Nel lessico comune, alcune definizioni sono diventate d’uso corrente, levando una patina di discriminazione.
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⇒ di Graziano Consiglieri ≈ Si Fa Presto A Dire…
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Si fa presto a dire… formalmente corretto. Si, spesso si fa troppo presto a dirlo, anche se, nel lessico comune, alcune definizioni sono ormai diventate d’uso corrente, rimuovendo quella pesante patina di discriminazione che gravava su di esse. Così il più rispettoso “operatore ecologico” ha sostituito il grezzo “spazzino”, mentre la snob “domestica”, per non dire del quasi schiavista “serva”, è stato rimpiazzato da “collaboratrice familiare”. Ancora non si è fatto nulla per ovviare alla nomea poco chiara di altre occupazioni, come “politico”, “giornalista” e “avvocato”, solo per citarne alcune, ma presto si arriverà a trovare un modo meno insultante per indicare quelle professioni.
A volte, però, sarebbe meglio fare meno presto a ridefinire alcuni fatti, soprattutto in cronaca. Lascia oltremodo perplessi, infatti, la corrente circonlocuzione “distrazione di capitali” usata in caso di furto ai danni dell’ente pubblico. Sembrerebbe quasi che i capitali, distratti dal passaggio di una bella ragazza o dal dubbio se immolarsi per pagare la bolletta o estinguere la rata del mutuo, all’incrocio avessero preso una deviazione sbagliata, andando a destra anziché a sinistra, e fossero finiti, più o meno volontariamente, nelle tasche della persona sbagliata. No. Il furto è furto e la distrazione di capitali è solo un modo gentile per mascherarlo.
Allo stesso modo, in questi ultimi decenni sono fioriti i “furbetti”: furbetti del quartierino, furbetti del cartellino, furbetti del posteggino. Furbetti un amato corno. Se li chiamiamo così diventano quasi simpatici, come i bambini che, con uno sguardo maliziosetto, mostrano la mano vuota nascondendo la caramella rubata nell’altra. In questi casi, invece, la presunta “furbizia” è in realtà una truffa e, di conseguenza, i furbetti sono dei truffatori. Se non ci capiamo neanche su queste parole, forse è meglio passare ai disegnini.
Anche in considerazione del fatto che, come diceva un noto scrittore “Le parole sono pietre” e che, come diceva mia mamma, “Le parole lanciate non tornano indietro” e che “Le pietre lanciate sono nelle mani del diavolo”…
Tutto questo affinché la realtà delle cose prevalga sul “politically correct” o, per dirla con parole italiane, sulla correttezza formale e rispettosa. Già, perché certe cose sarebbe meglio dirle in italiano, anziché utilizzare parole inglesi, che magari più sintetiche, gettano una coltre di incomprensibile esoticità sul testo da leggere e lasciano nel lettore un senso di smarrimento. Ma questo, forse, sarà l’argomento di una prossima puntata.
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⇒ Foto:pixabay.com≈ Prossimo Appuntamento: mercoledì 26 novembre
Come non darti ragione, l’uso delle parole deve dare il giusto rilievo, la reale sensazione di che cosa si sta parlando.
Dopo i noti fatti di piazza a Torino, per esempio, bisogna finirla di chiamarli “dimostranti”, ma etichettarli con il loro vero nome: delinquenti.
O come i disperati sui barconi non sono “clandestini”, ma migranti, profughi.
Forse sto andando fuori tema, ma per me un “populista” è sempre un fascista e chi “distrae” sta rubando, quindi è sempre un ladro.
Grazie Gian. Sono completamente d’accordo. Il rispetto e la correttezza sono una cosa, fuorviare la realtà con dei giri di parole è una truffa