Quando gli obblighi sono conseguenza dei tempi.
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⇒ di Graziano Consiglieri ≈ Si Fa Presto A DIre…
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Si fa presto a dire… sono sacrifici.
Vuoi mettere? Perché mai rinunciare a tutto questo?
Ma certo, quali altre soddisfazioni, dopo una giornata di duro lavoro, ci possono essere se non quelle di un’apericena che riconcili con il mondo e con la dimensione della propria libertà?
Oppure, dopo mesi di lavoro, ad agosto la vacanza al mare ce la meritavamo, no? E adesso? Adesso ci tolgono la sciata in montagna? Vorremo o no rifarci l’abbronzatura, che copra l’irritazione da mascherina sanitaria?
E lo stadio? Ma che senso ha vedere gli spalti vuoti? No, non è più calcio, perché toglierci anche la soddisfazione di tifare, di sfogare settimane di frustrazione aggredendo (anche solo verbalmente) un arbitro, un sostenitore avverso o, magari, anche quel numero 8 che ha falciato il nostro beniamino?
E poi, diciamocelo, questa cosa del coprifuoco… Perché mai devo rientrare a casa alle 22. Che cos’è? Un virus a orologeria? Prima delle 22 non è attivo? E io, che in discoteca ci andavo a mezzanotte, che prima non c’è gusto e ci vanno solo gli sfigati che devono tornare a casa perché papà si arrabbia? Ma sai, aspetto quelli del Millionaire, Billionaire, Trilionaire, che appena alzano la voce, lo vedi come si sbrigheranno questi signori a lasciar aprire le serrande dei locali. Altro che coprifuoco…
Già, il coprifuoco. Quello che mio nonno, sì, quello che si era già fatto la Prima Guerra mondiale e si era preso le bombe sul Monte Grappa. Quello che mio nonno, dicevo, osservava scrupolosamente, tappando le fessure delle finestre con la carta matta e gli stacci, affinché non filtrasse la minima luce… Altrimenti passava “Pippo”, l’aereo in ricognizione, e sganciava la bomba sulla casa (e comunque le bombe picchiarono sul vialetto, sotto la strada e due terrazzamenti sopra la casa, sventrandone una parte…)
Il coprifuoco, quello che mio padre, al Porto di Genova, doveva violare, magari già mentre cadevano le prime bombe, per correre ad aprire le valvole dei nebbiogeni, per evitare che i bombardieri bersagliassero le navi e i moli. O forse quello che violò, una volta per tutte, per prendere la via dei monti, quando i nazifascisti passavano casa per casa a rastrellare “volontari” per la loro causa…
Ma che sacrifici erano mai, quelli di quei “vecchi”?
Lasciami sorseggiare lo spritz, che già ho dovuto prenderlo da asporto e mi tocca pure berlo in piedi, anziché comodamente seduto al tavolino…
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⇒ Foto: Pixabay.com ≈ Prossimo Appuntamento: Mercoledì 23 dicembre
Nemmeno i tifosi del Napoli, e in parallelo quelli Argentini, hanno compreso che cosa significhi “sacrificio”, visto quello che hanno messo in scena per la morte del loro idolo. Cosa dirà adesso De Luca?