversi ambiti e diverse età, a unirli è l’amore per questa terra e quel forte desiderio di difendere e preservare la propria identità e non disperderla in un mondo che diventa sempre più globalizzato: i cantadores non cantano per prestigio personale, ma perché è la Sardegna stessa che li spinge al canto.
I centri a cui questi cori appartengono sono piuttosto piccoli e soffrono sempre più il fenomeno dello spopolamento, eppure sono proprio questi a conservare e mantenere vivi gli usi e i costumi del popolo sardo, che spesso ha visto la propria terra (consentitemi il termine) violentata da chi ha speculato, senza preoccuparsi dei danni che avrebbe potuto recare al territorio e agli abitanti. A questo proposito, toccante è l’intervento fatto dal solista del coro di Ottana, un piccolo centro della Barbagia di poco più di duemila abitanti, che si ritrova con un enorme impianto di acido tereftalico, materiale utilizzato per le bottiglie di plastica, probabilmente l’unico impianto in tutta l’Italia e realizzato con soldi pubblici. Intorno alla fabbrica inoltre furono costruite ulteriori strutture mai utilizzate. Sono costruzioni di grandi proporzioni, ecomostri che deturpano l’ambiente e non hanno portato alcun beneficio alla popolazione. Una realtà purtroppo comune a tante realtà, non solo della Sardegna ma di tutta Italia.
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Si solleva così un canto di protesta contro chi ha tradito questa terra fertile e ricca, vendendola senza remore, trasformando la bellezza che caratterizzava certi paesaggi in un luogo deserto. L’augurio è che al più presto questo stato di dolore si trasformi nuovamente in bellezza e prosperità.
I versi cantati appartengono ad alcuni dei più celebri poeti sardi, antichi e moderni, e l’ambiente e l’usurpazione del territorio non sono certo le uniche tematiche del canto a tenore. Queste dai canti d’amore alle canzoni da ballo, fino alle questioni attuali come la disoccupazione, lo spopolamento e la politica.
Guardando A bolu, si ha come l’impressione che il tempo, in certe zone della Sardegna, si sia fermato. Lontano dal caos e dalla frenesia, le persone che vivono questi piccoli centri hanno ancora un forte senso di comunità e di identità, fieri delle proprie tradizioni e dei propri costumi, di quel canto che sa rendere omaggio a questa terra antichissima.
A tal riguardo risuonano le parole di Grazia Deledda, premio Nobel per la letteratura:
Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell’immensità del mare. Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta. Noi siamo sardi.
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Questo il sito internet di A bolu Il film è disponibile sia su Netflix, che su Youtube sottotitolato in italiano.
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Foto: Angela Melis
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I Lentometraggi ritorna martedì 9 maggio
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Grazie per queste evocazioni e per promuovere un cinema così particolare e raro
Enea grazie del tuo commento, delle tue parole,non sai quanto mi fanno piacere 🤗 se decidi di guardare il doc fammi poi sapere che ne pensi. Scoprirai la Sardegna più vera e viva 🙂
Non conoscevo (e come avrei mai potuto?) questo film, ma le tue parole mi sono giunte con tutta la loro luce. Sai bene quanto la Sardegna sia per me la terra selvaggia dove potersi dimenticare del chiasso della gente. Vederla considerata solo ‘terreno di conquista’ di gente ignorante fa rabbrividire.
Simona, so quanto ami questa terra. Il documentario ti aprirà le porte verso la conoscenza del canto a tenore e delle persone che coltivano questa antichissima tradizione. E ti racconta di realtà forse meno note però, a mio parere, è questa la Sardegna più vera, più misteriosa e arcaica. Lo sfruttamento è purtroppo una realtà comune non solo alla Sardegna. Se verrai a trovarmi a Tempio ti porterò a fare un giro al monte Limbara dove, accanto ad un paesaggio mozzafiato e l’aria pulita che respiri, trovi i resti delle basi americane. Uno scempio, un colpo al cuore.
Tu lo sai, io ti aspetto qui a braccia aperte 🙂