__
Herbie Hancock & Wayne Shorter, Teatro Verdi, Firenze (21/10/1997)
____________________________________________________________________________
___
Tornato a Firenze, dopo un’estate piuttosto movimentata, culminata con l’imprevisto viaggio ai primi di settembre a Stavanger in Norvegia, per l’European Regional Assembly del World Student Christian Federation, ero stato riottosamente catapultato nella difficile realtà di quel periodo.
Alla malattia di mio padre e agli ultimi faticosi impegni in vista della tesi, rispondevo inevitabilmente, in un ideale contrappasso, con una rinnovata vitalità sul versante relazionale.
In questo quadro, pur inaridito da diverse delusioni e dalla quotidiana difficoltà, accettavo nuove sfide e provavo, nonostante tutto, a rimettermi in gioco e cercare un decente equilibrio, fatto anche di serate, concerti e incontri.
Visto il programma del Musicus Concentus al Teatro Verdi, proposi ad Ornella di andare insieme al concerto di Herbie Hancock e Wayne Shorter: ci incrociavamo e studiavamo da un po’…, spesso a margine dei concerti jazz fiorentini, oltre che di cene e aperitivi nel gruppo più allargato di comuni frequentazioni.
Ma credo fosse davvero la persona giusta, vista la sua grande competenza del genere, accompagnata da una sensibilità non superficiale e con un orecchio allenato alle sperimentazioni, con cui condividere questo evento davvero un po’ difficile….
Herbie Hancock e Wayne Shorter avevano collaborato in innumerevoli formazioni fin dagli anni ‘60, su tutte il quintetto di Miles Davis: si conoscevano a memoria e alcune loro composizioni erano parte del repertorio degli ensemble jazz in cui suonavo allora.
Nel 1997 decisero di registrare insieme un album in duo, “1+1” per solo pianoforte e sax soprano, caratterizzato da brani originali, composti ad hoc per questo progetto, fra le quali Aung San Suu Kyi, dedicata alla dissidente birmana e premio Nobel nel 1991, che vinse quello stesso anno il Grammy per la migliore composizione originale nella categoria Jazz.
E’ un brano difficile, che ricorda nelle melodie orientaleggianti il Good Morning Mr. Lawrence di quel genio assoluto di Ryūichi Sakamoto, purtroppo scomparso lo scorso 28 marzo.
Davvero piuttosto difficile come tutti i brani dell’album e, devo confessarlo, come tutto il concerto….
Questi due giganti hanno attraversato la storia della musica degli ultimi 60 anni, spaziando dal Jazz (quello con la “J” maiuscola, viste le partecipazioni ad alcune fra le più importanti formazioni) al Rock in tutte le sua contaminazioni (vedi le sperimentazioni elettroniche degli anni ‘80 di Hancock e l’esperienza di Shorter nei Weather Report).
____
Alcuni brani rasentano la sperimentazione pura, fatta di contrappunti e rilanci fra i due strumenti, dando anche dal vivo la concreta percezione di un divertissement in cui i musicisti cercano di includere il pubblico. Operazione, a dire il vero, a volte un po’ ostica e piuttosto da intenditori…
A questi, si alternano le sapienti e struggenti ballads, che tanto hanno caratterizzato la produzione di entrambi, da soli con le proprie formazioni e insieme.
Mi è impossibile proporne alcune in particolare: posso solo rimandare a un attento ascolto di quanto reperibile in rete, sia dell’album in studio che delle esecuzioni dal vivo di quel tour del 1997.
Posso, però, ricordare una precedente occasione di incontro dei due artisti che mi è particolarmente cara: nel 1986 il regista francese Bertrand Tavernier decise di raccontare le vicende dei jazzisti americani nella Parigi della fine anni ‘50, nel meraviglioso film ‘Round Midnight. Era il periodo in cui, dopo la rivoluzione del Be Bop e la sua evoluzione nel cosiddetto Hard Bop, molti musicisti afroamericani si traferivano per un periodo, più o meno lungo, a suonare nella capitale francese, animando le serate nei Jazz Club e costituendo una sorta di enclave: vivevano tutti in alcuni alberghi parigini e si incontravano la sera nei locali, dispensando bellezza e innovazione.
Come abbiamo già accennato, il film di Tavernier racconta la storia dell’immaginario sassofonista Dale Turner (interpretato da Dexter Gordon), che in realtà si ispira alla vera storia del pianista Bud Powell. I protagonisti sono tutti jazzisti di prim’ordine, fra i quali gli stessi Hancock e Shorter.
In questo brano, Una Noche con Francis, dello stesso Bud Powell, ad accompagnarli troviamo, oltre a Dexter Gordon, il contrabassista francese Pierre Michelot, il vibrafonista Bobby Hutcherson e il batterista Billy Higgins, di cui parleremo nel prossimo articolo.
Ribadisco l’invito, per chi non l’avesse visto, a recuperare ed assaporare in ogni passaggio questo capolavoro del cinema e del Jazz!
Lo so…, dopo aver visto Hancock in sestetto l’estate precedente a Umbria Jazz, questa serata costituiva un ulteriore tassello probabilmente un po’ nostalgico: ma la musica, non è forse un formidabile veicolo di emozioni, anche solo perché legate a persone, luoghi e situazioni che ci sono care?
Hancock e Shorter hanno continuato a produrre ed esibirsi senza sosta negli ultimi 25 anni e spero sempre ci possa essere un’altra occasione di incrociare il loro percorso in un concerto.
Con Ornella, invece, abbiamo continuato ad andare a concerti, sentire e parlare di Jazz e non solo, per qualche mese ancora, per poi proseguire ognuno per la sua strada, musicale e non.
Appuntamento fra quattro settimane con Billy Higgins, Umbria jazz, Perugia (17/07/1998).
___
Immagine: Andrea Sbaffi
___
Io C’Ero ritorna martedì 18 luglio
___
Lascia un commento